AI Beers, cambiare la birra chattando su Facebook
Una pinta, grazie. Subito: preferisce una Lager o una AI? Una Ale, vorrà dire… No, proprio una AI. L’immaginario dialogo a un bancone da pub, per introdurre una tra le ultime e più curiose novità in fatto di intrecci tra birra e tecnologia. Perché l’appena citata AI – anzi, per essere precisi, la gamma delle AI Beers, comprendente per adesso quattro etichette – deve il suo nome al termine algoritmo: ovvero un procedimento sistematico di calcolo (piuttosto complesso, nel caso) grazie al quale le valutazioni dei consumatori sulla bevuta appena conclusa vengono tradotte automaticamente in “correzioni di tiro” adottabili in fase di brassaggio.
L’idea di utilizzare l’intelligenza artificiale alla misurazione del consenso è di una start-up londinese chiamata (nomen omen) IntelligentX. In pratica, dopo aver concluso il suo assaggio, ogni utente – mediante un bot di Facebook Messenger – può condividere le proprie opinioni sul prodotto, accedendo al servizio attraverso un codice stampato sull’etichetta delle bottiglie. Si avvia così un’interlocuzione che funziona in questo modo. Il sistema pone domande mirate su propensioni e gusti personali dell’interessato; le risposte diventano feedback che, registrati e opportunamente analizzati, consentono di tracciare le inclinazioni generali sulla base delle quali si procederà a variare le ricette in funzione delle tendenze più significative. Il risultato è che ogni lotto potrà presentare, rispetto a quello precedente, modificazioni, le quali, susseguendosi, dovrebbero rendere il profilo della birra sempre più conforme alle preferenze espresse della maggioranza dei bevitori.
Interessante, ma il gioco di parole cade perché credo sia AI (a.i.) non Al (a.l.). Che sta per Artificial Intelligence.