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Fresh is better: ritorna la tradizione delle birre con luppolo fresco

Il luppolo fa parte della produzione di birra da più di 1000 anni. Un tempo i birrai lo utilizzavano nella sua forma naturale, così come raccolto nei campi, senza alcun trattamento. L’inizio della raccolta coincideva dunque con quello del periodo di brassatura, che poteva essere svolta solo durante i mesi freddi, da settembre ad aprile, ideali anche per il luppolo: il prodotto fresco infatti, se non correttamente conservato, può restare troppo bagnato e dunque ammuffire velocemente, oppure diventare troppo secco a causa del contatto con l’aria (o per il caldo) e dunque ossidarsi. Nei secoli si scoprì poi che seccare il luppolo comportava un notevole miglioramento in termini di conservazione, e con l’epoca industriale vennero ideati forni a tale scopo: fu in quel momento che dal processo produttivo scomparvero i fiori freschi. Alla fine del XX secolo cominciarono a ricomparire alcune importanti eccezioni, con lo sbarco sul mercato di prodotti che prevedevano proprio l’uso di fiori appena colti, impiegati per conferire alle birre nuovi profumi. Un fenomeno che, pur con dimensioni ridotte, interessava Germania e Regno Unito, dove diverse birrerie (come Pyraser Landbrauerei con la Hopfenpflücker Pils o Wadworth’s con la Malt and Hops) realizzavano queste tipologie, destinandole a un consumo per lo più locale.

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In tempi recenti il filone è ripartito grazie all’interesse da parte di alcuni birrifici americani, e così l’uso del luppolo fresco è diventato ben presto una vera e propria moda. Negli Stati Uniti queste birre sono chiamate “con luppolo fresco (fresh hop beer)”, “ con luppolo verde” (green hop beer)” e ancora “con luppoli umidi (wet hop beer)”, a richiamarne appunto la caratteristica principale. Altre espressioni invece, come “Harvest Ale”, “Lupulin Nouveau” o “Beerjolais” (adattate dai francesi Vin Nouveau e Beaujolais, riferiti ai vini novelli) mettono invece in luce l’elemento del raccolto. Il californiano Sierra Nevada è stato il primo, nel 1996, a cimentarsi con il luppolo fresco, lanciando la sua Harvest Ale nata dalla collaborazione fra il birraio Steve Dresler e l’esperto di luppolo Gerard Lemmens. Ogni anno la Harvest Ale è presentata a Denver in occasione della settimana del Great American Beer Festival, e ogni volta la gente non vede l’ora di poterla assaggiare. Sulla scia del successo sono poi arrivati la “Southern Emisphere Harvest Ale”, con luppoli freschi della Nuova Zelanda, e addirittura un luppoleto aziendale, realizzato proprio accanto alla birreria, che fornisce materia prima per la “Chico Estate Harvest Hale”. In tanti nella Costa Ovest hanno seguito l’esempio di Sierra Nevada, come Moonlight, 21st Amendment, Anderson Valley, Bear Republic, Lagunitas e Rogue, tanto per citarne alcuni. Il trend si è ora diffuso anche in altre zone, dal Colorado (vedi New Belgium a Fort Collins) fino alla East Coast (con Dogfish Head), e gli amanti del genere hanno già cominciato ad organizzare in diverse città , come San Diego e Saint Luis, dei “Wet Hop Beer Festival”, eventi dedicati alle birre con luppoli freschi.

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La mania dei luppoli appena colti in tempi recenti ha fatto ritorno anche in Europa. Oggi si possono trovare molti più esempi di questi prodotti nei loro paesi di origine, ossia Germania e Inghilterra (la St Austell’s Harvest Ale, la Chiltern Green Hop, Otley Wet Hop Ale e via dicendo), e tante altre nazioni si stanno unendo alla festa. In Belgio, che come sapete è il mio paese di origine, la prima birra di questo tipo ad arrivare sul mercato è stata la H.O.P. Flower Power (“Potere dei fiori”, nome che è già tutto un programma) della Brouwerij De Ranke, prodotta nel 2009 con fiori di luppolo provenienti dall’azienda agricola Luc Lugache di Warneton. Una birra nata dalla collaborazione con la sezione delle Fiandre sud-occidentali dello Zythos, l’associazione belga dei consumatori di birra, utilizzando come base la Saison De Dottignies. Il successo fu tale che da quel momento De Ranke ha riproposto annualmente la produzione, cambiando ogni volta la birra di partenza (come ad esempio la Guldenberg), mettendole il nome di Hop Harvest seguito dall’anno di realizzazione. Anche il danese Mikkeller ha notato questo trend ed è salito sul carrozzone con la Wet Hop Kellerbier, brassata in Belgio da De Proef, seguito dal connazionale Gourmetbryggeriet con la sua Harvest Ale. Pure in Italia ho trovato una birra del genere, la Ipè Celebration prodotta dal birrificio San Paolo di Torino, ma sicuramente ce ne sono altre in giro. Gli stili base di partenza per la produzione di birre con luppolo fresco, di solito in numero limitato, sono quelli più luppolati, vedi pilsner, IPA e bitter. Ci si potrebbe in realtà chiedere perché i birrai si cimentino in queste produzioni, dal momento che l’uso di luppoli freschi comporta l’impiego di quantitativi fino a quattro-cinque volte maggiori rispetto a quelli secchi, oltre a causare non poche problematiche a livello di gestione del prodotto, dato che i fiori freschi sono delicati e vanno maneggiati con cura. Ma tant’è, ed è inutile sottolineare che a noi la cosa non può che fare piacere. Ci sono però, e forse in questo sta la risposta, anche una serie di lati positivi. Si può anzitutto affermare che il luppolo è per la birra quello che l’uva è per il vino: si possono coltivare le stesse varietà in terreni anche molto diversi fra loro, le cui qualità e caratteristiche avranno un effetto diretto su quelle degli acini, e dunque sul vino. Qualcosa di simile accade anche per il luppolo. Il Cascade è ad esempio coltivato in varie nazioni, come USA e Belgio, con risultati finali abbastanza differenti fra loro. Il luppolo, specialmente quello fresco, rafforza il concetto di “terroir” riferito alla birra.

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Si può inoltre aggiungere che le birre con luppolo fresco sono effettivamente tra le poche birre stagionali, in quanto il prodotto appena colto può essere utilizzato solo per un brevissimo lasso di tempo, in autunno, contrariamente a quanto accade in altre “stagionali” che utilizzano gli stessi ingredienti per tutto l’anno. L’essiccamento del luppolo aiuta a mantenere la maggior parte dell’amarezza aumentandone la concentrazione, ma contemporaneamente disperde alcuni degli olii volatili e delle qualità aromatiche del fiore non trattato. Una mancanza che, per forza di cose, si riflette sul prodotto finito. Diciamo che vi è la stessa differenza che passa tra un piatto realizzato con spezie ed erbe aromatiche essiccate ed uno realizzato con le stesse spezie ed erbe appena raccolte. Si può ottenere lo stesso sapore, ma la freschezza e la vivacità dei due piatti saranno molto diverse. Il luppolo fresco regala stupende note aromatiche al naso ed un’amarezza più intensa sulla lingua, con sottili note erbacee e floreali unite ad un tocco di terroso che non possono essere ottenute in altra maniera. Sfortunatamente amarezza e intensità cominciano a svanire in breve tempo. In ogni caso è meglio essere consapevoli, non dispiaciuti: consumate le vostre birre con luppoli freschi in autunno, finché sono giovani. È un’esperienza che non dimenticherete facilmente!