Nuove aperture in Italia: Gobbo, Biboz, Borbonico, Radici e Flegreo
In crescita ininterrotta, anche nel passaggio dal 2015 al 2016, la schiera dei marchi birrari italiani presenta – nella nostra vetrina periodica sui nomi di recente censimento – nuove beer firm (attività non proprietarie d’impianto) e nuovi birrifici.
Partiamo da questi ultimi con la bussola puntata verso le Marche: dove, in una scena artigianale da tempo vivace, a Camerano (Ancora) troviamo le insegne de Il Gobbo, in riferimento – è evidente a quello di Notre Dame. La sala cottura sforma infatti al momento cinque referenze eloquenti nel dichiarare la loro ispirazione letteraria: la Belgian Pale Ale Quasimodo (5.5 gradi), la Belgian Strong Dark Ale Clopin (8.5), la Weizen Lady De Burne (6), la Apa Esmeralda (5.5), la Am Ipa Madellaine (6.5).
Restiamo nella stessa regione, ma passiamo invece alle client brewery: sempre lungo la riviera adriatica, un’ottantina di chilometri a nord, a Cattolica (Pesaro e Urbino) campeggia da qualche mese la suggestiva immagine di Radici, simbolo di una gamma costituita attualmente da due etichette: la Chiara (Blond Ale da 4.8 gradi) e la Ambrata (American Pale Ale da 6.5 gradi).
Scendiamo adesso a sud e scavalchiamo l’Appennino, per entrare nel territorio laziale, raggiungendo anzi la capitale: Roma – tra le mete indiscusse del turismo brassicolo mondiale – accoglie l’iniziativa di Biboz, il cui nickname è frutto della somma tra la voce latina Bibo (ossia Bevo) e una zeta finale apposta per ragioni evocativo-onomatopeiche, volendo ricordare il carattere frizzante della birra (e forse anche lo sprizzo sonoro di quando se ne stappa una bottiglia. Tre i prodotti adesso in catalogo: la Alma (Summer Ale da 5.2 gradi con Magnum, East Kent Golding e Citra), la Maia (Pacific Amber Ale da 5,5 gradi, con Magnum, East Kent Golding e Galaxy), la Opi (British Brown Ale da 5,8 gradi con soli Magnum e East Kent Golding).
Ancora più a Meridione, sbarchiamo come ultima tappa in Campania: a Saviano (provincia di Napoli) troviamo il Borbonico, giovane realtà essa stessa appartenente al ramo dei marchi non (ancora) proprietari d’impianto, che è sul mercato, ora come ora, con due referenze: la Strong (una Amber Ale) e la Chiara (un’American Pale Ale, che punta coerentemente sul ventaglio aromatico dei toni erbacei e agrumati).
Infine, a Napoli stessa (con pub di somministrazione nel quartiere Bagnoli), ecco il Flegreo, il cui logo fa da targa a tre prodotti, la cui tipicità sta nel fare riferimento ad aspetti o personaggi della storia e del costume partenopeo: così abbiamo la Weizen da 5,4 gradi battezzata Waiassen (esplicito il richiamo al termine vaiassa); la Strong Scottish Ale Kumata, da 6,5 gradi; e infine la Dieci (numero che calcisticamente ha trovato in Maradona uno dei suoi interpreti per antonomasia), una Golden Ale da 4,5 gradi. L’impianto è pronto, in attesa di accendere i motori; nel frattempo ci si appoggia al Birrificio del Vesuvio e in cantiere ci sono già una American Ipa e una Stout.