Come realizzare una birra in casa recuperando il lievito di De Dolle
Alone di mistero, forza del mito, costanza produttiva ed iconicità del personaggio, sono solo alcuni dei motivi di quel sussulto che viene quasi spontaneo quando si pronuncia il nome di De Dolle Brouwers, il birrificio fiammingo che risponde alle volontà del leggendario birraio Kris Herteleer. Credo di essere in buona compagnia se penso a quante volte mi sono chiesto cosa ci potesse dietro quel tipico goût, sicuramente imputabile a quel caratteristico impianto in ghisa ed alla qualità dei malti utilizzati e sapientemente dosati. Ma quella vagonata di esteri che vengono fuori in birre come Oerbier, Dulle Teve e Stille Nacht e quella complessità quasi indefinibile provengono certamente dai lieviti utilizzati. Chi ha visitato il birrificio ad Esen ha avuto modo di sbirciare quella stanza adibita a laboratorio, dove il buon Kris opera da anni per propagare quella coltura, che sicuramente negli anni si sarà sempre più rifinita ed adeguata alle ricette delle birre di casa.
Qualche mese fa Vincenzo Follino, homebrewer che di biologia applicata al mondo birra ne sa, ha ripulito una coltura ed isolato un ceppo di lievito, propagandolo ed offrendolo anche a qualche homebrewer in tutta Italia, me compreso. Contemporaneamente ho provato a fare la stessa cosa, consegnando ad un paio di amici ex ricercatori CNR un campione prelevato da un fondo di Arabier. Questa coltura presentava tre ceppi di lievito di morfologia appena differente, e prelevatone uno – quello che presumibilmente appariva il più attivo – lo abbiamo propagato adeguatamente in ambiente sterile, preparando un quantitativo dalla concentrazione sufficiente per i classici 23 litri casalinghi. Ho deciso così di produrre una dubbel, una che potesse lontanamente somigliare alla Oerbier, forse la mia birra De Dolle preferita. Ero convinto che, nonostante la naturale differenza di grist che difficilmente sarei riuscito ad emulare, sarei riuscito ad avvicinarmi a quel prodotto. Non possiedo informazioni così dettagliate per poter affermare che Arabier ed Oerbier vengono fermentate dallo stesso lievito e confidavo, quindi, nel fatto di potercela fare. Cosa che non è avvenuta del tutto – non so se per questo motivo o per altri – perchè la birra, pur con una adeguata e non eccessiva dose di malti speciali (Special B, Cara Munich, Biscuit), malto base Pils e zucchero “cassonade” è molto diversa da una Oerbier. Lasciando perdere la dissonanza sul versante gustativo, è la parte olfattiva quella che mi ha spiazzato. Fermentando nel range 22-23°C, piuttosto usuale per un lievito esuberante di radici belghe, ha sviluppato molti esteri, scoprendo molto la parte fruttata e dando suggestioni di albicocca, percoco, pesca sciroppata, con un filo di alcoli superiori e suggerendo una birra di gradazione alcolica elevata, creando così un gap di aspettative rispetto a come quella birra risultava in bocca. Devo dire di non aver fatto un mash altissimo (67°C e 72°C), non avendo dato quindi la possibilità di sviluppare un corpo ed un sostegno del tutto adatto a questa opulenza di esteri, ma neppure mi aspettavo tutta questa ricchezza in qualche modo sbilanciante. Ho diviso la cotta in due e neppure la versione ottenuta con il lievito fornitomi da Vincenzo è stata in grado di darmi soddisfazioni, evidenziando uguali caratteristiche nonostante la probabile differenza di concentrazione (qui ho fatto uno starter, avendo fatto passare molto tempo dall’arrivo del lievito alla cotta) e forse anche di ceppo. Con il campione di lievito ho ricevuto da lui anche una belgian blond prodotta con questo lievito, che sembrava molto interessante: intrigante la parte aromatica, dai toni fruttati e dalla buona secchezza, che nonostante tutto lascia una buona morbidezza palatale. Troppi segnali che mi hanno portato a concludere che, al di là di mie scelte di grist e mash in quella, questo lievito dalle potenzialità straordinarie potesse avere un senso, non su una dubbel ma magari su una birra più chiara e di alta gradazione. Capisco, quindi, che quella dubbel che avrei imbottigliato di lì a due settimane poteva essere vista come uno step di avvicinamento, un piccolo fallimento che mi avrebbe aperto le porte per una esperienza 2.0 probabilmente più soddisfacente. Decido, quindi, di raccogliere i fondi dal fermentatore durante il travaso pre-imbottigliamento e di programmare l’indomani una nuova cotta, che casualmente sarebbe stata durante un mini corso di homebrewing tenuto a Lecce.
