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In birra veritas: a tutto luppolo!

È molto utile osservare le mode, le polemiche e le vicissitudini del mondo della birra artigianale italiana per chi segue da vicino anche il panorama vinicolo. Capita spesso di imbattersi in alcuni “deja vu” che, oltre a far sorridere, danno importanti indicazioni sull’evolversi delle vicende. Dieci-quindici anni fa capitò che alcuni vini barricati venissero premiati dalle più importanti guide enologiche nazionali, innescando una pericolosa moda che portò molti vignaioli ad utilizzare i carati anche nell’affinamento della croatina. Inizialmente il consumatore sembrò apprezzare questi sentori dolci, evocativi, facilmente distinguibili e descrivibili. Spesso il piacere dell’assaggio si risolveva solo nella parte olfattiva, infatti bastava portare alla bocca il Vermentino passato in legno di Allier per accorgersi che sotto il vestito, anzi, sotto il naso…niente. Di quella moda rimane poco, se non la simpatica definizione “vino del falegname” per identificare alcuni vini e la pericolosa ondata di ritorno con l’utilizzo addirittura di chips di legno al posto delle piccole botti di origine bordolese. Non solo i bevitori più evoluti ma anche i neofiti del vino ormai rifuggono da questi imbelletamenti con un astio addirittura controproducente. Ormai anche un ottimo vino può essere cassato da questi abolizionisti della barrique se solo presenta un piccolo sentore vanigliato. Ecco, paragonerei questo fenomeno ormai storico nel mercato enoico, con l’utilizzo che vedo fare di luppoli americani (in porzioni generose) nelle nuove birre italiane. Chinook, Amarillo, Willamette, Tomahawk sono la nuova frontiera! Ormai chi usa solo il più popolare Cascade è trattato come un reietto da colleghi e clienti. Carichi di coni resinosi vengono avvistati in ogni angolo della penisola e persino i produttori domestici si scambiano partite di Columbus in parcheggi di periferia, al riparo da sguardi indiscreti.
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Questo oro verde viene aggiunto alla birra in qualsiasi momento possibile. Rottamate bilance e bilancine vengono buttati a piene mani coni freschi o compressi in infusione, bollitura, fermentazione, a caldo , a freddo, prima e dopo la spillatura, nel bicchiere e direttamente in bocca. Alcuni birrai forse appronteranno collane di benvenuto simil-hawaiane in luppolo fresco o secco. I risultati sono però evidenti nel bicchiere. IBU incontrollate e incontrollabili donano al palato un amaro ed un’astringenza da record. Sensazioni spesso sottolineate da mugolii di piacere (in evidente assenza di lubrificazione salivare) da parte dei convenuti. Il corredo olfattivo, quello che dovrebbe essere il bouquet, di queste bevande è spesso paragonabile all’effetto che si ha annusando i sacchetti contenitori dell’infiorescenza. Possibilissimo quindi, ma causa di grandi applausi da parte di amici e parenti, indovinare facilmente la varietà usata, esattamente come era facile dire vaniglia e caffè di un vino barricato. Tutti sono felici dunque. Le birre sono facili da fare in quanto la ricerca degli equilibri gustativi e delle sottili aromaticità che spesso fanno la grandezza di un birraio sono scavalcate da valori aritmetici di amaro e intensità olfattiva. Chi le beve un po’ si sente parte di questa moda-setta di amanti dell’amaro estremo, un po’ è felice perché riesce a riconoscere un ingrediente della birra, e inoltre può sempre sbeffeggiare l’amico neofita che beve Becks (a questo punto, beato lui…). È facile sapere come evolverà la situazione. Queste birre piacciono subito ma stufano prima. Quindi la moda passerà e molto probabilmente per essere veramente sull’onda bisognerà con una smorfia di disgusto rifiutare una birra con sentori di Cascade e partire alla ricerca di delicati Fuggles e lievemente piccanti Saaz. Esattamente come è successo con la barrique, la storia si ripete.

4 Commenti

  1. La tendenza verso birre extreme è stimolante ma può portare mode incontrollabili.Gi eleganti equilibri di una pils delicata non gratificano meno di valori IBU stellari. La splendida seducente aggressività di un lambic è una dote che non tutte possono condividere. Schigi ha ragione, non freniamo la fantasia ma evitiamo di rincorrere l’estremo

  2. L’articolo non solo mi è piaciuto molto, ma nelle sua linearità mi ha entusiasmato.
    Vengo da una estrazione enoica, ma il discorso calza a pennello per le birre.
    Le mode sono importanti per dare sfogo alla fantasia ed alla creatività purchè si abbia come obiettivo l’equilibrio finale.
    Vini muscolosi o birre iper-luppolate hanno, per me, vita corta…

  3. Sono d’accordo con Schigi anche per me questo sistema è volatile come un volume di CO2…
    Presto qualche mastro iniziaerà una nuova tendenza e tutti si allineeranno perchè la moda è la moda e nessuno ci può fare niente.
    Io come HB tendo a calcolare Ibu e quantità di luppolo tenendo conto che la birra deve essere gustata e apprezzata non solo da me ma anche da chi non è avvezzo a troppo amaro e quindi prediligo sfruttare l’aroma più sottile delle spezie e dei luppoli in quantità “giusta”.
    P.S. ma l’utilizzo delle H nella lingua italiana è stato bandito…???