Luppolo, un fattore chiave per la diversità delle birre
I birrai hanno fatto birra per ben più di 5000 anni, ma incredibilmente il luppolo è diventato un ingrediente fondamentale solo negli ultimi secoli. Ed è ancora più incredibile che i luppoli siano stati usati per i loro diversi apporti in aroma e amaro solo negli ultimi decenni. È la frazione di una frazione di un secondo se rapportato alla storia della birra. Quello che voglio dire è che i birrai americani hanno recentemente introdotto dei caratteri di profumo e di aroma non proprio tradizionale, quegli aromi e profumi che i bevitori di birra conoscono come floreali e fruttati. Ma ci sono molto altre cose interessanti oltre al “floreale e fruttato”. Tutto potrebbe essere cominciato con gli innovativi libri di Michael Jackson, nei quali descriveva il carattere speziato ed erbaceo di luppoli estremamente tradizionali come l’Hallertauer tedesco o il Saaz ceco. Entrambi sono luppoli magnifici, con note fantastiche di erbaceo, sia al naso che in aroma.
Ma il discorso centrale per la rinascita della birra di qualità, nato qui negli USA, era che il livello di gusto e aroma era ben al di sotto di quello che i nuovi bevitori di birra andavano cercando. Arrivò per primo il Cascade (foto a sinistra) intorno agli anni ‘70. Fu il capostipite dei luppoli agrumati e “fruttati” usati dai produttori artigianali. Che avessero consapevolezza o meno di quello che stessero facendo, comunque sia i birrai aggiunsero questi luppoli in maniera diversa creando profumi e aromi di luppolo che vennero recepiti dai consumatori di birra e accolti con fervore. Seguirono ibridi più ricchi di alfa-acidi (più amaricanti) come Centennial, Chinook, Nugget, aggiungendosi tutti alla rivoluzione americana del luppolo agrumato. All’inizio degli anni 2000, o forse addirittura alla fine del 20esimo secolo, alle nuove varietà americane si affiancarono e si unirono gli eccezionali luppoli neozelandesi. Io credo che questi luppoli come New Zeland Nelson B. Sauvin, Pacific Hallertauer, American Mt. Hood, Amarillo, Simcoe, Columbus, Citra, Sterling e molti altri, furono sviluppati sia per le loro qualità in termini di resa, sia per per la loro concentrazione di alfa-acidi.
Ma l’imprevedibile accadde. I birrai americani cominciarono ad utilizzare queste varietà di luppolo a fine bollitura e in dry hopping durante la fermentazione e il processo di maturazione. Emerse una nuova maniera di utilizzare i luppoli. Non solo emerse, ma divenne ciò che oggi più evidentemente caratterizza il contributo dei produttori artigianali americani al trend mondiale della birra. Pompelmo, mandarino, limone, lime, rosa, miele, bergamotto, frutto della passione, ribes nero e rosso, uva spina, banana, bouquet vinoso, resinoso, melone, geranio, albicocca, pesca, mango, menta, fragola, mirtillo, ananas, anguria, pepato; queste caratteristiche dei luppoli sono solo la punta dell’iceberg della coltivazione del luppolo. Finalmente i coltivatori di luppolo stanno cominciando a capire che ci sono un numero crescente di birrai e di amanti della birra che non solo desiderano, ma che invocano nelle loro birre una varietà nell’impronta dei luppoli. Dal canto loro i birrai hanno intenzione di garantire non solo che i luppoli vengano cresciuti con questi caratteri distintivi, ma che siano anche sostenibili. Questo è un completo capovolgimento nel modo di pensare dei coltivatori di luppolo.
Per decenni la prospettiva dei coltivatori è stata dominata dalla domanda di efficienza e dall’utilizzo dei luppoli solo in amaro da parte dei produttori, che si traduceva in un aumento di concentrazione degli alfa-acidi e dollari. In breve, la resa in termini di alfa-acidi per ettaro ha determinato le linee nella coltivazione del luppolo. In buona parte è ancora così. Ma, nonostante la produzione di birra artigianale negli USA rappresenti solo il 5% del totale della birra consumata, i produttori artigianali consumano il 30% di tutto il luppolo prodotto. E spesso dei luppoli a loro non interessa la solita piatta amarezza.
di Charlie Papazian