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Praga Beer Tour: guida alle birrerie storiche

Un giro tra i locali più suggestivi della capitale ceca per respirare e bere la tradizione

Praga è una città meravigliosa, ricca di monumenti e permeata da uno speciale fascino mitteleuropeo. Non a caso è visitata ogni anno da 13 milioni di turisti (Firenze si ferma a 11, Venezia supera appena gli 8, per dare due riferimenti di città molto famose). Come in tutti i posti molto turistici, non mancano i negozi di orridi souvenir, un certo affollamento nei luoghi più celebri e – in questo caso – anche molti accenni di dubbio gusto alla birra, con gli onnipresenti gadget del tipo “national drinking team”. In effetti è bene ricordare che la Repubblica Ceca è leader mondiale di consumo pro capite: nelle ultime classifiche pubblicate da Brewers of Europe svetta a 129 litri, con la seconda (l’Austria) lontana a 101 litri annui. Prima del Covid però i litri erano 142, una cifra mostruosa, se paragonata con i nostri miseri 35.

Non solo per una questione legata ai consumi, la Repubblica Ceca è certamente una nazione molto importante nella storia della birra mondiale. È qui che nel 1842 è nata la Pils – uno stile che ha rivoluzionato il modo stesso di intendere la birra, in tutto il mondo – ed è qui che bisogna venire se si vuole approfondire il tema delle basse fermentazioni. Le categorie legali sono Výčepní Pivo (tra 8 e 10 °Plato), Ležák (tra 10 e 11 °Plato), Speciální Pivo (oltre 13 °Plato). Ognuna di queste categorie si suddivide poi in Světlý se chiara (largamente le più diffuse), in Polotmavý se ambrata e Tmavý se scura. Questa classificazione è l’unico modo utilizzato dai birrifici per definire la propria birra. Non ci sono stili, non ci sono altri descrittori, ma molto spesso solo la categoria legale, ad esempio: Světlý Ležák.

Per ogni appassionato birrario che si rispetti, Praga è una meta irrinunciabile e alcune tappe dovrebbero essere nel bagaglio di esperienze di tutti. Includendo anche i luoghi più noti e turistici, che meritano sicuramente una visita, per molti motivi.

Partendo dal celeberrimo e sempre affollatissimo U Zlatého tygra (alla tigre d’oro). Il locale è diventato famosissimo nel 1994, quando durante una visita ufficiale il presidente americano Bill Clinton fu portato in questa birreria – ovviamente chiusa per l’occasione – alla presenza del presidente Václav Havel e dello scrittore Bohumil Hrabal. L’episodio è citato in tutte le guide turistiche e quindi diventa spesso molto difficile riuscire a sedersi, ma non desistete. Cercate di arrivare presto (apre alle tre di pomeriggio) e se trovate tutto già occupato non ve ne andate, aspettate pazientemente. Dopo qualche minuto lo staff si accorgerà di voi e, con un po’ di fortuna, vi farà sedere. Ricordo in una delle mie tante visite, di aver aspettato una decina di minuti prima di assistere ad una scena che racconta bene l’atmosfera del posto. Il cameriere si avvicina a due turisti, probabilmente americani, fa segno al biglietto su cui si segnano le birre – del cui significato parlerò a breve – e fa capire, con una gestualità molto chiara, che se non si danno una mossa con i boccali, possono anche pagare e lasciare il posto a chi ha più sete di loro. I due immediatamente saldano il conto e se ne vanno. Io ho poi ripagato il cameriere con una performance di tutto rispetto. 

