AbbinamentiBirra in tavola

Riso, patate e cozze incontrano la Rasputin di De Molen

riso patata e cozzeParliamo di un piatto diventato patrimonio della grandissima scuola culinaria pugliese. E che un barese non ci senta. “Riso, patate e cozze”, reperibile nelle cucine di una provincia allargata che va da Foggia fino a Brindisi, è qualcosa più di una semplice preparazione. Questa visione Bari-centrica cozza (è proprio il caso di dirlo…) con le probabili origini del piatto, estese in realtà a tutto il bacino del Mediterraneo come dimostra l’assonanza del nome (potreste sentirlo chiamare “Tiella”) con la Paella iberica. Ma tant’è, a Bari Vecchia è il Genius Loci del focolare domestico, l’identità familiare fatta di segreti tramandati da nonna a nipote. Esiste dunque un canovaccio, più che una ricetta, nel quale piccoli trucchi e variazioni rendono unica, irripetibile, e naturalmente migliore di quella della porta accanto ogni “Tiella”. Esemplificativa in questo senso, e molto divertente, è la visione dello spot girato per l’AMGAS barese da Alessandro Piva, il regista di LaCapaGira (altro consiglio!), dedicato proprio a questo piatto.

La preparazione, nella sua semplicità, è abbastanza complessa e soprattutto impegnativa. Si tratta, da subito, di ripulire, grattandole con cura e sciacquandole ripetutamente, le cozze (evitate mitili giganti spagnoli o, ancora peggio, le ipertrofiche neozelandesi). Apritele a crudo con un coltellino e conservatene il liquido interno, senza commettere l’errore di aiutare l’apertura con il calore di una padella! Il frutto deve essere crudo prima di entrare in forno e, magari, anche vivo. A questo punto nella famosa “Tiella” (una teglia da forno in acciaio dai bordi alti) procedete coprendo ogni strato di un trito di prezzemolo
fresco e aglio, abbondante olio pugliese e pecorino grattugiato.

Cominciate dalle patate, affettate sottilmente (tre millimetri) e poca cipolla. Poi il riso: non usate un riso nobile, Arborio o Vialone nano che sia, e non cercate di ottenere un chicco perfettamente al dente con un tremendo parboiled. Scegliete una semplice varietà da minestra. Insieme al riso aggiungete le cozze, poi altre patate, ancora riso e un ultimo strato di cozze con il mezzo guscio per terminare (abbiate l’accortezza di adagiarle con il guscio verso l’alto, in modo da mantenere il mitile cotto ma non secco). Non salate ma aggiungete il già salato liquido interno delle cozze, che avrete filtrato, e ricoprite il tutto di acqua. Un passaggio in forno a 180 gradi per quarantacinque minuti con una veloce grigliata finale saranno sufficienti per la cottura della Tiella, che dà il meglio di sé anche servita tiepida dopo qualche ora, o addirittura a pranzo il giorno successivo.

rasputinLe caratteristiche gustative di questo piatto sono senz’altro la succulenza, la dolcezza dei carboidrati di patate e riso e il grasso, dato dall’abbondante uso di olio e pecorino. Serve dunque una birra con una grande alcolicità percepita, unita ad un amaro importante dato sia dal luppolo che dalle tostature. Amari diversi: vegetale, persistente e quasi “verticale” il primo, torrefatto e cioccolatoso, più veloce e “orizzontale” il secondo. Cosa insomma meglio di una – quasi dimenticata in cantina – bottiglia di Rasputin, una delle poche birre della lista enciclopedica di De Molen ripetuta sempre con successo: una Imperial Russian Stout con tutti gli attributi in mostra e al posto giusto. Aspetto imponente, impenetrabilmente nero ma nel quale si avverte una leggera sfumatura rubino sotto la schiuma fine color cappuccino. “Pesante” nel bicchiere (consiglio un ballon), al naso è un’esplosione di tostature rudi ma allo stesso tempo nobili, con un fondo di petrolio salmastro. E poi Blue Mountain, fave di criollo, amarene sotto spirito. Ma è sul palato che l’alcolicità riscalda lingua ed esofago con un pericoloso “warming” e gli amari si rincorrono continuamente nella lunghissima persistenza. Solo in un secondo tempo, e alla fine della Tiella e della grande bottiglia, pensiamo alla biografia di Grigorij Efimovič Rasputin, monaco sciamano, approdato alla corte dello Zar Nicola II. Nicola, come il santo patrono della Santa Madre Russia, come il Santo patrono di Bari Vecchia. E tutto si collega.

Articolo tratto da Fermento Birra Magazine n. 5