Gnocchi gorgonzola e noci con Old Ale
Piatto facile, redditizio nei risultati (a patto che gli ingredienti siano di buona qualità), oltre che estremamente sostanzioso, gli gnocchi al gorgonzola rappresentano un nuovo classico: una preparazione cioè che si è imposta nelle abitudini e nelle simpatie degli italiani, specialmente nel corso degli ultimi decenni.
Le materie prime sono poche e ben precise: gnocchi di patate (nell’impasto anche farina e, facoltativamente uovo), Gorgonzola (da fondere con l’ausilio di latte, ricavandone una crema fluida e omogenea), noci (da sminuzzare in una fitta granella). Ma tanto la ricetta è semplice, tanto (in misura inversamente proporzionale) la pietanza che se ne ricava s’iscrive a pieno titolo tra i pesi massimi della gastronomia, per apporto nutritivo (calorico in specie) e densità organolettica.
Fonte di carboidrati e grassi primariamente, con le proteine di rincalzo, questo primo piatto, dal punto di vista della fisionomia sensoriale, spicca anche per una vigorosa intensità al palato, per una corrispondentemente lunga persistenza, per la nitida e peculiare aromaticità cui concorrono il Gorgonzola e le noci, per un baricentro gustativo orientato in tre direzioni: la dolcezza dei carboidrati e dei latticini; la sapidità e la piccantezza incisive, tipiche del formaggio protagonista; le sensazioni tostate della frutta secca e del formaggio stesso, specie da fuso.
La birra adatta ad accompagnare un boccone del genere? Le soluzioni poter mettere in campo sono diverse: a noi è piaciuta quella delle Old Ales inglesi, in quanto provviste di una tessitura materiale adeguata all’impresa; di funzioni sgrassanti ragionevolmente garantite, se non dalla frizzantezza, dall’inclinazione acida dei malti scuri e dell’alcol; di una morbidezza generale che assicura dialogo armonico con gli impeti sapidi e piccanti dello gnocco così condito; di un profilo gustolfattivo nel quale le tostature creano una cornice di coerenza e di omogeneità che si esalta nel canto a due voci insieme alla noce (descrittore tipico dell’arco aromatico espresso dallo stile in questione).
Fuori i nomi, a questo punto; ed eccoli qua: due di nazionalità straniera, due invece battenti bandiera tricolore. Partiamo dai secondi: la Santa Giulia del Piccolo Birrificio Clandestino di Livorno, che titola 6 gradi; e la Santa Lucia targata Endorama (Grassobbio, Bergamo), che di gradi ne fa 8,3. Oltre confine, puntiamo su due classici britannici e su una referenza statunitense: dagli Usa la Hibernation Ale di Great Divide (8,3 gradi); dall’Inghilterra la Samuel Smith’s Winter Welcome (6 gradi) e la Fuller’s 1845 (6,3 gradi).