Eros e birra: quando la bionda… tira!

bicchiere birra culoParlare di sesso in una rivista dedicata alla birra? No dai, forse non è il caso, poi si rischia di alimentare il solito cliché di settore maschilista, di cadere nell’ambiguo, eccetera, eccetera. D’accordo, ci siamo catechizzati, facciamolo. Magari proprio partendo da quanto, almeno in parte, sarebbe il caso di evitare: i doppi sensi. E qui ce ne sarebbe per tutti i gusti, nel vero senso della parola: per riscaldare la serata preferireste ad esempio una compagna d’ebano dal corpo snello e sinuoso, una rossa calda e avvolgente dai tratti anglosassoni o magari, guardando verso Est, una bionda accattivante? Tradotto: meglio una stout, una bitter ale o una pils ceca? E che avevate capito… Dente tolto, tentiamo per quanto possibile l’approccio a cose più “serie”.

Birra e sesso si diceva, ovvero come il fascino dell’eros, effetti post bevuta a parte, si affianca e si intreccia all’universo brassicolo. Con poca incisività dal lato stilistico e produttivo, nel senso che etichette memorabili ad oggi non se ne contano, ma dal punto di vista mediatico, vuoi anche per un bacino che resta prettamente formato da maschietti, la cosa senza dubbio “tira”. La direzione presa nel tempo, a quanto pare con un certo seguito, è quella delle cosiddette “birre afrodisiache”, o meglio, delle birre che vedono l’aggiunta di ingredienti cui cultura popolare e tradizione (ma anche la scienza in certi casi) riconoscono benefici influssi in termini di appetiti e prestazioni.

trentalanceEclatante in questo senso l’esempio nostrano di Franco Trentalance, che al suo invidiabile palmares di pornoattore – 14 anni di sudata carriera con 450 pellicole e ben 17 riconoscimenti cinematografici guadagnati fra le lenzuola – ha, da fine 2010, aggiunto anche una birra artigianale, “La 30” (dal suo cognome, non siate maliziosi), prodotta dal milanese Birrificio Bauscia. Aromatizzata con damiana, erba dalle conclamate proprietà afrodisiache e stimolanti, la birra è stata pubblicizzata con tanto di video a due – castissimo, giusto sottolinearlo – dal ben augurante “te ne puoi fare quante ne vuoi” finale. E se lo dice lui.

rpyal virilityUn puledro (o stallone?), quello delle birre afrodisiache, cavalcato negli anni da una folta schiera di fantini. È il caso degli scozzesi di BrewDog, una garanzia in quanto a originalità produttiva e visione marketing, che in occasione delle regalissime e sospiratissime nozze (nel senso di sospiro di sollievo finale, non se ne poteva più…) fra il principino William e Kate Middleton, hanno realizzato una birra celebrativa speciale, ma speciale per davvero, fatta pervenire via posta alla Real Dimora: la “Royal Virility Performance”, anche qui con poco spazio d’immaginazione circa le finalità proposte, IPA da 7,5% con aggiunta di cioccolato, rinomato portatore di eccitanti quali teobromina e feniletilamina, Horny Goat Weed (erba che pare favorisca l’attività sessuale) e nientepopodimeno che Viagra, alias mitico pasticcone blu. “Questa birra riguarda l’atto di consumare il matrimonio, non quello di celebrarlo” ha precisato a scanso di equivoci il buon James Watt, titolare del birrificio: che l’augurio “Arise (alzati!) Prince Willly” stampato in etichetta abbia o meno avuto seguito non è dato saperlo, anche se i sorrisoni regalati da Kate nei giorni successivi alle nozze non sembravano di sola circostanza.

Regali vicissitudini che lasci, altri esempi che trovi. Volando oltre Oceano in direzione Princeton, New Jersey, il tormentone afrodisiaco è stato addirittura elevato a rango di categoria nell’ambito di un recente concorso per homebrewers organizzato dall’associazione no profit PALEALES (acronimo di “Princeton And Local Environs Ale and Lager Enjoyment Society”). Numerosissimi i campioni sottoposti a giudizio, si presume semplicemente degustativo: fra gli ingredienti più gettonati è stato il cioccolato a farla da padrone, affiancato da altri stimolanti naturali quali peperoncino, miele e fragole. Evitato almeno in questo caso il ricorso al Viagra, alla faccia del “ti piace vincere facile”.

birra afrodisiacaVolendo, ormai che ci siamo, dare anche un padre al filone erotico-afrodisiaco, occorre far ritorno nel Vecchio Continente, dove c’è chi si è spinto addirittura oltre il semplice rinvigorimento sessuale: Jürgen Hopf, mastro birrario del birrificio bavarese Lang Brau, alcuni anni or sono lanciò sul mercato la sua “Erotik Beer”, un nome un programma, che – almeno così sosteneva – era non solo in grado di rinvigorire gli appetiti sessuali del bevitore di turno, ma addirittura capace di combattere sterilità ed impotenza (con tanto di testimone, donna, “miracolata” nel corso di una Oktoberfest). Da sé il massiccio merchandising di accompagnamento, di fattura tristemente retrò, fatto di bicchieri, cavatappi, magliette, mini frigoriferi e via dicendo. Più recente, ma da prendere con le molle, la notizia che arriva invece da Bakri, in Malesia, dove pare ci sia chi per risvegliare la libido inesorabilmente assopita si sia addirittura preso la briga di ricorrere alla carcasse di lucertola come agente fermentativo. Non le canoniche lucertoline verdi da muretto, ma quei bestioni che la scienza classifica come Varanus salvator, tre metri per 50 kg di peso. Bene, alcuni homebrewers locali si sono non solo cimentati nella produzione con il macabro ingrediente, ma assaggiata la birra (birra??) ne hanno pure decantato presunti benefici renali, energetici e di stimolazione sessuale, scatenando una deplorevole caccia al rettile. Ogni commento è superfluo.

Se il lato produttivo, come abbiamo visto, regala prodotti degni per lo meno di menzione, non sarà sfuggito ai più arguti osservatori anche lo spazio che il binomio birra e sesso ha storicamente trovato nelle etichette. Prodotti spesso improbabili, ammesso che qualcuno si sia mai preso la briga di assaggiarli, roba da collezionisti dal palato neanche troppo fine (un po’ come quei vini con Stalin o Don Camillo, ve li ricordate?), ma vi saranno di certo capitate fra le mani bottiglie con donnine desnude in bella vista – fosse anche quella del buon Jürgen di cui sopra – o, forse ancora peggio, quelle che in una sorta di “gratta e guarda” volatilizzano in un amen gonne e costumini. I nomi? La Golden Girl del belga Brouwerij Huyghe, la Nude Beer dell’americana Eastern Brewing Corporation tanto per citarne alcuni, anche se c’è da dubitare che siano mai stati letti con attenzione. Di sicuro il confine del trash è stato ampiamente superato..

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Articolo tratto da Fermento Birra Magazine n. 3