Fresh hop: come fare una birra con luppolo fresco
Sono tanti gli step che si inseriscono sul cammino di ogni homebrewer, ognuno con il proprio coefficiente di difficoltà, ognuno con il proprio valore di sfida: dai miglioramenti impiantistici, all’uso di ingredienti di differente qualità e di più delicato utilizzo, ecc. Tra questi si inserisce anche l’uso di materie prime coltivate in proprio, come il luppolo, per produrre le cosiddette Harvest Ale. Di fatto è l’unico ingrediente con il quale si può portare avanti un discorso in proprio, dato che per quanto riguarda i cereali la coltivazione richiede una notevole conoscenza in campo agrario ed il necessario processo di maltazione non è affatto semplice già a livello industriale (figurarsi in casa); l’acqua se non è controllata microbiologicamente comporta notevoli incognite di tipo biologico e chimico, in primis per l’ammostamento; infine per il lievito, anche qualora si riuscisse ad isolarne uno autoctono, esso risulta difficilmente controllabile e selezionabile, e va da sé che questo implica ristrettissimi angoli di manovra sul suo utilizzo.
STILI
Essendo, quindi, uno step da poter raggiungere alquanto facilmente, o con sforzi relativi, è probabile che, per sentirsi ancor più soddisfatti dell’autonomia sulla produzione delle proprie birre, in molti si saranno già cimentati sull’utilizzo di luppolo fresco, e prima ancora sulla coltivazione del rampicante dalle profumate infiorescenze femminile, a partire dai rizomi. Quello delle birre con luppolo fresco non rappresenta uno stile in senso stretto, ovviamente, ma una famiglia di birre ispirate a IPA, APA e Double IPA che si esprimono nettamente in direzione dell’esaltazione del luppolo, non tanto sul suo contributo amaro quanto soprattutto sugli aromi. Dall’inglese ereditiamo i termini Harvest Ale, Fresh Hop Ale e Wet Hop Ale: mentre con i primi due si sottolinea la raccolta appena avvenuta, con il terzo si esalta la mancanza di essiccazione. Non è un dettaglio, perché in teoria potremmo anche sottoporre i coni a questo processo, per qualche ora in un ambiente riscaldato e ventilato o su telai forati esposti al solleone, o addirittura metterli sottovuoto e congelarli, e forse potremmo ancora chiamarle Harvest Ale per via della raccolta effettuata. Ma sui dettagli di questa pratica le maglie sono molto larghe, come è ragionevole che sia, e la terminologia non fa eccezione, tanto che sono definizioni che si usano in maniera praticamente intercambiabile, risparmiando per una volta gli homebrewer da un’accademica pedanteria che avrebbe poco senso su una pratica così allettante, partita presumibilmente con alcune bitter del Regno Unito e portata agli onori delle cronache birrarie, ancora una volta, dagli americani.
STAGIONE
La coltivazione del luppolo dovrebbe avvenire con relativo successo tra i 35 e 55 gradi di latitudine e con qualche accorgimento. A livello economico non c’è un reale risparmio, ma poter utilizzare questi coni per un paio di cotte risulta essere già un successo, a dispetto di un’utopica autosufficienza, difficile da raggiungere. Per ovvi motivi, è uno solo il periodo dell’anno in cui è possibile brassare una Harvest Ale, per cui tra fine agosto ed inizio novembre bisogna tenersi sempre pronti, concedendo la precedenza a questa piuttosto che ad un’altra cotta. Di anno in anno, però, è un po’ difficile replicare la stessa birra: pur impugnando la stessa ricetta, infatti, bisogna considerare che il clima può influenzare anche pesantemente il risultato finale in termini di resa delle piante, di dimensione e forma dei coni, di amaro e di aromi. Nessun dramma: inserire queste variabili fa parte di questo gioco e mette un po’ di brio, rendendo anche meno meccanica e più eccitante questa sperimentazione. Perciò, per rincarare la dose, se abbiamo già qualche tentativo alle spalle ed abbiamo maturato quel minimo di confidenza, potremmo anche spingerci oltre. La vera sfida, a questo punto, diventa solo una: utilizzare il luppolo fresco al 100%, non solo in aroma ma anche in amaro. Non importa se non raggiungeremo il valore di IBU desiderato o se lo supereremo di un soffio: tenendoci larghi e vaghi con il contrappeso dei malti e l’attenuazione del lievito, la rusticità erbacea e linfatica dei luppoli dovrebbe fare il resto.
