News dall’Inghilterra: Fourpure vende a Lion, continua la crisi dei pub
Fourpure è acquistata da Lion. Ad inizio giugno il birrificio londinese Fourpure è stato acquistato dall’australiana Lion, una compagnia operante nel food and beverage e a sua volta posseduta da Kirin. Il gruppo giapponese negli ultimi anni è stato molto attivo sul mercato (nel 2016 ha comprato il 24.6% delle quote di Brooklyn Brewery) e mira ad aumentare le esportazioni di entrambi i brand coinvolti, soprattutto in Nuova Zelanda.
UK: i grandi produttori globali non potranno più entrare nel SIBA. L’organizzazione che riunisce i produttori nazionali indipendenti, ha formalmente presentato le modifiche al suo statuto rendendo di fatto impossibile ai grandi attori internazionali di entrare a fare parte dell’associazione. Il nuovo regolamente prevede un sistema a livelli individuato secondo precisi canoni. Gli appartenenti al 6° livello sono i produttori più grandi, che comunque non devono sorpassare il tetto dell’1% dell’intera produzione nazionale. Le domande per chi rientra in questa categoria sono vagliate attentamente caso per caso e, una volta accettata la candidatura, il costo annuo risulterà decisamente più altro rispetto agli altri iscritti, mentre il voto in consiglio varrà uguale. Una mossa decisamente protezionista verso i propri iscritti che non stupisce alla luce delle recenti acquisizioni da parte dei grandi gruppi avvenute recentemente nel Regno Unito.
In Inghilterra nell’ultimo anno hanno chiuso circa 25 pub a settimana. Non si arresta il trend negativo che da anni affligge una delle istituzioni brassicole più caratteristiche della cultura inglese. Da più di un decennio infatti le chiusure dei pub sono tantissime e, purtroppo non sembrano fermarsi. Le cause sono spesso individuate in due fattori strutturali: il complicato rapporto tra tenutari e affittuari dei pub e l’elevato costo in termini di tasse che grava sul prodotto inglese. Per comprendere a fondo il panorama del Regno Unito è necessario tenere a mente che circa la metà dei 49000 pub esistenti sono proprietà di grandi gruppi (il più grande Enterprise Inn ne possiede addirittura 4800, mentre Heineken dopo l’acquisizione di Punch Taverns dell’anno scorso ne ha 2900). Questi grandi gruppi, detti Pub Companies, possono gestire direttamente i loro pub assumendo un manager, oppure affittare le strutture ad altre persone. Fino a qualche tempo fa il rapporto tra le grandi catene e gli “affittuari” comprendeva molto spesso un vincolo relativo all’acquisto delle birre (e spesso anche di altri prodotti) che, di fatto legava a doppio filo locatore e locatario (questo sistema è detto delle tied house). Con l’entrata in vigore del Pub Code nel 2016 (valido in Inghilterra e in Galles) la situazione è decisamente cambiata. L’obiettivo della disposizione era migliorare il rapporto tra le grandi catene e gli affittuari: tra le maggiori innovazioni vi è infatti l’obbligo di poter affittare il locale senza dovere acquistare i prodotti ad un prezzo di mercato. I sostenitori dei pub indipendenti sostengono che la maggiore libertà di manovra sia una risorsa importante per adattarsi ai mutamenti del mercato e alle nuove esigenze dei consumatori. Purtroppo però a due anni dall’approvazione del Pub Code il sistema sembra non funzionare molto bene e sono in tanti a chiedere un effettivo rapporto circa la sua funzionalità. Le maggiori criticità consistono in tempi molto lunghi nell’individuazione del prezzo dell’affitto e nella gestione tra affittuari e grandi catene che, spesso sono accusate di ostruzionismo. In alcuni casi le grandi catene hanno venduto alcuni locali in loro possesso, soprattutto quelli in zone residenziali, al fine di trasformarle in appartamenti o altre riqualificazioni più redditizie. Un’altra causa delle continue chiusure è la pesante, a detta dei detrattori, tassazione vigente sulla birra che si traduce in costi alti per i consumatori. Ovviamente quello delle tasse è un aspetto che raramente desta consensi e spesso in Inghilterra, compresi gli ultimi anni, ci si è messo mano. Da segnare come in tutto questo il consumo medio di birra sia in calo, soprattutto tra i più giovani che sempre più spesso prediligono altre bevande. La tematica relativa ai pub e alla loro importanza è molto sentita tanto che sono già in atto alcune iniziative, come Long Live The Local, organizzata da British Beer Alliance, che esorta i cittadini a rivolgersi al proprio parlamentare di riferimento per chiedere un abbassamento delle tasse relative alla birra. In questo senso anche il sindaco di Londra (dove chiude un pub a settimana) si è dimostrato molto attivo istituendo appositi uffici per fare fronte al problema. Ricordiamo come sia anche possibile iscrivere i pub in una lista di luoghi di interesse, soprattutto quelli più antichi: se la candidatura viene approvata si ha accesso a specifici sgravi. Non mancano poi le azioni “di cuore”, come la raccolta fondi di una comunità dello Harfordshire con l’obiettivo di rilevare all’asta il Bel Inn Pub di Yarpole, unico pub nel raggio di svariate miglia!