Zlatého tygra funziona come molti locali tradizionali, in Repubblica Ceca – curiosamente in modo del tutto analogo ai locali di Colonia e di Düsseldorf – mete fondamentali per capire la cultura delle Kölsch delle Alt. La birra non si ordina, ma arriva da sola. Quando ci si siede, è sufficiente porre di fronte a sé un sottobicchiere. Non rimarrà vuoto a lungo. Presto arriverà uno spumeggiante boccale da mezzo litro di Pilsner Urquell. C’è solo una birra, c’è solo una misura. Con la prima birra arriva un foglietto, sul quale viene segnata una tacca. Quando il boccale finisce (o subito prima) ne arriva un altro a seguire, secondo segnetto. E così via, con una sorta di mantra che solo la richiesta del conto (o la chiusura del locale, alle 11 di sera) può interrompere. Facendo attenzione però a non rivolgersi alla persona sbagliata. In sala ci sono tre camerieri, tradizionalmente piuttosto burberi. Uno lava i bicchieri – sarebbe forse più esatto dire “sciacqua”, non mi soffermerei troppo su questo aspetto – e spilla la birra. Fa solo questo. Lo fa con una mano incredibile, senza sbagliarne una, e prepara in anticipo i boccali che il secondo cameriere porta ai tavoli. A questo non bisogna chiedere né del cibo né il conto, che sono le mansioni della terza persona. 

A proposito di cibo: non si viene qui per l’offerta culinaria, ma alcuni piatti sono davvero gustosi. Va certamente assaggiato il pivní sýr, letteralmente “formaggio alla birra”. Viene servito con burro, cipolle e senape. Bisogna schiacciare il formaggio con la forchetta, unire con gli altri ingredienti e poi aggiungere un po’ di birra per rendere l’impasto cremoso, quindi si spalma sul pane. Molto gustoso, come anche il tatarský biftek, carne cruda servita con un tuorlo d’uovo e spezie a parte. Anche in questo caso, la preparazione è affidata al cliente (ricordate di ordinare anche il pane, che altrimenti non arriva).

Ho passato molti pomeriggi, da Zlatého tygra, bevendo una birra dietro l’altra e godendo dell’atmosfera unica che si crea, chiacchierando con perfetti sconosciuti di politica, storia, cibo, sport, cultura. Ricordo un vecchietto (aveva quasi novant’anni) che ogni giorno andava a messa e poi passava da Zlatého a bere due o tre boccali, prima di tornare a casa per cena. Offriva a tutti il tabacco da fiuto ed era molto affettuoso. Tornato in Italia gli avevo spedito una cartolina, aveva risposto con un tremolante ceco, pressoché illeggibile. Lo ricordo con grande affetto.

Certamente non è il posto dove si beve meglio a Praga, può essere difficile trovare un posto, ma la tigre è uno di quei locali che va visto, o meglio, che va vissuto. Trasmette un’energia pazzesca, trasuda storia, passione, identità. Lo metto nello stesso ristrettissimo gruppo del Lambrate di via Adelchi o del Macche di Roma, birra a parte, naturalmente.

Praga non si limita certamente qui, anzi c’è molto altro da vedere (e da bere). Appena 350 metri ci separano da Pivovar U Medvídků, ristorante, hotel e birrificio le cui prime tracce risalgono addirittura al 1466. Appena entrati sembra di essere in un’enorme birreria della Budějovický Budvar (presente nel menù a 65 Kč, circa 2,64 €), ma dietro una porta si nasconde un piccolo birrificio molto interessante, dove fermentazione e maturazione avvengono esclusivamente in legno. La birra base è la Oldgott (80 Kč per mezzo litro), una polotmavý ležák da 13 °P e saltuariamente compare la X-Beer 33, una lager da 12,6 gradi alcolici. Gli assaggi non sono sempre impeccabili, ma la vista della birra che fermenta nelle vasche aperte in legno è davvero suggestiva. Al primo piano dell’edificio – dove prima del Covid c’era il birrificio, ora spostato al piano terra – è stata ricavata una Brewery Spa, con vasche per una o due persone dove potete rilassarvi con un bagno contenente estratto di birra, lievito e oli di luppolo.

