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Old Ale e Barleywine: differenze cercasi

Brutte notizie per quella platea birraria più o meno incline al bisogno di fissare perimetri, anche se mossa dal comprensibile bisogno di mettere ordine al mare magnum delle produzioni. Pare che sul fronte dei Barleywine sia necessario alzare bandiera bianca. Un loro “disciplinare” è molto difficile da tracciare; a stento tale designazione può essere elevata allo status di vera e propria tipologia (anzi, secondo uno storico di robusta reputazione come Martyn Cornell, proprio non si può); e, in ogni caso, di lana caprina – stando sul pratico – appare la quaestio della differenziazione rispetto alle Old Ales.

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Ma andiamo per gradi. Riguardo ai Barleywine in sé e al loro identikit, l’ultima versione delle Bjcp Style Guidelines, riporta indicazioni anagrafico-fiosionomiche di questo tenore: colore in unità Srm, da 8 a 22; livello d’amaro in Ibu, da 35 a 70; contenuto alcolico, dall’8 al 13%. Insomma, un recinto a maglie parecchio larghe, tanto che, fra gli esempi commerciali del genere, coabitano birre come la Golden Pride di Fuller’s e la Old Tom di Robinsons. Quanto al grado di parentela e di, eventuale, separazione nei confronti delle Old Ales, occorre spostare lo sguardo un po’ più indietro rispetto al presente; ravvolgere il nastro della storia e, riprendendo gli studi di alcuni autori, andare fino all’ultimo quarto del XIX secolo, quando – ancora a quel punto – le due diciture erano di là dal ricevere investiture di significato riferite a un profilo di stile in senso proprio.

Old-Tom-AleOccorre infatti ricordare che nel corso dell’Ottocento in Gran Bretagna, con il termine Ale si indicava una birra non caratterizzata dal luppolo, distinta dalla tipologia specularmente opposta, dove invece il fiore era protagonista, indicata come Beer. In questi decenni, le Ales, se consumate giovani, vengono vendute e acquistate come Mild; quando invece bevute dopo una maturazione più o meno lunga (il che è plausibile nel caso di prodotti più robusti in gradazione), le si qualifica come Old. E l’espressione Barleywine?  Attorno alla fase centrale della seconda metà del secolo, inizia ad affermarsi – frutto probabilmente dell’intuizione di chissà quale personaggio destinato a rimanere ignoto – l’uso di Barleywine come sinonimo di birra molto forte. In particolare, uno dei primi documenti ad attestare tale tendenza è un articolo del British Medical Journal del gennaio 1870, nel quale – riportando i risultati delle analisi su alcune Mild e Old Ales (peraltro: tra le une e le altre c’è un divario statistico, a favore delle seconde, riguardante alcol, acidità ed estratto; ma non mancano eccezioni e sovrapposizioni) – si associa il termine Barleywine a un’etichetta della Bass Brewery di Burton Upon Trent, la Bass No 1: un’etichetta normalmente inserita (e anche nel testo del British Medical Journal è così) tra le Old Ales; ma che possiamo considerare la capostipite della genealogia da cui discendono i Barleywine oggi considerati tali. Una capostipite involontaria, visto che inizialmente viene confezionata semplicemente come Strong Ale, ma il nuovo battesimo piace e il produttore lo adotta ufficialmente (già ai primissimi del Novecento). Diversi altri produttori di Burton lo seguono, assieme al pubblico londinese, ratificando l’identificazione tra questa denominazione tipologica e quella (precorritrice) di Old Ale. In questo momento storico Barlewine coincide specificamente con le Burton Ale: dolci, warming, futtate e – aspetto peculiare – scure.

Golden PrideLe cose, poi, prendono la direzione che porta alla situazione odierna nel 1952: è allora che un’altra brewery di grande prestigio storico, la Tennant Brothers di Sheffield’s, lancia come suo Barleywine, la Gold Label; una birra, in effetti (il nome non mentiva), decisamente più chiara rispetto alla media percepita della tipologia: e destinata a inaugurare un filone animato in seguito da diverse ulteriori interpretazioni sintonizzate su quelle lunghezze d’onda organolettiche.

Per chiudere, è chiaro che a un’espressione così pregnante ed evocativa come Vino d’orzo non rinunceremo mai: neppure se ci convincessero inoppugnabilmente che quel nome d’arte non ha alcun senso. Ma almeno in teoria, un’ipotesi di diversa classificazione – rispetto all’attuale coppia Barleywine e Old Ales – possiamo prenderla in considerazione. Il già citato Cornell suggerisce una terna stilistica: Burton Strong Ales (ad esempio la Fuller’s 1845); Dark Strong Ales (come la Robinsons Old Tom); Pale Strong Ales (come Fuller’s Golden Pride).