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Beer tour a Birmingham: i migliori pub della città

In una fase di vivace risveglio dell’interesse per il tema delle real ales (tanto nella madrepatria Gran Bretagna quanto tra gli appassionati in un po’ tutto il resto del mondo), le Midlands inglesi si stanno mettendo in luce come area di possibile destinazione per chi si accinga a pianificare una piacevole vacanza-studio, alla scoperta di quanto quella parte del Regno Unito sappia offrire, in termini di pinte ovviamente! E la proposta si rivela decisamente assortita, tra campagne e realtà urbane più o meno estese. Tra queste ovviamente c’è Burton-upon-Trent, il cui contributo tanto ha portato alla saga delle Ales in tutte le loro ramificazioni; poi le varie Nottingham o Worcester; e ancora, spingendosi a ovest, in odor di confine col Galles, la popolosa Birmingham, che con i suoi 1.160.000 abitanti circa si colloca, sotto le insegne dell’Union Jack, alle spalle della sola Londra, tanto da meritare l’appellativo di second city. Capoluogo conteale delle West Midlands e dotata di canali la cui rete, realizzata a partire dal 1760, supera per ampiezza quella di Venezia, vanta un panorama di pub e microproduttori davvero denso. Meritevole, sicuramente, di trascorrervi una giornata o due, a zonzo per locali. Ebbene, ecco il resoconto di una nostra incursione tra quelli del centro: tutti raccolti entro un raggio interamente a portata di piede.

Il giro inizia al Pure Craft, la tap-room della Purity Brewing Company, di Great Alne (villaggio nella contea del Warwickshire), che tuttavia accoglie ai suoi banconi anche referenze di marchi ospiti. Qui – in un contesto di arredi moderni, tra mattoni, legno e metallo, con la cucina a vista e un sistema di luci calde e discretamente alte, ma non invasive – la sessione d’assaggio si concentra sul listino della casa, consegnando un quartetto di bevute, tutte in calice, tutte in spillatura a pompa e tutte piuttosto in palla. Si parte con la Pure Gold, la Golden Ale da 3.8 gradi di stampo modernista (Pilgrim, Bobek, Golding e Citra i luppoli in pista) che è stata la primissima a uscire dai fermentatori dal birrificio. A ruota, c’è la Jimbo, una Best Bitter da 4 gradi, luppolata con gettate di Emperor, varietà britannica di nuova generazione. Segue poi la Mad Goose, un’American Pale Ale da 4.2 gradi, la cui luppolatura arruola quattro cultivar: Pilgrim, Cascade, Centennial e Chinook. Infine, sul palco sale la Session IPA, battezzata senza nome d’arte e recante solo il proprio riferimento tipologico; una sorsata leggera e felpata (4.5 i gradi, avena in impasto secco), segnata da una luppolatura West Coast, a base di Simcoe, Eureka e Mosaic.

Praticamente al portone di fronte, subito la seconda tappa. Che ha come meta il locale del Post Office Vaults. allestito sotto il livello stradale (vi si accede attraverso una stretta porta e una scala a scendere): uno tra gli indirizzi di riferimento sulla piazza locale, fin dal 2011, anno dell’apertura. L’atmosfera retro (intonaci ocra e panna, quadri, specchi, soffitto basso e un’offerta birraria con ancora tanta classicità, a partire da quella belga) fa da cornice a un’esperienza del tutto peculiare. Nel corso della quale si ha modo di apprezzare – oltre che l’attenzione per i sidri, con una robusta batteria di prodotti tradizionali – lo speciale riguardo verso le real ales e il loro rituale. Al tavolo ne arrivano un paio, entrambe a pompa: la 1st Class Stamp della Kinver Brewery (appunto di Kinver, villaggio nello Staffordshire), una Pale Ale da 4.2 gradi, piacevole e piuttosto orientata in direzione Golden; alla quale fa seguito la Ghost, interessante Porter da 4 gradi firmata dalla Yorkshire Heart Brewery (appunto di York, capoluogo conteale del North Yorkshire) e contraddistinta da una notevole rotondità palatale.