Altro indirizzo molto famoso è U Fleků, a 600 metri dall’indirizzo precedente. Qui sono venuto per la prima volta nel 1993, in gita scolastica di quinta liceo. Ci sono poi tornato moltissime volte e devo dire che il locale è sempre lo stesso, non sembra cambiato per nulla (a parte i prezzi, ovviamente). Si legge sulla guida Lonely Planet: «è un’autentica istituzione praghese, anche se di solito trabocca di gruppi di turisti. I puristi borbottano, ma ci vengono lo stesso perché la birra è buona». La data di fondazione risale al 1499 ed è considerato da molti il più antico birrificio praghese. Enorme – può accomodare fino a 1200 persone – con un gradevole cortile interno e moltissime sale in legno scuro. Al netto delle folle di turisti e dei camerieri che tentano di “offrire” bicchierini di becherovka, U Fleků merita sempre la visita non solo per l’atmosfera – spesso arricchita da suonatori – ma anche per la Flekovské tmavé pivo (79 Kč per un anomalo boccale da 40 cl), una lager scura creata dal mitico Ivan Chramosil, compagno di tante giurie in giro per il mondo. Recentemente è stata affiancata da una lager chiara, battezzata semplicemente Flekovské světlé pivo. Corretta, ma a mio parere meno interessante della storica tmavé.

Per una tappa più autentica e finalmente lontana dalle «orde di turisti» (come li definisce la guida Touring, che poi i turisti ce li manda) suggerisco di prendere il tram numero 22 e andare – con circa mezz’ora di viaggio – alla bella Benediktinské arciopatství sv. Vojtěcha a sv. Markéty (Arciabbazia benedettina di Sant’Adalberto e Santa Margherita), fondata nel 993 e fin da subito dotata di birrificio. L’attuale Břevnovský klášterní pivovar, inaugurata nel 2011 nell’edificio barocco delle ex scuderie, è gestita dal noto Jan Šuráň, con cui ho condiviso moltissime edizioni dello European Beer Star. Il birrificio non è di norma aperto al pubblico, ma le birre si possono assaggiare all’interno della struttura abbaziale, sia al Klášterní šenk (con cucina), sia al Klášterní sýpka (solo mescita e snack). Oltre alle classiche Světlý ležák e Tmavý ležák qui si ama sperimentare, ad esempio con la popolare Kláštern í IPA, l’Imperial lager, la Session (ne)IPA, etc. L’ospitalità di Jan Šuráň è proverbiale, la visita è assolutamente consigliata. 

Se non ci si vuole spingere fino al monastero, si possono assaggiare le birre da Pivovarský dům Benedict, indirizzo fondamentale nell’evoluzione birraria cittadina, con un piede nella tradizione e l’altro nell’innovazione. Si trova nella Nové Město (città nuova) ed è un locale da non perdere, perché oltre alle birre monastiche propone anche alcune ricette prodotte in loco, in un piccolo impianto in cui Jan Šuráň può spingersi ancora oltre con le sperimentazioni (basta dare un’occhiata a Untappd per capire quando può essere ricca la proposta).

Dall’altra parte della città – poco più di mezz’ora a piedi, attraversando la meravigliosa città vecchia – troviamo Pivovarský klub Benedict, collegato ai precedenti due. Qui la scelta è ancora più ampia, con una beer list che va oltre le etichette di casa, con qualche sconfinamento anche in Germania (Weihenstephan, Maisel, Bayreuther) e in Belgio (incluse le improbabili Mongozo Banana e Mongozo Coconut). Un posto molto amato dagli appassionati praghesi e non, può essere una buona scelta anche per cena, visto l’ampio e curato menù e l’atmosfera un pelo più rilassata rispetto allo standard praghese.

Di tutt’altra matrice rispetto agli indirizzi precedenti è il PULT, locale super-moderno, aperto nell’ottobre del 2021 in pieno centro, geek nell’accezione ceca del termine. Ci sono 9 spine, di cui 6 sono riservate a lager ceche “perfectly poured”, le altre tre a stili internazionali (nella mia visita erano una Sour, una Apa e una NEIPA). Ci sono stato a maggio, a margine del Brewers Forum, con Pete Brown e Stephen Beaumont. È stato un aperitivo molto piacevole – non c’è cucina, ma salumi e formaggi proposti sono originali e sfiziosi – è un posto dove tornerò sicuramente alla prossima gita praghese. Si beve molto bene, c’è grande cura nel servizio; i bicchieri vengono tenuti a bagno in acqua fredda, in modo da avere sempre la temperatura corretta. I birrifici sono selezionati da uno dei soci fondatori, Lukáš Svoboda, un praghese che vive in Australia, conosciuto a Denver durante l’ultima World Beer Cup. Variano di anno in anno e offrono la (rara, da queste parti) possibilità di assaggiare più interpretazioni dello stesso tema. Di solito infatti i locali più tradizionali hanno una birra soltanto, o al massimo una světlý e una tmavý. Qui invece potete provare grandi classici (Plzeňský Prazdroj, Budvar Originál) assieme a birrifici meno noti come Dva Kohouti (piccolo brewpub non lontano da Pivovarský klub), Matuška (a metà strada tra Pilsen e Praga), Obora (a Malšice, sulla via di České Budějovice) e Hendrych (birrificio-albergo nella regione sciistica di Vrchlabí, quasi al confine con la Polonia).

