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La birra non ama viaggiare (e la Guinness non fa eccezione)

C’è un modo di dire abbastanza diffuso in Irlanda che riguarda uno dei capisaldi nazionali, la birra, e più nello specifico, la Guinness, la “madre” di tutte le birre irlandesi. Questo modo di dire recita (suppergiù) così: “la Guinness migliore è per i dipendenti, quella un po’ meno buona è per il Popolo d’Irlanda, la peggiore è per l’esportazione”. Non sarà proprio così fino in fondo, ma ora è  “scientificamente” certo che la Guinness che viene bevuta al di fuori dei confini Irlandesi non è certo la Guinness più in forma che si possa trovare. L’autorevole rivista Journal of Food Science ha infatti recentemente pubblicato uno studio redatto dall’Institute of Food Technologists, associazione internazionale senza scopo di lucro con sede a Chicago, che di fatto certifica che la Guinness non “regge bene il viaggio”.

 

Quattro ricercatori, provenienti da quattro paesi diversi (Irlanda, Inghilterra, Paesi Bassi, Germania), hanno girato il mondo per 12 mesi, muniti di strumenti scientifici di valutazione e misurazione, sottoponendo la bevanda-culto irlandese alla valutazione degli avventori dei diversi paesi visitati, per un totale di 103 degustazioni (42 in Irlanda, 61 altrove) in 71 pubs di 33 città in 14 paesi. La media di gradimento registrata in Irlanda è stata di 74 su di un massimo di 100, mentre nel resto del mondo, la media di gradimento è scesa a 57 su 100. Anche ammettendo l’importanza dei fattori ambientali (bere la Guinness a Dublino, nel pub della fabbrica-madre non può che essere il top) che possono condizionare il giudizio dei singoli, i ricercatori sono arrivati alla conclusione che comunque alcuni difetti (o decadimenti nella qualità) riscontrati nelle varie pinte di Guinness in giro per il mondo sono la dimostrazione evidente che la birra, quando viaggia, cambia. Il che è una cosa ovvia: bere la birra nel pub accanto alla fabbrica del produttore è sempre meglio che berla da altre parti, e questo vale non solo per la Guinness, ma per tutte le altre birre.

 

Un altro caso (di questi tempi sempre più frequenti) di ricercatori che hanno speso soldi, tempo e risorse solo per scoprire e certificare l’ovvio?

5 Commenti

  1. Ma non si dice che la birra industriale in quanto pastorizzata e filtrata è sempre uguale? Se l’Heineken la bevo a Roma o a NY è diversa? Forse la Guinness è più fragile e per questo migliore?

  2. La Guinness quando viaggia cambia sul serio! Ho vissuto a Dublino per 1 anno e non mi facevo mai mancavare la Guinness… la regola era 1 pinta al giorno leva il medico di torno. Tornato in Italia non sono però riuscito a berla… diciamo ad apprezzarla come quelle bevute in Irlanda … non è che ho rinunciato a berle per sempre :-)

  3. verissimo, però nella differenza tra una pinta bevuta in Irlanda e una bevuta in Italia consideriamo anche il fattore spillatura, pessimo nella maggioranza dei nostri pub, e poi la temperatura di servizio, da noi quasi sempre più bassa e ancora il tempo di permanenza di un fusto attaccato alla spina, da noi molto più alto con ricadute sulla qualità… insomma di spiegazioni ce ne sono che giustificano le differenze qualitative anche al di là della birra stessa.. ah, mettiamoci anche il fattore emotivo per il fatto che ce la beviamo nel paese natio..

  4. Mi piacerebbe vedere i presupposti scentifici alla base della ricerca: cosa significa intervistare gli avventori dei pub? Mica hanno intervistato solo gente che l’ha bevuta a Dublino e poi all’estero (e se l’hanno fatto tanto di cappello!) Il fattore soggettivo è troppo preponderante! Mi fido di più dell’esperienza diretta di Andrea (anche se c’è da mettere in conto l’autosuggestione). Per non parlare poi del fatto che personalmente la guiness non la prediligo, a volte la bevo e mi aggrada, altre volte non la sopporto (e parlo dalle stesse lattine, quelle con la pastiglia dentro).