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Automatic for the homebrewer: l’automazione nel processo produttivo casalingo

Una delle immagini più iconizzate, seduttive e romantiche dell’homebrewing è senza dubbio quella del pentolone in bilico sui fornelli della cucina, pieno fino all’orlo dei grani in fase di ammostamento con un termometro a gabbia infilato nel letto di trebbie. Sullo sfondo, un homebrewer fissa malinconico la pentola come fosse lo schermo di un televisore, completamente rapito dall’invisibile azione degli enzimi che trasformano gli amidi in zuccheri. Nella scena reale, l’homebrewer ogni tanto si avvicina alla pentola, dà una mescolata, legge la temperatura sul termometro a gabbia, accende il fornello per qualche minuto, gira l’impasto per stabilizzare la temperatura. Per molti, l’essenza della produzione casalinga di birra si annida nei dettagli del processo produttivo piuttosto che nella bevuta finale. L’homebrewing è manualità, sudore e dedizione totale. O almeno: fino a qualche anno fa è stato così, ma molte cose stanno cambiando. Strumenti e conoscenze per l’automazione degli impianti di produzione casalinga esistono da molti anni, ma negli ultimi tempi abbiamo assistito, e stiamo ancora assistendo, a un’impennata nella diffusione di questi sistemi di controllo. Grazie all’accessibilità delle conoscenze tramite Internet e alla semplicità con cui si possono acquistare i vari componenti online, sempre più produttori casalinghi si stanno affacciando nel poliedrico mondo dell’automazione. 

L’automazione si può applicare a qualsiasi fase del processo di produzione, dalla macinatura dei grani fino all’imbottigliamento, ma i passaggi produttivi che maggiormente sono oggetto di automazione in ambito casalingo sono due: la produzione del mosto, quindi ammostamento e bollitura, e la fermentazione, ovvero la fase in cui il lievito trasforma il mosto in birra. Queste due fasi del processo hanno in comune un aspetto fondamentale che beneficia del controllo automatico: la gestione della temperatura. Nella fase a caldo, gli enzimi (principalmente alfa e beta amilasi) devono lavorare a temperatura costante per convertire gli amidi in zuccheri; nella fase a freddo, il lievito converte gli zuccheri in alcol e altri composti la cui intensità organolettica varia sensibilmente in funzione della temperatura. Sonde e controller più o meno automatici possono aiutare sensibilmente il birraio, che in queste fasi influenza i processi chimico-biologici tramite la gestione della temperatura. Vediamo quali sono i principali sistemi di controllo che si sono affermati sul mercato negli ultimi tempi, tralasciando i termostati più basic, tipo STC-1000 o InkBird, che non sono programmabili (o lo sono molto poco), non gestiscono l’inerzia termica e vengono impiegati principalmente per il controllo della temperatura di fermentazione.

PID
Alla base di tutti gli automatismi dell’ammostamento, il PID è un piccolo controller elettronico in grado di mantenere costante una temperatura pilotando una fonte di calore (e in certi casi anche una di freddo). Tarandolo sul sistema che andremo a utilizzare (in genere lo si tara riempiendo il pentolone di acqua) riesce a mantenere perfettamente costante la temperatura di ammostamento spegnendo e accendendo la fonte di calore a impulsi (nel caso di sistema elettrico) o a piccoli intervalli (nel caso di gas). Se per esempio impostiamo sul PID una temperatura di 67°C, il dispositivo spegnerà la fonte di calore qualche grado prima, in modo che l’inerzia termica porti il sistema fino alla temperatura desiderata. Una volta raggiunta, accenderà la fonte di calore a piccoli intervalli per mantenere costante la temperatura. Le versioni base non sono programmabili (non gestiscono gli step di temperatura). Solitamente non si applica al controllo della fermentazione, perché accensione e spegnimento troppo frequenti rovinerebbero il compressore del frigo. In questo caso è più semplice utilizzare un classico controller STC-1000, anche perché l’inerzia termica è in genere minore e si può regolare variando la potenza interna del frigo.

SmartPID
Come molti altri sistemi di automazione, SmartPID è basato su Arduino e implementa un algoritmo PID. L’ultima versione, chiamata SmartCube, si presenta nella veste di una piccola scatolina grande più o meno come il palmo di una mano, dotata di un display e alcuni pulsanti. Le uscite sono molteplici e permettono di controllare contemporaneamente e in modo del tutto indipendente due sistemi di temperatura, sia in logica PID che semplice ON-OFF. I parametri impostabili sono moltissimi, il che rende questo piccolo controller altamente personalizzabile con relativa semplicità. Si collega facilmente alla rete Wi-Fi di casa, rendendo disponibili le misure online tramite una comoda App, da cui si può impostare una nuova temperatura o applicare programmi di temperatura predefiniti. Il controller è utilizzabile sia per l’ammostamento che per la fermentazione (installando una delle due versione versioni firmware). Nel primo caso si rivelano molto utili gli step di temperatura programmabili e la logica PID; nel secondo, il monitoraggio da remoto e la possibilità di variare la temperatura tramite App può essere molto comodo per chi non ha il fermentatore a portata di mano oppure si trova spesso lontano da casa. Ha il grande vantaggio di arrivare a casa già assemblato nella sua scatola. Gli unici collegamenti da fare sono quelli esterni alle fonti di freddo e calore, piuttosto semplici anche per chi non è esperto di elettronica. 