Lukáš è anche al timone della catena dei Lokál, dove secondo molti si beve la migliore Pilsner Urquell della città. Sono birrerie dall’impostazione piuttosto moderna, molto amate dai giovani e con una buona cucina. Tutti si fregiano del titolo Tankovna bars, dove si spilla cioè Pilsner Urquell non pastorizzata, ricevuta non più di 48 prima direttamente dal birrificio di Plzeň, in cisterna. La spillatura è presa talmente sul serio che al Lokál U Bílé kuželky (a Malá Strana, appena oltre il Ponte Carlo) è presente una Školu čepování (scuola di spillatura) che fa formazione a professionisti e non, con diverse formule, dalla più ampia (4 ore e mezza) in cui si approfondiscono le famose tre tecniche di spillatura (hladinku, šnyt, mlíko), alla festa di compleanno, in cui il festeggiato – dopo opportuna formazione – può spillare direttamente i boccali per gli invitati.

Nessuno va a Praga senza visitare il castello, sarebbe obiettivamente un peccato. In zona ci sono due indirizzi interessanti, piuttosto diversi tra loro. Il primo è il U Černého vola, altro nome mitico della Praga tradizionale, un locale fuori dal tempo, stupendo. Entrando al “bue nero” sembra di essere nel Medioevo, fa quasi strano che ci sia l’illuminazione elettrica. Scegliete tra la “Plzeň” e la Kozel e godetevi la tranquillità e l’atmosfera del posto, magari assaggiando l’Olomoucké tvarůžky, un formaggio molto “profumato”. Un locale che amo molto, nella sua semplicità e nel suo essere fuori dal tempo. Si paga solo in contanti.

Sempre dalle parti del castello, può meritare la visita anche Klášterní Pivovar Strahov. Piccolo brewpub, piuttosto modernista, che produce birre complessivamente corrette. La bellezza del monastero di Strahov invece è decisamente straordinaria. Pagate il biglietto per vedere la biblioteca, è talmente bella da togliere il fiato.

Chiudo questa carrellata con un piccolissimo ma splendido locale, il preferito dell’amico Yvan Rail – che ringrazio ancora per avermici portato – non distante dall’indirizzo precedente. Pivovarská Nalévárna v Soukenické è la birreria ufficiale di Pivovar Hostomice, ed è forse la cosa più local e autentica che si possa trovare a Praga. Intimo, con una bellissima atmosfera, le birre sono ottime. Viene proposto solo cibo freddo, ma la piacevolezza dell’ambiente lo rende un indirizzo davvero da non perdere.

Un indirizzo, quest’ultimo, dove si può vivere in prima persona quella che lo scrittore Bohumil Hrabal – ho avuto la fortuna di incontrarlo sia da Zlatého, sia a Grinzane Cavour, quando vinse il famoso premio letterario – definiva ironia praghese, una “raffinata commistione di drammaticità e umorismo bizzarro che richiama alla mente Kafka e Hašek”. Hrabal era un maestro nel rendere le sfumature di questo popolo straordinario e, grazie anche alla penna felice del traduttore Sergio Corduas, ci ha lasciato lavori indelebili, assolutamente da leggere, prima di partire per qualsiasi pellegrinaggio ceco. Consiglio “La tonsura”, “Un tenero barbaro” e “Vuol vedere Praga d’oro”. Chiudo con un piccolo assaggio.