Le proto-birre e la sbronza spirituale
Lo stato di ebbrezza non come puro e semplice eccesso comportamentale, ma come condizione dello spirito per porre l’uomo in connessione con la parte non visibile delle realtà. E dunque l’utilizzo nella produzione di birra – proprio al fine di favorire l’apertura di certe “porte nascoste nel tessuto dell’esistente” – di particolari ingredienti: magari oggi desueti e tali da essere considerati delle “bizzarre novità”, quando invece, in antico, erano la semplice regola.
Un recente approfondimento della beer-journalist Carolyn Smagalski sull’argomento – richiando un testo assai interessante in materia, “Sacred and ancient healing beers”, di Harrod Buhner – evidenzia proprio come alcuni aromatizzanti, attualmente propri di produzioni “di nicchia” e “di ricerca”, fossero al contrario molto comuni in passato; in particolare avendo applicazioni legate a funzioni rituali o cerusiche delle bevande ottenute da cereali fermentati. Eccone una sintetica rassegna.
Miele: piuttosto consueto nella produzione di alcolici nelle società nordiche, sembra aver affiancato altri componenti ad alta concentrazione zuccherina (come fichi e datteri) nei processi di proto-brassaggio che, è stato dimostrato, si praticavano anche nell’antichità israelitica (dove si sono rinvenuti reperti quali brocche con residui di liquido a base di orzo, vasi di fermentazione e con filtri).
Erica: impiegata diffusamente da Pitti e Celti, era abituale nel culto druidico: e probabilmente la “Heather Ale” è stata il primo progetto di fermentazione consapevole concepito sulle isole britanniche.
Agave: le credenze dei Tarahumara (popolazione messicana che risiede nell’attuale territorio del Chihuahua) contemplano l’idea per cui ogni persona avrebbe in sé molte “anime”, ognuna capace di incidere nelle scelte della vita. Ebbene, gli infusi contenenti agave, secondo queste convinzioni, hanno la capacità di far funzionare l’anima del cuore accanto a quella delle mente, quando questa si sente stanca: ed è questo il momento in cui si progredisce nella conoscenza.
Ginepro: con questa pianta torniamo in Scandinavia: i suoi coni (solitamente ma impropriamente detti bacche, per la somiglianza strutturale con queste) erano largamente presenti nella birrificazione, tanto da dar luogo a una ventaglio di ben 7 metodiche diverse per il loro utilizzo.
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