Birra & Scienza: le puzze
Piccola digressione: l’antiossidante forse più importante del nostro organismo è il glutatione, molecola tiolica che, quando si ossida, perde attività antiossidante. Si dice che, con l’invecchiamento, di glutatione ossidato ne accumuliamo nel nostro plasma… Altra digressione: la permanente che arriccia i capelli delle nostre degustatrici viene realizzata ossidando e poi riducendo proprio i ponti disolfuro delle proteine dei loro capelli.
Ma torniamo a noi. Altra molecola volatile puzzolente è l’acido solfidrico, molto velenoso (ma non nelle quantità presenti nella birra). Anche l’acido solfidrico si forma per degradazione ossidativa delle proteine, spesso per opera dei batteri. In natura si trova nei prodotti di derivazione animale (e nell’intestino umano). Ai composti solforati è anche dovuto il cattivo odore dato dall’uso eccessivo di anidride solforosa per disinfettare bottiglie, impianti e come conservante nei vini. Con un minimo d’attenzione l’”odore di zolfo” e dei composti che lo contengono si riscontra spesso nelle birre. Tra l’altro, Kuaska docet, è tipico del Golding (se non mi sbaglio).
Altri composti puzzolenti (che io trovo più in certi vini – francesi – che nelle birre): lo scatolo (3-metilindolo), prodotto anche lui dalla degradazione delle proteine (in particolare del triptofano che, per altri versi, ci fa così bene…), con soglia di percezione molto bassa e caratteristico odore di feci (in realtà è il contrario, sono le feci che odorano di scatolo). Le amine biogene, che si chiamano appunto biogene perché sono sintetizzate negli organismi e presentano un gruppo aminico come l’istamina. Le più tristemente note sono la cadaverina e la putrescina che, prima che vi mettiate a ridere, sono importantissime in area forense perché permettono di ritrovare i cadaveri sepolti in caso di calamità. Oltre che nella birra si trovano nella mia amata choucroute (a chi passa da Parigi consiglio l’Academie de la Biere, in Blvd Port Royal), in certi formaggi stagionati e in pesci non propriamente appena pescati. Sempre provenienti da decomposizioni o fermentazioni batteriche troviamo gli acidi grassi a corta catena, soprattutto l’acido butirrico. Questa molecola è responsabile dell’odore dei frutti del Gingko Biloba, pianta che si trova in molti viali italiani e che produce frutti che, degradandosi al suolo, emanano odori caratteristici (Butirrico=latticini, odore di crosta di formaggio di alcune saisons).
E qui finisco con una riflessione filosofica: quelle che molti chiamano puzze per altri sono profumi da ricercare. Pensiamo ai formaggi stagionati: qualcuno li detesta (puzzano!), qualcuno li adora (mmhh, che profumo). Altro esempio: tra poco chiudo il computer e volo a Kuala Lumpur, dove il frutto che va per la maggiore è il durian. Puzza così tanto che è vietato portarlo in molti hotel e mezzi pubblici. Polpa dal caratteristico odore a metà tra la carogna e l’uovo marcio. Pieno di composti solforati infatti. Detestato e ricercato allo stesso tempo. In breve, secondo me, certi odori sono proprio dei difetti dovuti principalmente a fermentazioni e ossidazioni proteiche che si dovevano evitare prevenendo, appunto, fenomeni ossidativi in bottiglia e contaminazioni batteriche. Altre percezioni sono da lasciare a ciascuno di noi secondo i gusti.
Beh, sbizzarritevi a ricercare profumi e puzze, ricordando che bere birra in modo consapevole deve essere un divertimento, non un esame. Per quello ci sono i gas-cromatografi.