Panettone e birra: l’abbinamento perfetto
Natale è alle porte e, accordandomi allo spirito del momento, vorrei farvi un augurio. Vi auguro di di assaggiare almeno una volta nella vita un panettone “vero”: artigianale, realizzato con amore dalla vostra pasticceria di fiducia o perché no, anche dalle mani di un rinomato star-pasticciere, cancellando così dalla memoria i brutti ricordi scaturiti dai prodotti industriali, messi in bella mostra sugli scaffali dei supermercati, che tanto infangano la reputazione di questo antico dolce natalizio. Molti contesteranno “non mi piace! oppure “non mi piacciono i canditi!”, ma provate e lasciatevi andare: la fragranza, la sofficità, il colore dorato dell’impasto, il profumo di agrume candito e vaniglia che pervade i sensi al taglio della prima fetta. Probabilmente vi ricrederete!
Ad oggi sono numerose le varianti del Panettone – senza canditi solo con uvetta, glassato alle mandorle o cioccolato, con farciture di creme o combinazioni di frutta disidratata diversa – ma la ricetta originale vuole esclusivamente questi ingredienti: acqua, farina, sale, uova fresche e/o tuorli pastorizzati, burro, zucchero, frutta candita (in particolare arancia e cedro), uvetta sultanina, vaniglia e lievito naturale (lievito madre). Sulla preparazione e sui tempi di lievitazione, viene lasciata più discrezionalità al produttore, anche se di buona norma in media sono previste almeno 22-24 ore, con due fasi di impasto e due soste di lievitazione; la formatura nello stampo di cottura (pirottino) e lievitazione finale, cottura in forno e raffreddamento del panettone “a testa in giù”. La leggenda narra che nella Milano di Ludovico il Moro, durante la vigilia di Natale, il cuoco di casa Sforza bruciò malauguratamente il dolce preparato per il banchetto. L’aiutante, un certo Toni, decise così di sacrificare il suo panetto di lievito che aveva tenuto da parte per il Natale. Lo lavorò a più riprese con farina, uova, zucchero, uvetta e canditi, fino a ottenere un impasto soffice e molto lievitato. Il risultato fu strepitoso: gli Sforza lo apprezzarono a tal punto che decisero di chiamarlo, in suo onore, “Pan de Toni”, da cui deriverebbe il termine Panettone. Le leggende alimentano la tradizione, ma la vera origine del panettone va ricercata nella diffusa usanza medievale di celebrare il Natale con un pane più ricco di quello quotidiano come durante il “rito del ciocco”, quando il capofamiglia serviva grandi pani di frumento di fronte al ceppo di Natale che ardeva nel camino.
La storia ci racconta infatti che fino al 1395 i forni di Milano avevano il permesso di cuocere pane di frumento solo a Natale, per farne omaggio ai loro clienti abituali. Le prime prove documentali dell’esistenza del panettone risalgono al 1606, quando nel primo Dizionario milanese-italiano si parla di un non meglio precisato “panaton de danedaa”. Ma è dall’Ottocento che derivano le descrizioni più precise, come quella di Francesco Cherubini, che definisce il “panattón o panatton de Natal” come “una specie di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina (ughett) o sultana..” Il panettone di un tempo doveva essere piuttosto basso e non lievitato. Il primo a parlare di lievito fu, nel 1853, il “Nuovo cuoco milanese economico” di Giovanni Felice Luraschi. L’attuale forma, però, risale solo agli anni Venti: Angelo Motta, forse ispirandosi a una partita di 200 Kulic (dolce pasquale ortodosso molto simile al nostro panettone) per la comunità russa di Milano, decise di fasciarlo con carta paglia, dandogli l’attuale forma “alta”. E fu un autentico successo, imitato e seguito a ruota da altri, anche se ancora oggi non mancano i panificatori milanesi, memori dell’antico panettone “basso”. Da sottolineare inoltre che da tempo l’eccellenza e la maestria nel preparare questo dolce hanno varcato i confini lombardi, trovando accoglienza e riconoscimenti anche al sud, in particolare in Campania, dove troviamo numerose eccellenze. Il Panettone si presta a numerosi riutilizzi, diventando un’ottima base per fantasiose preparazioni, anche salate. Restando nel campo dei dessert, ecco alcune idee per apprezzare al meglio questo dolce delle feste.
Ma quale birra abbinare a questo Re della tavola natalizia? Beh la risposta scontata, ma non certo priva di fondamento, è quella di guardare tra le tante birre di Natale in uscita in questo periodo. Già, ma quali? Visto che con il termine generico Christmas Beer non si inquadra una tipologia definita, soprattutto se scegliamo una delle tante interpretazioni italiane, il consiglio è quelle di sceglierle una birra con caratteristiche in linea con quelle del panettone. Ad esempio, se tradizionale, un’ottima scelta sono le etichette di ispirazione belga dove è facile incontrare le note della frutta disidrata, della frutta rossa sotto spirito, delle speziature e ancora del panificato che possono ricordare persino la calotta del panettone; se il dolce risulta glassato e arricchito con mandorle e frutta secca, ottima la scelta di un barley wine, capace di arricchire lo spettro con profumi che ricordano i vini passiti e maderizzati e al contempo flirtare con gli ingredienti aggiunti; se invece il cacao entra nella farcitura, ecco che anche la birra dovrà assumere note dark, con varietà più in linea come le belgian dark strong ale, dubbel e quadrupel in prima linea. La soddisfazione sarà garantita, tra lo stupore di parenti e amici.