Baltic Beer Tour: Vilnius, Riga e Tallinn
Per un motivo che ancora non ho ben compreso a pieno, nutro una grande curiosità nei confronti di quei luoghi dell’Europa continentale che si affacciano sul mar Baltico. Sono acque che hanno visto il susseguirsi di popoli, tradizioni e culture, somigliando un po’ (con opportuni distinguo) a quelle del Mediterraneo per concentrazione di storia e diversità. Di questo enorme patrimonio resta molto in termini sia turistici che birrari, ma solo di recente abbiamo scoperto qualcosa in più su quest’ultimo importante aspetto, uno dei fattori chiave che mi spinge a scegliere una destinazione invece che un’altra. Il crescente interesse verso le birre tradizionali scandinave e baltiche è stato il vero fuoco di un viaggio che volevo comunque compiere da anni alla scoperta dei cosiddetti Paesi Baltici, espressione con cui solitamente descriviamo il trittico composto da Lituania, Lettonia ed Estonia. Tre Paesi così apparentemente simili ma molto diversi tra loro, già solo confrontandone le capitali. La scena birraria è molto complessa, non tanto in termini di offerta quanto nella decifrazione di una realtà magmatica. C’è qualche resistenza alla modernità e la volontà di affermare un’identità locale, ma allo stesso tempo l’onda moderna del craft in qualche caso è già andata oltre l’essere semplice novità, colonizzando anche la dove uno zoccolo duro esiste ancora.
Partiamo dalla capitale più meridionale, Vilnius. Sulla carta la Lituania è la metà birrariamente più interessante, se non fosse che i birrifici rurali che producono alcune tra le birre più bizzarre che ci si possa aspettare si trovino attorno alla città di Biržai, a pochissimi chilometri dal confine settentrionale con la Lettonia e ad oltre duecento da Vilnius. Queste birre riescono ad arrivare in città ma non se ne trovano in grande abbondanza, a meno che non ci si rechi in luoghi che fanno dell’offerta di queste produzioni un proprio credo. Uno di questi posti è Šnekutis, un pub tipico che in realtà si sdoppia in ben tre location in punti diversi della città. Alle spine si trovano sia una linea a marchio proprio, sia birre lituane tradizionali. Tra queste la più rappresentativa è la Jovaru Alus, una birra dal colore ambrato chiaro e dalla torbidità elevatissima.
Si tratta di una kaimiškas, una sorta di saison secca ma incredibilmente cremosa caratterizzata da un lievito tutt’altro che neutro, dai tratti fruttati e fenolici e con una voracità e velocità di fermentazione impressionante. È una delle birre simbolo di questo mondo birrario anche per il ruolo della signora Aldona Udriené, attuale birraia e forte sostenitrice della cultura della birra lituana. Passeggiando per il bellissimo centro di Vilnius, denso di chiese di ogni credo cristiano e di edifici medievali in ottimo stato di conservazione, si arriva in un altro posto degno di nota che è il Bambalyne, un beer shop situato in una sorta di cantina al piano inferiore di un locale di un vicoletto centrale. Non ci sono birre alla spina ma tre fornitissime vetrine frigo con birre di tutti i tipi. Qui si palesa la difficoltà del consumatore qualsiasi di distinguere le vere birre tradizionali lituane da quelle proposte dall’industria, apparentemente anche simili in lessico e grafica scarna ma nei fatti decisamente differenti. Aiutandomi con una lista, vado dritto verso quello che voglio bere, ovvero una Varniuku Dvaro. Si tratta di una tamsusis, ovvero una sorta di kaimiškas scura dove tutte le sensazioni rustiche del lievito sono miste a caramello e tostature da cacao amaro, non senza un tollerabile dolcezza da diacetile che non appesantisce la bevuta. Fa strano vedere le bottiglie da mezzo litro considerate come il formato piccolo, visto che per la media si passa direttamente al litro! Dista un po’ dal centro ma merita una visita il locale Alaus Namai. Si tratta di una via di mezzo tra un pub e un club, dove si è sicuri di trovare sempre al bancone un altro must delle birre lituane, la omonima keptinis di Ramūno Čižo: uno stile bizzarro dato che è una scura prodotta da malti chiari che dopo l’ammostamento subiscono il passaggio in un forno invece che semplicemente