Birra industriale e spartizione del mercato: come cambia la geopolitica dei mega-gruppi, nello scenario che si prospetta con l’annesione di Sab Miller ad opera di AB InBev? Dati produttivi alla mano, abbiamo buttato giù due conti e ci siamo divertiti a giocare al Risiko Brassicolo. Andiamo dunque con ordine. Il progetto di fusione tra i due (ormai ex) pesi supermassimi rivali è ormai in dirittura d’arrivo: il via libera, da parte del Cda del colosso perdente (destinato cioè ad essere assorbito), è in realtà stato annunciato già da metà ottobre; a questo punto – dopo la presentazione della proposta definitiva circa la cifra da versare, da parte della società acquirente (passaggio avvenuto l’11 novembre: l’importo finale ammonta a 112 milioni di Euro) – mancano “soltanto” la firma degli atti, che dovranno ricevere l’imprimatur di entrambe le dirigenze, e la comunicazione dei rispettivi nulla osta da parte dalle autorità di regolamentazione dei numerosi Paesi coinvolti.
Ma anche in questo senso (per una visione d’insieme dell’operazione e per un riassunto delle tappe che negli anni hanno condotto alla situazione attuale, rimandiamo al post da noi pubblicato a metà ottobre), il principale fattore di rischio, ovvero le obiezioni (per usare un eufemismo) avanzate dall’Antitrust e dal Dipartimento della giustizia americani, sembra destinato a essere disinnescato. A spianare la strada a quella che sarebbe la terza acquisizione di tutti i tempi (che sarà, all’indicativo, secondo AB InBev: le nozze – assicura – andranno in porto per metà 2016) è infatti la decisione, resa nota dal cartello Molson Coors (partner, con Sab Miller, di una joint-venture operante dal 2008, la MillerCoors), di dare la propria disponibilità a rilevare l’intero pacchetto della stessa joint-venture (in pratica, Sab, per poter lasciarsi inglobare, sgancerà il ramo Miller).
Ecco, ponendo che i tasselli del puzzle si sistemino appunto nel modo appena ipotizzato, quali assetti verrà ad avere lo scacchiere delle maxi-compagnie planetarie? La gerarchia – disegnata sulla base di valori non misurati al centilitro, ma corrispondenti a ordini di grandezza – dovrebbe essere più o meno questa. Il supergigante AB InBev Sab, pur mollando i volumi ascrivibili a Miller (circa 80 milioni di ettolitri l’anno), si attesterebbe sui 615 milioni di ettolitri: quota che gli analisti, come detto, stimano pari a un terzo del mercato globale. Alle sue spalle, a quel punto, avremmo il brand Heineken, con 200 milioni di ettolitri, equivalenti a un 11% del mercato. La Molson Coors, irrobustita dal conferimento nei propri forzieri dell’intera divisione Miller, potrebbe essere accreditata di una previsione attorno ai 150 milioni di ettolitri l’anno (grossomodo l’8% del mercato). Su livelli comparabili avremmo Carlsberg Tuborg, con 125 milioni previsti nel 2015, ovvero un 7% scarso del mercato planetario. Infine il non trascurabile gruppo Guinness, che con i suoi 83 milioni di ettolitri, garantirebbe alla scura d’Irlanda il 4,5 per cento del mercato mondiale.