Stone vende a Sapporo: cronaca di una cessione annunciata
La vendita di Stone Brewing a Sapporo è una delle poche notizie che avrebbe potuto rendere ancora più infuocato questo fine di giugno. Troppo presto per raccogliere le reazioni del mondo brassicolo, a parte ovviamente quelle dei diretti interessati che come sempre prospettano un futuro di rose e fiori, ma di sicuro arriveranno e saranno molto forti.
Stone, e il suo fondatore Greg Koch, sono stati infatti una delle icone della frangia più radicale e aggressiva del mondo craft americano, con logiche di marketing e scelte comunicative che sono state copiate da molti (primo tra tutti Brewdog).
Ma la notizia arriva così a ciel sereno? A ben guardare gli indizi sono stati tanti. Alcune scelte, come quella di sbarcare in Europa, non hanno dato i frutti sperati portando a una situazione economica sempre più difficile, tanto che durante il processo contro Molson Coors il birrificio ha evidenziato un debito di 464 milioni di dollari verso il fondo di investimento VMG/Hillhouse, il maggiore investitore (anche in questo caso l’affidarsi ad un fondo di investimento si è rivelato essere “l’anticamera della morte”).
I più attenti ricorderanno anche l’assunzione come amministratore delegato di Maria Stripp (settembre 2020) manager che proveniva da Lagunitas e precedentemente in forze a Miller, una mossa che conferma i timori sollevati all’epoca.
Per Sapporo, che nel 2017 aveva già comprato lo storico birrificio Anchor di San Francisco, si tratta di una acquisizione importantissima che vede allungare la sua sfera di influenza negli USA, anche se ci sarà da valutare l’impatto che avrà sui consumatori. La cifra? 168 milioni di dollari. Dall’operazione è esclusa Stone Distributing Co. che rimarrà in mano alla proprietà attuale e continuerà le operazioni in autonomia.