essere bollite. La birra è strepitosamente nocciolata e tostata e con il servizio alla spina a temperatura ambiente guadagna sfumature impensabilmente profonde ed intense, mantenendo sempre una facilità quasi da brown ale britannica. È una vera chicca da non perdere per i beer hunter più incalliti e passionali. Non si può completare il giro per Vilnius senza passare per il quartiere di Uzupis, un tempo animato da artisti che nel 1997 rivendicarono in maniera provocatoria lo status di repubblica indipendente, ma nei fatti un quartiere moderno e scanzonato. Al centro di una piazzetta c’è lo Špunka, postaccio tutto legno e oscurità, molto verace e semplice ma allo stesso tempo sincero e familiare. La selezione qui è di soli birrifici lituani, pescando tra quelli che cercano di interpretare le birre della tradizione in chiave moderna. Gli attori di questo filone sono Genys, Sakiškių e soprattutto Dundulis, di cui assaggio l’ottima Joudaragio realizzata con grandi quantità di ginepro. Molto utilizzato in birre tradizionali anche nell’area scandinava ma lungi dall’essere ingrediente semplice da utilizzare ed apprezzare, il ginepro si mostra qui in tutta la sua eleganza resinosa senza stufare minimamente.
Per spostarsi tra le capitali baltiche i treni non sono il mezzo consigliato, mentre i bus funzionano ottimamente ed in circa tre ore di bellissimi scorci campestri giungo a Riga, capitale della Lettonia. Netta la differenza rispetto a Vilnius: qui il medioevo è soppiantato da un mosaico di edifici in stile vittoriano, barocchi ed art nouveau. Il nucleo storico si può confondere facilmente con quello di una città tedesca o inglese ed i vicoli nascondono molti locali medievali. Se dal punto di vista artistico e storico c’è un enorme patrimonio, non si può dire la stessa cosa sul fronte birrario. Il passato sovietico ha avuto un’enorme influenza su industria ed artigianato e qui rimane pochissimo della tradizione. Il comunismo in passato aveva il controllo di tutte le attività produttive, imponendo pochi prodotti standardizzati e la birra non era da meno. Si potevano trovare solo birre approvate dal regime e di qualità scarsa e questo lentamente ha provocato l’oblio per le birre tradizionali. Una discreta selezione di birre è possibile trovarla al Folkklubs ala Pagrabs, stupendo locale animato di gente a qualsiasi ora della notte.
La presenza di birre sia moderne che tradizionali è annunciata e presentata alle spine, ma birre come Zolterns e Madonas sono ben lontane da un livello discreto di qualità per via del fortissimo diacetile avvertibile, smascherandosi così per quello che sono, ovvero pallidi tentativi di imitare la tradizione ormai persa. Fatta eccezione per qualche baltic porter rintracciabile qua e là anche in qualche frequentato locale a tema medievale, non è molto semplice imbattersi in questo stile che di suo avrebbe molto da dire. Luogo modernista ma alquanto fornito è sicuramente il Taka, anche se per arrivarci bisogna spostarsi dal centro imboccando il vialone di Brīvības piemineklis dove campeggia il simbolico Monumento alla libertà. Una decina di minuti e si giunge in questa oasi delle craft beer nazionali che inevitabilmente tentano di modernizzare la cultura birraria lettone, ma a ben vedere frutta e luppoli a tutta forza non sono ancora ben padroneggiate della maggior parte dei produttori. A pochi metri sembra trovarsi un’eccezione: il brewpub Labietis è un posto giovane, moderno, bizzarro, all’interno di un atrio con spazio esterno accogliente ed un locale con il birrificio a vista spalmato tra due strette pareti. Alla spina ben venti birre tutte prodotte in pochissimi metri quadrati, con grande attenzione verso la scuola luppolata americana, degnamente interpretata, ma anche con birre che si ispirano alle tradizione ed agli ingredienti locali (ginepro, miele, erbe). L’America ed il modernismo baltico trovano spazio pieno al Beerfox, con dieci spine quasi monotematiche improntate su interpretazioni di IPA: la sensazione qui a Riga è che stia arrivando inesorabile l’onda lunga delle mode birrarie più spinte, essendo ormai il fenomeno ben propagato tra i birrifici scandinavi, polacchi ed estoni.
