I tre fratelli Herteleer, Kris, Jo e Waard non avrebbero mai immaginato, divertendosi da studenti sbarbatelli a far birre in una pentola nella loro casa di Roeselare, di avere un giorno una propria birreria. Invece all’inizio del 1980 Kris e Jo, con l’aiuto dell’amico Romeo Bostoen, un mugnaio appassionato di birra, cominciarono a fare sul serio con una piccola vasca di fermentazione, sperimentando ricette con caparbietà fino a trovare nella numero 33 quella che avevano nella loro mente e nel loro cuore. La chiamarono Oerbier, cioè “birra primordiale”. La vasca ormai era diventata troppo piccola e, quando si seppe della chiusura della storica birreria Costenoble, fondata dal medico Louis Nevejan nel 1835 a soli 20 km di distanza nel minuscolo villaggio di Esen, i nostri eroi non si fecero scappare la ghiotta occasione. Il 12 luglio 1980 fu firmato il contratto di vendita da Louis Charles Hector Costenoble, la cui ultima cotta venne registrata il 31 luglio 1979.
Per la neonata società a responsabilità limitata fu scelto il nome De Dolle Brouwers (i birrai pazzi), ispirato dal club ciclistico De Dolle Dravers (i trottatori pazzi) cui facevano parte Kris, Jo e i due amici Dirk Coussée e Bernard Verraneman. Dopo il necessario lavoro di adattamento, il 15 novembre 1980 vide luce la prima Oerbier nella birreria che, un anno dopo, passerà interamente alla famiglia Herteleer per la fuoriuscita dalla società del cofondatore Romeo. Da allora è tutto un susseguirsi di successi e apprezzamenti internazionali per le straordinarie birre dal papillon sul collo della bottiglia. Dalle regolari Arabier (antesignana delle birre luppolate) e Dulle Teve (grande interpretazione di una tripel) alle stagionali Boskeun (pasquale) e Stille Nacht (natalizia), fino alle più recenti Stout (la Guinness secondo Kris) e Cosmos Porter (rivisitazione di un’antica ricetta della birreria Costenoble) e le mirabolanti versioni barricate dei loro classici.
Ho tagliato corto con le birre perché volevo dare spazio allo stretto rapporto che instaurai in modo spontaneo e naturale sin dalla mia prima visita, negli anni Ottanta, con questa splendida famiglia capitanata dal carismatico Kris (classe 1955), birraio originale e geniale ma pure pittore, architetto e artista a tutto tondo, arricchita dalla solare ed esuberante moglie Els de Mûelenaere, sposata nel 1996, e dai tre loro vivacissimi figli Balthazar, Boniface e Benjamin (rispettivamente 16, 15 e 12 anni). Senza dimenticare, last but not least, la piccola grande Moes (al secolo Germana Passchyn, nata il 12 settembre 1917), la mamma di Kris, che ogni domenica dopo aver parcheggiato la macchina conduce con cipiglio e fermezza visite guidate in fiammingo e inglese per i numerosissimi visitatori che si lasciano avvolgere dalla magica atmosfera dell’Oerbar 2, il caffè interno aperto solo nei pomeriggi di sabato e domenica. Di leggende e verità che si intersecano nelle vicende della birreria ne abbiamo a bizzeffe: dal perché del nome Dulle Teve (puttana pazza) e del motto “Nat en Straf” (umido e forte), alle etichette della Stille Nacht con scritto 8° (mentre in realtà supera i 12°, ma “ne avevano stampate troppe e dovevano finirle..”), dalla “piccola catastrofe” (come la definiva Kris) relativa alla cessazione dell’approvvigionamento del lievito Rodenbach dopo l’acquisizione (nel novembre del 1999) da parte di Palm della storica birreria di Roeselare, alle cantine che, in tempo di guerra, nascosero delle prostitute, dal carattere scorbutico di Kris che copre di improperi chi osa presentarsi fuori orario a quello ancor più scorbutico della madre che sgrida i ritardatari alle sue visite e che ‘cazzia’ davanti a tutti il figlio perché ha tagliato male un pezzo di patè alla Oerbier. Vorrei concludere invece con qualche aneddoto che devo scegliere tra gli infiniti che ogni visita sa regalarmi.
Ne ho raccontati tanti ma ne ho scelti due, assolutamente inediti, risalenti agli anni Novanta. Una volta entrò un omone gigantesco con enormi baffi a manubrio, vestito in alta uniforme da gendarme con tanto di campanella per attirare l’attenzione. Els e Kris mi chiesero di invitarlo al tavolo e ben presto ingurgitammo una mezza dozzina di Oerbier che lo portarono ad uno stato di “sbornia cattiva” – mi dissero poi che era solito fare un pub crawl terrificante con tappa finale dai De Dolle – tanto che voleva aggredirmi in quanto invasore straniero del Westhoek (l’area delle Fiandre Occidentali che fa capo alle circoscrizioni di Diskmuide, Ieper e Veurne). Stava per colpirmi quando fui salvato dal mio fido zaino appoggiato a terra, i cui lacci fecero inciampare l’energumeno che, stramazzando, travolse tutto e tutti per poi cadere svenuto. Senza fare una piega quattro rubicondi avventori si alzarono e lo portarono via prendendolo per le braccia e per le gambe, per poi tornare a sedersi ai tavoli riordinati e dirmi “niet in het bezit alcohol” (non regge l’alcol).
Un’altra volta venni accolto da Els direttamente sulla porta, sentendomi annunciare la presenza di una pazza del posto che si credeva Santa Rita e che voleva incontrarmi perché italiano e quindi sicuramente cattolico praticante. Vestita di bianco come una sposa cantò arie operistiche e religiose per più di tre ore, intervallate da brevi pause durante le quali mi alitava in faccia un mix di alcol, cipolla e aglio. Ne rimasi colpito, tanto che una notte ebbi un incubo nel quale il mio bidello delle elementari saliva le scale di casa mia con lei in braccio e, quando suonarono alla mia porta… mi svegliai di colpo in un bagno di sudore!
articolo pubblicato su Fermento Birra Magazine