La Macca Meda di Barley sposa un multistrato di ricotta, amaretti e marmellata di arancia amara
Per una volta, abbiamo invertito il senso di marcia: siamo partiti, nel “giocare agli abbinamenti”, non dal piatto, per scegliere di conseguenza la bevanda che più gli si addicesse, ma abbiamo fatto il contrario, cominciando insomma, come suol dirsi, “dal bicchiere”: metafora (facile facile) per significare che si aveva, nel nostro caso, una birra da far assaggiare; e che, su di essa, ci siamo divertiti a “cucire” un partner gastronomico il più possibile incline alla reciproca valorizzazione. In cantina c’era una Macca Meda, sensuale American Amber Ale di casa Barley (Maracalagonis, Cagliari), che sbirciava dal basso in alto facendo gli occhi dolci; e dunque, “dolce sia!”: l’accompagneremo a un dessert.
La birra di 7.8 gradi alcolici firmata da Nicola Perra suona gli spartiti che ci si aspetta. Profumi “a girare” tra biscotteria, frutta ben matura (albicocche, ma anche mango) e disidratata (albicocche, again), agrumi a scorza rossa (canditi, nel salire delle temperature). Palato ampio e avvolgente, pieno e caldo, fino ad affusolarsi in un amaricante agrumato (in coerenza), alcolico e anche di sottile, provocatoria, astringenza. Che la birra abbia una vocazione a vaporizzare componenti acquee e a detergere parti grasse è chiaro; così come lampante è che il suo altalenare bittersweet trovi il miglior complemento in timbriche parallele, possibilmente anche nell’orientamento agli agrumi.
La somma non meccanica degli indizi porta ad una soluzione riassumibile nella definizione di “bicchierino multistrato”, i cui ripiani, a salire, sono: granella di amaretti, ricotta di latte vaccino, marmellata di arance amare e di nuovo l’amaretto, stavolta intero, piccolo piccolo. Si affonda il cucchiaino attraverso tutti i tre livelli e si assapora l’intero; le percezioni si amalgamano, l’amaretto apre e chiude il cerchio con la sua pinguedine, il centro bocca (dopo il picco dolce-acido-amaricante dell’arancia) si dilata nel latteo non opulento ma comunque paffuto della ricotta; arriva la Macca, la cui onda assorbe succulenze e lipidi, risparmiando zuccheri e aromi; e con essi la birra fonde i suoi lineamenti, consonanti, come in un processo prima di rispecchiamento, poi di identificazione piena. Finito: peccato! Ma il senso, che resta, di integrale armonia è davvero un bel congedo.