Ed è proprio a Tallinn che questo si avverte in modo ancora più evidente, considerando che forse siamo già in uno stadio avanzatissimo. I pochi stili birrari tradizionali a stento ancora sopravvivono, ma allo stesso tempo sono nati grandissimi nomi ormai forti commercialmente e noti ovunque. Nella meravigliosa città vecchia medievale di stampo scandinavo, un labirinto di vicoli arroccati su un’altura da cui è quasi possibile vedere Helsinki e la vicina Finlandia, uno dei luoghi più caratteristici è il Porgu. Tipico il portonaccio da cui si accede per scendere poi in un locale interrato buio, tetro, ma affascinante e dal piglio nordico. Questa è uno delle poche birrerie in città dove è possibile bere una koduõlu: tipica birra dell’isola estone di Saarema, dove una manciata di birrifici producono usando lievito da panificazione (dopo l’estinzione dei lieviti storici causa interruzioni della produzione) inoculato in un mosto non bollito e filtrato attraverso rami di ginepro. La birra in questione è la Pihtla Õlu del birrificio Pihtla Õlleköök ed appare in un modo incredibilmente torbido nel bicchiere oltre che con poca carbonazione. Gli aromi variano da una speziatura di pepe al fruttato intenso di banana matura, mentre sorseggiandola si avverte una evidente dolcezza mielata con note di propoli. I tratti distintivi somigliano a quello di alcune birre lituane, con un bel corpo morbido che inaspettatamente porta rapidamente ad una elevata secchezza. Riesco a bere un’altra birra prodotta su Saarema, la Rukkiõlu di Pöide dove la segale è il cereale base e la sua rusticità si unisce a quella del lievito tirando fuori speziature difficilmente descrivibili e che obbligano quasi ad appuntarsi l’isola estone come futura meta di un beer hunting estremo.
La scena dei beer shop in città è in continua evoluzione e la direzione non è certo quella della tradizione: dominano le interpretazioni luppolate e le scure di altissima gradazione. C’è un po’ di tutto al Tap Tap, situato a qualche via dalla suggestiva Porta di Viru che campeggia con le sue nobili torri. Tra le sei vie alla spina con possibilità anche di asporto con growler, si può spaziare dalle geuze alle NEIPA fino alle immancabili scure estoni, le quali si esprimono su livelli veramente alti. Da citare la mostruosa Midsummer Melancholy prodotta da Sori con i russi di AF Brew. Scaffali pieni di gemme da tutto il mondo e camere correttamente refrigerate con vetrina a vista completano i dettagli riguardo a scelta, cura ed attenzione di questo beer shop con mescita. Ed esattamente di fianco c’è anche l’immancabile Brewdog Tallinn, presente ormai in ogni scena hipster che conta. Ripiombando nei vicoli della città vecchia un altro posto, stavolta molto accogliente e familiare, è il Koht. Informale beershop con una mescita di sole due vie, ha piccoli frigoriferi ed un ristretto bancone ma soprattutto un caminetto con poltroncine che fa sentire a casa appena si entra. Selezione splendida di birrifici locali, tra cui la ottima Robust Porter di Sugavik di Kolk e le due fenomenali ed assassine Ravnodenstvie di Lehe e Dekadents di Pühaste, follemente cariche di sapori di caffè e cacao e dai sapori infinitamente persistenti. Impossibile poi non fare un salto a bere da coloro che per primi hanno puntato sul craft in città. Põhjala ha da poco chiuso il suo locale ufficiale Speakeasy per aprire Põhjala Tap Room entro dicembre, appena completerà il trasferimento dal vecchio birrificio del sobborgo di Nõmme fino alla nuova ed esagerata location nei pressi del porto, dove invece al momento domina Uba Ja Humal, beershop con venti vie alla spina, dove in mancanza di pils defaticanti mi concedo una Penumbra di Käbliku, ennesima imperial stout estone. Da qui il Baltico sembra un mare placido ed accogliente, meno oscuro e misterioso di quello che si può pensare, ha unito e visto crescere molti popoli nelle sue terre e le isole bagnate dalle sue acque e questo basta a farne un centro di gravità, anche per le abitudini birrarie vecchie e nuove.