RACCOLTA
Quando l’estate è al termine, è ora di controllare quotidianamente i nostri coni. L’aroma diventerà più intenso, ma se su qualche pianta avvertiamo spunti di aglio, cipolla o formaggiosi, meglio lasciar perdere: abbiamo aspettato troppo. A giusta maturazione la punta dei vari petali pian piano si imbrunirà, e quando comparirà la prima tonalità marrone, la consistenza passerà da soffice a fragile e liscia come fogli di carta velina. Verificandone la presenza all’interno di particelle gialle di luppolina, si potrà procedere a raccoglierli recidendoli uno per uno. Da questo momento in poi, abbiamo al massimo 24 ore di tempo per utilizzarli. Lo sanno bene i birrifici che producono queste birre, i quali richiedono alle aziende agricole specializzate la spedizione immediata del carico, a costo di farla viaggiare nelle ore notturne. Il motivo è semplice: senza essiccazione, l’acqua contenuta al loro interno porterebbe l’infiorescenza a deperire progressivamente, trascinando via olii ed aromi più freschi e delicati. È un fattore critico, dato che in luppoli freschi l’acqua è presente in una percentuale intorno al 75-80%, mentre nei secchi siamo al 10%.
STIME E QUANTITÁ
Questi numeri sono fondamentali per regolarsi con i dosaggi. Per cui se siamo soliti usare una certa ricetta o una certa quantità di luppolo secco in coni, con quello fresco dovremmo moltiplicare quel peso per un numero compreso tra 5 e 7. Dovremmo far salire ulteriormente questo coefficiente se solitamente usiamo luppolo in pellet, dato che esso ha una resa maggiore in termini di amaro, a parità di peso. Per la valutazione degli IBU, dobbiamo alzare bandiera bianca, non fosse altro che per le pochissime ore a disposizione tra raccolta ed utilizzo, che ci portano a scartare qualsiasi ipotesi di una seria analisi chimico-fisica. La soluzione più semplice appare quella di far riferimento al limite inferiore del range di alfa acidi della specifica varietà. Ad ogni modo, meglio circoscrivere la luppolatura amaricante intorno ad una sola gettata, quella classica di inizio bollitura, onde evitare incertezze eccessive sul risultato finale.
MATURAZIONE
Se avvertiremo qualche unità di amaro in più del previsto, quindi, a condizione di aver formulato una ricetta bilanciata, non ci sarà da disperarsi: la vita ridottissima di queste birre porta sia il contributo amaricante che quello aromatico a dissolversi rapidamente, per cui in poco tempo l’eventuale problema si ridurrà in automatico e velocemente (anche troppo). Tra l’altro si tratterà di un contributo, quello dei luppoli freschi, rotondo e poco graffiante, rustico come di erba appena tagliata, di linfa e di fogliame. Potremmo anche lavorare sul dry hopping, nel caso riuscissimo a lasciare qualche giorno in più sulle piante i luppoli meno maturi, oppure concedendoci l’eccezione di congelarne una parte fino al momento del primo travaso. Una volta imbottigliata, però, occhio al calendario: 1-2 settimane e potrebbe essere già il momento migliore per berla al massimo della freschezza, dopodiché potrebbe già cominciare il lento ed inesorabile declino. Se come me a volte lesinate sull’apertura delle bottiglie per goderne nei mesi a venire, stavolta non bisogna porsi freni. Opportunità e fortuna di avere una Harvest Ale fresca di produzione vanno sfruttate ed assaporate a pieni sorsi!
PJ HARVEST ALE
Ricetta per 23 litri
OG 1044 – FG 1011
IBU 35 – ABV 4,4
Pilsner 4,50 kg 94%
Crystal 70 0,15 kg 3%
Carapils 0,15 kg 3%
TARGET 12 AA% 15g 60 min 18 IBU
CENTENNIAL 9 AA% 20g 15 min 8 IBU
CHINOOK 12 AA% 20g 5 min 5 IBU
COLUMBUS 10 AA% 20g 0 min 4 IBU
CHINOOK 12 AA% 20g dry hopping
COLUMBUS 10 AA% 20g dry hopping
Lievito US05
Procedimento
Ammostare a 65°C per 60 minuti, quindi a conversione avvenuta passare a 72°C per 5 minuti. Portare a 78°C ed effettuare lo sparging. Ad ebollizione raggiunta aggiungere i luppoli secondo la successione, quindi far raffreddare ed inoculare. Fermentare a 19°C per 7 giorni, quindi travasare ed inserire i luppoli in dry hopping. Fermentare ancora per 5 giorni a 18°C, quindi a 3-5°C per qualche giorno, travasare nuovamente ed imbottigliare aggiungendo 4 g/l. Da consumarsi circa 15 giorni dopo l’imbottigliamento.