Oyster Stout del birrificio Porterhouse
Nella vexata quaestio che oppone fautori e scettici attorno al forse più noto tra gli abbinamento gastronomico tradizionali d’Irlanda, quello che vuole insieme ostriche e Stout (sulla materia non ci soffermiamo), una cosa è fuori discussione: chi, almeno in parte riesce a mettere pace, e tutti d’accordo, è la Porterhouse. La meritatamente famosa brewing company di Bray (a 20 chilometri da Dublino), con la sua etichetta di bandiera, la Oyster Stout appunto, un punto fermo lo ha messo: i preziosi molluschi (siano o meno un partner ideale a tavola), come ingrediente da utilizzare in ricetta, fanno la loro parte, eccome. Bevuta negli anni – la nascita del birrificio risale al 1989 – quella che rappresenta la best selling fra le scure presenti nella gamma del marchio creato da Liam La Hart e Oliver Hughes (le altre due sono la Plain Porter e Wrasslers 4X Stout) si conferma ogni volta una certezza. Preparata, come si accennava, con ostriche fresche e sgusciate, aggiunte nel tino di maturazione, si qualifica come decisamente rigorosa rispetto al disciplinare organolettico dello stile.
Scura e pastosa d’aspetto, con la rituale corona schiumosa color nocciola, offre i profumi che ti aspetti, amalgamando torrefazioni di varia ascendenza (orzo, caffè, farina di castagne, cacao in polvere) a cremosità lattee e suggestive ventate iodato-salmastre. La compagine dei cereali in miscela (malti Pale e Black, orzo tostato e in fiocchi) dà luogo a un palato se possibile ancor più setoso, disciplinatamente aderente al “naso che lo ha preceduto” e, in chiusura, capace di sorprendere (positivamente) con quel taglio amaricanet da luppolo sapientemente ricavato dal pool delle varietà impiegate: Galena, Nugget, East Kent Goldings. Gradazione, 4.6%: alla larga da eccessivi pericoli, che è sempre cosa buona.
Oyster Stout del birrificio Porterhouse
Fermentazione: Alta
Stile: Stout
Colore: Nero
Gradi alcolici: 4,6°
Bicchiere: pinta
Temperatura di servizio: 10-12°