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Matrimoni birrari: le busiate al pesto trapanese

Siamo in Trinacria, per l’esattezza a Trapani. La terra sicula ci accoglie generosa mostrando con orgoglio la sua bellezza sfrontata: sole, mare, arte e buon cibo. Profumo di salsedine mentre siamo al porto a scrutare l’orizzonte il profilo delle Egadi, calore sulla pelle girando tra le chiese barocche del centro storico. È primavera ma potrebbe essere estate, secondo i parametri dello “straniero”. La temperatura è già alta ma l’appetito non accenna a diminuire, soprattutto se si è consapevoli di trovarsi in un luogo unico, terra di passaggio e di conquista: prima i Fenici, poi i Romani, gli Arabi, infine gli Aragonesi e gli Angioini che hanno lasciato un segno indelebile non solo nell’architettura, nell’arte, nella lingua ma anche nella cucina di questa città della costa occidentale siciliana. Tra i piatti più celebri della gastronomia trapanese troviamo il cous cous di pesce e verdure, figlio dei tempi della dominazione araba, ma anche prodotti Presidio Slow Food come l’aglio rosso di Nubia, il sale marino di Trapani, il pane nero di Castelvetrano, fino ad arrivare ad una pietanza tipica che qui trova i suoi natali: le busiate con il pesto alla trapanese. Un’accoppiata vincente. Le busiate (o busiati) sono un formato di pasta a base di farina di semola di grano duro a forma di sottili cilindri di pasta attorcigliati su se stessi, una sorta di maccheroni. Preparati artigianalmente con il “buso” ovvero un ferro da maglia usato per lavorare i tessuti, sono perfetti per accogliere sughi e salse come il pesto. I busiati cu l’agghia, hanno origini antichissime, risalgono ai tempi in cui le navi genovesi sulla rotta dell’estremo oriente attraccavano nel porto di Trapani, portando con sé le ricette gastronomiche appartenenti alla propria terra. Queste furono subito d’ispirazione per i marinai siciliani, che decisero di rielaborare il pesto ligure – in particolare ancor prima, l’agliata ligure a base di aglio e noci – aggiungendo ingredienti locali, come le mandorle e i pomodori freschi. È tempo di sedersi a tavola e di ordinarne un bel piatto. Oppure di preparalo a casa: è semplicissimo.

BUSIATE CON PESTO ALLA TRAPANESE
Per preparare le busiate per 4 persone serviranno 400 g di farina di semola di grano duro, 200 ml di acqua fredda e un pizzico di sale. Al centro di un piano da lavoro, disponete la farina a fontana ed il sale. Nell’incavo al centro, aggiungete l’acqua poco alla volta ed impastate con le mani fino a quando il panetto diventerà liscio e morbido. Fatelo riposare per circa 30 minuti dopo averlo posto in una ciotola coperta da un canovaccio. Infarinate il piano da lavoro ed iniziate a stendere il panetto ricavandone dei piccoli cilindri lunghi e sottili. Utilizzate il tradizionale buso, ovvero il ferro per lavorare a maglia o in alternativa uno stecchino di legno per spiedini per conferire la tipica forma alle busiate: ponete il bastoncino sul cilindro di pasta adagiandolo in senso longitudinale ad esso ed arrotolate delicatamente la pasta avanti e indietro fino a quando le busiate avranno assunto la forma a spirale attorcigliandosi al ferro. Lasciare seccare su un piano infarinato per circa due ore. Per preparare il pesto alla trapanese, serviranno pomodoro fresco – ideale sarebbe il pomodoro Pizzutello – circa 300 gr, 2 spicchi d’aglio, 60 gr di mandorle pelate, circa 30 foglie di basilico fresco, olio extravergine di oliva q.b. (ma abbondante!) pecorino siciliano grattugiato a piacere (in alternativa potete usare il fiore sardo), sale q.b. e pepe nero macinato a piacere. Immergete i pomodori, ai quali avrete praticato una piccola incisione a croce, in una pentola con acqua bollente per qualche minuto, spellateli e tagliateli a piccoli pezzi in una ciotola, eliminando i semi ed il succo in eccesso. Nel frattempo ponete nel mortaio le mandorle pelate tagliate a pezzetti e lavoratele con le foglie di basilico e l’aglio; con il pestello effettuate un movimento rotatorio verso le pareti del mortaio, aggiungendo a filo l’olio d’oliva fino ad ottenere una crema piuttosto omogenea. Aggiungete un pizzico di sale e di pepe. Mettete il pesto ottenuto nella ciotola con il pomodoro sminuzzato, mescolandolo insieme al pecorino grattugiato, amalgamando il tutto (se non disponete del mortaio, è possibile frullare tutto nel mixer, aggiungendo via via l’olio e solo in ultimo i pomodori). Cuocete le busiate in abbondante acqua salata, scolatele al dente e ponetele in una grande ciotola, condendole con il pesto e aggiungendo un poco di acqua di cottura tenuta da parte – se necessaria – mescolare bene e servire, guarnendo con pezzi di mandorla leggermente tostata, fettine di pomodoro e foglie di basilico intere.

Varianti ed utilizzi alternativi
Il pesto alla trapanese è una salsa gustosa dai numerosi utilizzi in cucina. Molte ricette prevedono un impiego molto più generoso del quantitativo di aglio, in onore alle origini del piatto, o del pomodoro. È diffusa anche l’aggiunta di alcune foglie di menta o di pomodori secchi. Probabilmente la sua buona riuscita sta proprio nell’equilibrio aromatico tra pomodoro, basilico, aglio e mandorle, nonché della dose di pecorino: il rischio che diventi una salsa rossa formaggiosa con un vago tocco di sapore di basilico e mandorla è infatti dietro l’angolo. Il pesto alla trapanese si sposa bene anche con altri sapori ed ingredienti. Tra le verdure, l’accoppiata vincente è con le melanzane, da provare come condimento su quelle grigliate o al forno. Il pesce è un altro compagno ideale, in particolare il pesce spada, il calamaro o il gambero di Mazara del Vallo, che possono finire come ingrediente in più, dando vita ad una versione più lussuosa della pasta condita con il pesto. Ottimo inoltre pensato spalmato su una bruschetta, magari arricchita da uno degli ingredienti sopra menzionati, oppure come condimento per una lasagna al pesto “alla siciliana”.

 

NEL BICCHIERE
Come tributo alla contaminazione genovese-siciliana che ha dato origine a questo gustoso piatto, abbiamo deciso di riproporre il gemellaggio anche a tavola suggerendo etichette liguri. Partiamo prima dall’identikit della nostra birra ideale: la componente amara e aromatica del piatto mette in difficoltà molti sommelier. Dobbiamo evitare birre con luppolature evidenti e astringenze per non incappare in sensazioni sgradevoli. Una scelta è quella di piegare la bevuta all’esigenza del piatto sacrificando una Blonde affabile ma sbarazzina come quella del genovese Maltus Faber che non rinuncia ad incursioni agrumate e speziate pur offrendo una spalla maltata in abbinamento; oppure cercare la sponda con il lato balsamico del pesto, ad esempio, con La Matota del birrificio Altavia, una Ale dorata di ispirazione britannica capace di duettare con note floreali ed erbacee, smussando le sensazioni più dure del boccone con una composta dolcezza.