Passo dalla complessità dei malti della dubbel ad una ricetta brutalmente più semplice, aspirando a produrre una birra molto alcolica – e lo “slurry” raccolto dal travaso mi avrebbe sicuramente aiutato – che fosse ispirata ad un altro mostro sacro di birra, ovvero la Stille Nacht. Malto Pale belga di base, zucchero candito bianco ad alleggerire e luppolo nobile per provare a spezzare la trama zuccherina. La paura qui era soltanto una, condivisa in qualche scambio di vedute con Luciano Landolfi di Eastside, ovvero quella che il lievito recuperato dallo slurry potesse cedere sul versante banana matura, scivolando verso aromi che tipicamente lieviti stanchi da fermentazioni laboriose sviluppano nei successivi cicli di fermentazione. Mashing più alto a 68°C – tanto avrei avuto lo zucchero candito per dare bevibilità – e temperatura di fermentazione un filo più bassa sui 21-22°C, con salita a 23°C solo negli ultimi giorni, quando la fermentazione rallenta e la densità sembra essere giunta al valore finale. Birra completamente diversa e – credo di potermi sbilanciare a poco più di 40 giorni di maturazione – molto riuscita! Il tratto distintivo è sempre quello della frutta a polpa gialla con qualche deviazione esotica su kiwi e mango. Lo stesso zucchero candito chiaro avrà ulteriormente enfatizzato queste sensazioni, ma qui per fortuna la base maltata è costruita meglio. Sostiene il grado alcolico, arrivato a 11,7%, e conferisce quella dolce e morbida spinta che giustifica gli esteri. La banana non è matura, pur sentendosi sicuramente anche questo contributo, segno che la temperatura più bassa ha funzionato in modo contenitivo. Forse non solo per il lievito ma anche per il luppolo usato, arriva sulla lingua anche un piacevole pizzicore pepato che spezza il dominio zuccherino. Degno di nota è anche un certo carattere sidroso, di un’acidità leggera ma quanto mai necessaria in questo tripudio glicemico. Per una prossima produzione sarebbe interessante terminare la fermentazione con un passaggio in una botte che ha ospitato un vino rosso o con chips adeguatamente trattati per questo scopo, dove il carattere sidroso potrebbe completarsi con toni caldi ed avvolgenti di un vino complesso.
In conclusione, credo sia un lievito molto adatto a birre di questo tipo, dove la semplicità e la potenza dei malti può esaltare la ricchezza fruttata, a volte fin troppo spinta se lasciata sviluppare con medio-alte temperature. Con attenuazioni apparenti alte (80% nella dubbel, 88% nella belgian golden strong ale) potrebbe anche dire la sua in qualche saison, senza che sia la temperatura elevata la forza scatenante di tanti esteri, qui più facilmente ricavabili. Perchè no… sarebbe da provare!

RICETTA: DE NACHT
(17 litri)
OG 1100 – FG 1012
IBU 33 – ABV 11,7
Belgian Pale 6,00 kg 80%
Zucchero candito chiaro 1,50 kg 20%
Saaz 4 AA% 40g 60 min 21 IBU
Saaz 4 AA% 20g 30 min 8 IBU
Saaz 4 AA% 40g 0 min 4 IBU
Lievito isolato da fondi di De Dolle Arabier
Procedimento
Ammostare a 52°C per circa 15 minuti, salire e fermarsi a 68°C per 45 minuti, quindi a conversione avvenuta portare a 78°C ed effettuare lo sparging. Ad ebollizione raggiunta aggiungere i luppoli secondo la successione, quindi far raffreddare ed inoculare. Fermentare a 22°C per 20 giorni, salire a 23 per 7 giorni, quindi winterizzare a 5°C per 7 giorni. Travasare e imbottigliare aggiungendo 5,5 g/l. Da consumarsi circa 30 giorni dopo l’imbottigliamento.
Come recuperare il lievito dal fondo della bottiglia
Da una o più bottiglie di De Dolle Oerbier lasciare un fondo di lievito. Per cautela si consiglia di sterilizzare il labbro della bottiglia passandolo qualche secondo sotto la fiamma di un accendino. Il lievito deve essere recuperato 3-4 giorni prima della cotta dopo aver operato starter concatenati, sciogliendo ogni volta 1 cucchiaio di estratto secco “Light” per ogni 50 cl di acqua bollita e poi raffreddata, lasciato 24-36 ore a temperatura ambiente e successivamente siringato dallo strato intermedio e nuovamente nutrito.