Altra stazione, altre pinte. Due minuti e si arriva nell’ampio salone del The Sun on The Hill. Qui, sotto soffitti assai alti, tra mura a mattoni e pannellature in legno verde, il tutto pervaso da luci vivide, la carta della casa mette a disposizione diverse etichette in mescita a pompa. Tra le quali, ad esempio, una sempreverde come la Proper Job del marchio St Austell, nell’omonima cittadina della Cornovaglia; una risoluta American IPA (sebbene in cask la gradazione, pari al 4.5%, graviti in orbita Session) luppolata a tre voci: Willamette, Cascade, Chinook. E poi la Horizon targata Wadsworth Brewery (a Devizes, nella contea del Wiltshire), una scattante Golden Ale da 4 gradi, decisamente conteporaneista nella sua luppolatura, che arruola varietà quali Fuggles, Styrian Goldings, Cascade, Centennial e Mosaic.

Come le ciliegie, un’insegna tira l’altra. E in men che non si dica (altri due minuti, per la precisione), ci si siede ai tavoli del The Wellington; ovvero quella che rappresenta una vera e propria mecca per il passionista delle real ales: con una linea di spillatura da una ventina di vie, quasi tutte a pompa. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Così, dopo una carrellata e una meditata riflessione (tra arredi vittoriani, carta da parati, legno, soffitti bassi), si scioglie la riserva e partono le ordinazioni. Aprono le danze due etichette della Black Country (a Dudley, nella contea delle West Midlands: per prima la Pig on the wall, elegante Brown Ale da 4.3 gradi; per seconda la Fireside, solida Bitter da 5 gradi. Quindi è il turno di altri produttori: Twisted Barrel (a Coventry, nella contea delle West Midlands), con la Where is my mild, una gradevole Dark Mild da 3.8 gradi, luppolata in stile classico con Golding e Fuggle; e ancora Kinver (di cui abbiamo già parlato), qui rappresentato dalla Witchfider General, una Porter da 5.5 gradi e dal carattere risolutamente torrefatto.

Due passi in più (25 minuti di cammino) li merita poi The Vine Inn. Perché, sebbene nell’occasione l’assortimento delle birre in batteria non sia di quelli da strapparsi via i capelli, all’interno il contesto è unico e irripetibile. Un pub vecchia maniera (pareti a intonaco ocra e pannellature in legno, moquette e biliardo, panchetti e sedili a muro), in cui, a pochi metri l’uno dall’altro, diversi gruppi di persone, in reciproca e assoluta serenità, si dedicano chi a sorseggiare con gli amici, chi a guardare lo sport in tv, chi a lanciarsi in sfrenate danze accompagnate da pezzi folk (lasciamo immaginare al lettore quale, tra le varie compagnie, ci abbia immediatamente adottato nei propri ranghi). Quanto alla bevuta, una pinta diciamo onesta, benché di matrice industriale: la Mitchell’s & Butler Mild (della Molson Coors UK), in mescita a carboazoto.

Infine, stessa somministrazione a carboazoto, per i bicchieri della staffa. Perché all’aeroporto di Birmingham non manca un terminale dell’ampia e capillare catena di locali Wheterspoon. Un bar al cui bancone poter trovare, tra l’altro, la Abbot Ale, affidabile Strong Bitter da 5 gradi, firmata Greene King (a Bury St. Edmunds, nella contea del Suffolk) e caratterizzata da una luppolatura a tre voci (Challenger, First Gold, Fuggle); e la Besse, vigorosa Strong Brown Ale da 5.5 gradi forgiata nelle officine della Thornbridge Brewery (a Bakewell, nella contea del Derbyshire). Così, portando con sé il sapore di Bimingham, si vola a casa con meno dispiacere. In attesa di un futuro nuovo atterraggio nelle Midlands Occidentali.