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Cassissona del Birrificio Italiano

Nella scala B.I. (Birrificio Italiano) Agostino  la metterebbe direttamente al 7° livello, il più alto. Ma di fatto è una “fuori scala” questa Cassissona (e infatti nella B.I. non c’è), una birra speciale in tutto, che deve il suo nome al termine francese (cassis) col quale da quelle parti si identifica il Ribes Nigrum. Che è un  arbusto, coltivato prevalentemente per scopi alimentari, ma famoso soprattutto per essere alla base dell’apprezzata Créme de Cassis, un liquore dallo spiccato sapore di ribes, ottenuto dalla macerazione delle sue bacche in alcool, con l’aggiunta di sciroppo di zucchero. La stessa Créme de Cassis viene poi usata per la preparazione del Kir, un cocktail tipico della zona di Digione. Cocktail conosciutissimo, del quale anche Kuaska fa menzione nella sua scheda gustativa di questa splendida birra del birrifcio lombardo.

Brassata da sempre, si può dire, in quel di Lurago Marinone, e più precisamente dal 1999, con il metodo della decozione, l’aggiunta di sciroppo di cassis e l’impiego di luppoli Hallertauer e Hallertauer Hersbrucker. Agostino Arioli ne ha brassata ultimamente una versione “nuova”, con l’aggiunta di bacche di ribes (mantenendo l’uso dello sciroppo per la sola rifermentazione) e l’impiego di luppoli Nelson Sauvin e Vanguard per la luppolatura finale in caldaia. Inalterato, invece, è rimasto il procedimento del prematuro imbottigliamento, voluto per ricavarne una elevata saturazione di gas, e l’invecchiamento per almeno sei mesi ad una temperatura costante di 6-7 °C.

Lo posso dire con tutta sincerità: per me la Cassissona è uno dei migliori esempi italiani della perizia produttiva dei mastri birrai artigiani. Perché qui la mano di chi la fa si sente davvero: in questa birra c’è tutta la ricerca, la fantasia, la perizia produttiva, la curiosità e la voglia di sperimentare di Agostino. Uno spumante di 6,5 gradi, con tutta la sua decisa, esuberante e sollecita frizzantezza, ricco, completo e complesso. Una vera e propria chicca, raffinata e appagante. Il colore è al limite fra il biondo e l’ambrato albicocca, la schiuma scoppietta abbondantissima nel bicchiere, prodotta da una carbonazione spiccata, che non disturba, ma incuriosisce. Al naso è ricca e complessa, fresca ma anche relativamente muscolosa, con un bell’impatto alcolico, che rivela anche un sottofondo leggermente asprigno e fruttato. In bocca è rotonda, al palato si offre con la sua esplosività e fragranza fruttata, che poi si allarga in una sapiente tessitura maltata, insidiata, sul finale della corsa, da una luppolatura secca e decisa. Perfetta, a mio parere, con dolci alla frutta, con i quali concede il meglio di sé.