AxH Therm
Sebbene il nome non sia dei più semplici da ricordare, il progetto AxH Therm si sta rivelando molto interessante (AxH sta per “Automatismi Per Homebrewers”). Si tratta anche in questo caso di un’idea tutta italiana, nata dalle menti di un gruppo di homebrewers appassionati di elettronica. Pur trattandosi di un progetto molto promettente, inizialmente ha trovato spazio solo tra i produttori casalinghi più “nerd”: non si tratta infatti di un prodotto commerciale pre-assemblato, ma di un algoritmo software che va caricato su un apposito modulo acquistabile su internet. A sua volta il processore deve essere montato su una scheda rispettando un preciso schema di connessioni piuttosto complesso per chi non mastica l’elettronica di base. Una volta montato, il controller permette di gestire le temperature di fermentazione anche da remoto, tramite una sonda per la gestione della funzione termostato e altre due per la semplice rilevazione della temperatura. Si può ad esempio posizionare la seconda sonda all’interno del frigorifero per vedere come varia la temperatura del frigo in relazione alla temperatura di controllo rilevata dalla sonda immersa nel mosto tramite un pozzetto inox. Si tratta fondamentalmente di un progetto DIY (Do-It-Yourself), ovvero un algoritmo e un insieme di istruzioni per assemblare il controller. Indubbiamente un progetto valido ma rivolto a un pubblico di nicchia, con un minimo di passione e conoscenza in campo elettronico. 

BrewPi
Un progetto olandese simile concettualmente a AxH Therm, in quanto nasce (prima di AxH Therm in realtà) come un controller DIY da assemblare. BrewPi deve essere collegato (via USB) a un processore Raspberry Pi per inviare i dati in rete. È basato su un software Open Source, il che lo rende interessante per gli appassionati di programmazione. L’interfaccia e gli algoritmi sono pensati soprattutto per gestire le temperature di fermentazione, ma può essere utilizzato per controllare le temperature di mash (anche se la gestione è meno fluida dal punto di vista dell’interazione fisica con il controller). Da un po’ di tempo viene venduto anche preassemblato in un piccolo box con schermo chiamato BrewPi Spark, che dalla sua ha un look&feel molto bello ma deve essere collegato a un processore Raspberry esterno, da acquistare separatamente, per poter inviare i dati online. Costa molto, ragion per cui non è molto diffuso tra gli homebrewers. 

CraftBeer Pi
Nato in Germania da un homebrewer e programmatore, CraftBeer Pi è un altro progetto DIY che si basa su Raspberry Pi. Il software viene reso disponibile gratuitamente purché se ne faccia un utilizzo personale. Va installato su un dispositivo Raspberry Pi e richiede una discreta competenza di elettronica per il cablaggio. Dalla sua ha una grande flessibilità e un’interfaccia grafica piacevole. Trattandosi di un progetto non commerciale non gode di nessun tipo di assistenza, se non la buona volontà di chi l’ha programmato nel garantire aggiornamenti e risoluzione di eventuali bug. Può gestire moltissime configurazioni ed è adatto per controllare sia l’ammostamento che la fermentazione. Diversi plugin sono stati sviluppati per estenderne l’utilizzo a configurazioni particolari. Sono inoltre disponibili in rete schede di espansione che ne semplificano il cablaggio. Progetto indubbiamente interessante, ma lontano dalle logiche commerciali che garantiscono assistenza costante, aggiornamenti e soprattutto configurazioni Plug&Play.

Da questa parziale e breve panoramica è abbastanza chiaro come il mondo dell’automazione dei processi in ambito di produzione casalinga sia potenzialmente infinito. Alla domanda “ma questi sistemi servono per migliorare la qualità della birra prodotta?”, la mia risposta è ni. Direi piuttosto che in certi casi aiutano, ma sicuramente non sono indispensabili. Un’automazione leggera, senza troppi fronzoli da nerd, può aiutare a rendere più fluide le fasi di produzione e meno stressante la giornata di cotta o la gestione della fermentazione. Detto ciò, è chiaro che assemblaggi e configurazioni di controller del tipo DIY sconfinano completamente in un altro hobby, quello dell’elettronica, che appassiona moltissimi homebrewer ma non è alla portata di tutti. In quel caso, a mio avviso, vale la pena lanciarsi nel mondo degli automatismi se si ha quel tipo di passione, altrimenti mestolo e termometro a gabbia rimangono i migliori alleati. Oppure, se proprio non si vuole perdere tempo davanti al pentolone, meglio passare a un sistema di produzione del tutto automatico. Ne esistono diversi, ma questa è un’altra storia.