Miti da sfatare: la Stout fa allegria, ma non latte
Fra tanti luoghi comuni ostili alla birra che, da qualche anno, sono in corso di smantellamento, per amore di onestà occorre ricordare anche di un mito invece favorevole, alla nostra bevanda, ma altrettanto meritevole di essere sfatato. Parliamo dell’adagio secondo il quale “la Stout fa latte”, intendendo con ciò la capacità della più classica tra le scure del repertorio anglosassone di incentivare la “montata” nel petto delle gestanti.
Ebbene, molto probabilmente, non è così: farsi un paio di bicchieri in più non arricchirà la poppata del neonato; o quantomeno, non esistono studi specifici in grado di stabilire, al contrario, quella sorta di rapporto di proporzionalità – tra pinta e turgidità dei seni – affermato dal detto popolare. Anzi, parlando di alcool in senso generale, pare che la sua assunzione in realtà ostacoli e riduca il rilascio del prezioso nettare materno; mentre, tornando allo specifico della birra, sembrano esserci prove, peraltro limitate, circa la correlazione tra l’assunzione d’orzo e la secrezione dell’ormone della prolattina, coinvolto nella produzione lattea femminile. Ma anche a fronte di ciò, nessuna indagine analisi ulteriore ha risolto l’interrogativo (ovvio) che ne segue; ovvero: seppure il malto svolga un’azione positiva, come e quanto essa è contrappesata dagli effetti opposti del contenuto etilico? Alle future ricerche il compito di sciogliere il nodo e di dirimere (forse) una volta per tutte la diatriba tra fautrici e nemiche del “goccetto”.