A tavola con la birra: coniglio alla cacciatora e belgian ales
Tra le portate della domenica per eccellenza, il coniglio alla cacciatora porta con sé un sapore di festa e un tripudio gustativo costruito su solide radici tradizionali, tra le quali spicca la peculiare tecnica di preparazione, imperniata sulla cottura con olio d’oliva di erbe aromatiche (cipolla, sedano, carote, prezzemolo, rosmarino, basilico, salvia, alloro, aglio), pomodori e bocconi di carne.
Molteplici, come sempre, le varianti possibili. Una ricetta classica prevede che il coniglio – spezzettato, come detto – venga fatto rosolare con ortaggi e aromi, poi irrorato con pomodori e vino, prima di ultimare il lavoro con un riscaldamento oculato, a tegame coperto. Ne risulta un secondo piatto verace dalla decisa intensità sensoriale, con un palato importante per consistenza proteica e (sebbene in misura decisamente minore) per apporti grassi; un’incisiva sapidità; un sostrato di dolceacidulità (le cipolle, le benedette cipolle…) che conferiscono al morso esuberanza e insieme equilibrio; un ampio e durevole patrimonio di profumi campestri.
Quanto appagamento in tanta semplicità di materie prime; quanto mestiere necessario, per sublimare un buon appetito in un piccolo capolavoro. Al quale, per restare impresso nella memoria, non resta che affiancare un degno bicchiere: in questo caso di birra, chiaramente. E allora il nostro abbinamento richiede una premessa: volendo essere intransigentemente coerenti, potremmo sostituire al vino, già anche come strumento di sfumatura, appunto una birra. Comunque sia (la compresenza di Bacco e Cerere, in questo caso, non sarebbe comunque conflittuale), il punto cruciale è trovare una pinta che si addica ad annaffiare la nostra pietanza.
Allora, ricapitoliamo: concentrazione gustolfattiva, fibra carnea, toni saporiti, ma anche morbidi e garbatamente aciduli, tanto respiro aromatico. Tre – fra altri, certo – i campi stilistici senza dubbio da esplorare: Flemish Red (aspre e abboccate), Saison (effervescenti, incisive, aromatiche), Tripel e Belgian Golden Strong Ales (entrambe con requisiti simili alle Saison, con meno affilatezza, minori effluvi profumati, ma più alcol). Partendo da queste ultime, potremmo andare su una Stoner del birrificio toscano Bruton o la Grand Cru del birrificio Almond ’22; mentre fra le Tripel, come astenerci dal menzionare la capostipite moderna della categoria (9.5%) prodotta dall’abbazia di Westmalle? Quale rappresentante delle Saison, proponiamo la sempiterna Migdal Bavel, collaboration by Extraomnes e Stillwater (6.7%); mentre in salsa Vlaams Rood, per non citare le immancabili (Rodenbach in primis), voliamo in America, con la Oude Tart della Californiana The Bruery.