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Fare la birra con gli estratti di malto

Gli estratti di malto sono il miglior compromesso tra praticità e libertà creativa, permettendo di iniziare a giocare e comprendere i mix e le diverse proprietà organolettiche delle materie prime di base. Con un’attrezzatura limitata rispetto a quella di una produzione all grain si riesce a realizzare quasi completamente qualsiasi tipo di birra in tempo e spazio ridotti. I detrattori degli estratti solitamente descrivono questa tecnica come troppo semplicistica, limitata rispetto alla tecnica all grain sia per il bouquet di profumi che si possono ottenere – a causa dell’utilizzo di estratti che hanno un aroma caratteristico – sia per il colore – spesso troppo scuro per poter produrre particolari tipi di birre chiare come pils e helles. Le considerano in poche parole birre inferiori. Ebbene, sfatiamo questo falso mito.

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In svariati concorsi infatti le birre da estratto + grani speciali hanno letteralmente stracciato (!) le più quotate produzioni all grain. Un dato: nelle competizioni nazionali almeno un 10% delle birre che si piazzano sul podio sono da estratto, con alcune belle sorprese come la vittoria del 2003 di U-Brewery con un’eccellente bitter. Un “estrattista” su dieci non è un caso, ma un’evidenza. Il problema non risiede insomma nella bassa qualità dei prodotti, ma piuttosto nella minore possibilità di spaziare fra gli stili utilizzando dei semilavorati già pronti, avendo gli estratti un bouquet più limitato e “preconfezionato”. Motivo per cui, al tempo stesso, non è del tutto veritiero affermare che tale procedura semplifica il processo produttivo, dato che il limitato numero di miscele disponibili rende difficile il compito di bilanciare e dare carattere alla birra. Tutte le fasi successive, dalla bollitura del mosto in poi, sono inoltre identiche alle produzioni all grain, per cui le attenzioni devono essere prestate con la medesima cura. Ma quali sono allora le chiavi vincenti di una produzione da estratti di malto? Come già anticipato, alcune tipologie di birra si adattano meglio di altre a questa tecnica. Sono ad esempio da escludere le birre che puntano sugli aromi del malto, su caratteristiche quali freschezza e pulizia, e ancora su colori paglierini. Meglio puntare su birre improntate sul luppolo (bitter, IPA e APA) o birre scure (porter o stout). Particolarmente adatte sono anche le birre potenti come le ‘Imperial’ o i ‘Barley Wine’ dove i mosti, altamente concentrati durante la bollitura, si scuriscono grazie alle reazioni di Maillard, formando aromi caramellati che molto assomigliano a quelli che ritroviamo negli estratti di malto.

È infine noto come i lieviti liquidi caratterizzano con aromi più marcati i mosti nei quali vengono inoculati: è quindi consigliabile, anzi preferibile per le birre con estratti, scegliere questa tipologia tra le numerose varietà disponibili in commercio. Esistono ceppi che producono quantità significative di esteri e aromi speziati che non solo incidono positivamente sulla birra, ma riescono addirittura a coprire quelle sottili imperfezioni che possono talvolta comparire. Gli ingredienti, manco a dirlo, sono fondamentali tanto quanto i grani da macinare per la tecnica all grain, ed è importantissimo puntare su materie prime di elevata qualità. Diffidate degli estratti non specifici, quali i malti da panettiere o da pasticceria, che spesso hanno qualità non eccellenti per birrificare. È importante che gli estratti siano i più freschi possibili, dato che col tempo tendono a scurirsi spianando il terreno al più classico dei difetti, l’off-flavour, che ben si riconosce dal pungente aroma di liquirizia; una sensazione che apparirà non solo in birre scure, nelle quali può essere una caratteristica ricercata, ma anche in birre chiare, dove risulta alquanto fastidioso. Il suggerimento di utilizzare materie prime fresche vale anche per la conservazione: meglio ad esempio preferire estratti secchi rispetto a quelli liquidi se si pensa di tenere aperta la confezione per un tempo abbastanza lungo. Una malizia che utilizzavo consisteva nel congelare l’estratto secco in eccesso che pensavo di utilizzare, magari, dopo qualche mese: così facendo resisteva meglio al tempo e la freschezza della birra, così come la qualità, ne guadagnava.

L’utilizzo dei malti speciali è la chiave per aggiungere quelle sottili sfumature che permettono di fare la differenza. Scegliere la giusta qualità di malto speciale, quella che meglio si adatta allo stile che si vuole realizzare, permette di raggiungere sensazioni organolettiche pari a quelle delle birre all grain. In una bitter, ad esempio, 500g di malto Crystal aiutano a produrre quelle note biscottate che equilibrano l’erbaceo del luppolo che la caratterizzano, così come altrettanto malto CaraPils – o altre versioni di Cara, a seconda delle intensità desiderate – aumenta le complessità aromatiche in una belgian ale. Un trucco “avanzato” riguarda l’utilizzo dell’acqua. L’estratto è prodotto disidratando un mosto appositamente prodotto. Il processo elimina il liquido ma mantiene tutti i sali minerali presenti per cui, aggiungendo appunto acqua minerale o del rubinetto, andremo ad incrementare la durezza finale che influirà sul prodotto. In caso di birre chiare, leggere o poco luppolate, è preferibile utilizzare acqua-osmosi o demineralizzata, che andrà a reintegrare la parte liquida del mosto ma non i sali minerali. Sebbene ritenga che per un homebrewer il passaggio dal kit all’all grain sia una strada obbligata, la tappa intermedia della tecnica di estratto+grani può tranquillamente diventare quella di riferimento per molti “birraioli casalinghi”. Non si potranno ricreare tutte le tipologie di birre, non si potrà spaziare nella miscelazione completa degli ingredienti, ma il vantaggio di una più semplice e veloce giornata produttiva con eccellenti risultati può comunque regalare grandi soddisfazioni.

Ricette per birre da estratti

Ecco due ricette da estratto, per 23 litri di mosto, che possono tranquillamente competere con le sorelle maggiori all grain. I grani speciali vanno macinati grossolanamente e immersi in infusione in acqua a 70°C per 30 minuti, magari in un sacchetto simile a quello utilzzato in bollitura per i luppoli per favorirne la rimozione. Al termine separiamo i grani dall’acqua, aggiungiamo l’estratto e portiamo ad ebollizione. Procederemo con le aggiunte di luppolo come riportato dalla ricetta, quindi con il raffreddamento e l’inoculo del lievito.

Pale Ale

La prima è una Pale Ale-Bitter aromatica, mediamente amara, con un lieve ritorno agrumato ma molto sottile, nulla a che vedere con le Pale Ale americane. Lo zucchero aiuta a rendere la birra lievemente più secca, diluendo gli zuccheri residui non fermentiscibili, presenti in gran quantità negli estratti di malto.

Ingredienti:

Estratto Secco Light 2,5 kg

Malti:
CaraPils 0,15 kg
Crystal 0,20 kg

Luppoli:
Northern Brewer 9%AA 20g 60min
E.K. Goldings 5%AA 30g 5min
Columbus 15,5%AA 5g 5min

Lievito: SafAle S04

Zucchero 0,2 kg

Dopo la fermentazione e i travasi di rito imbottigliamo aggiungendo 4,5-5 g/l di zucchero in bottiglia per la rifermentazione, cercando di riprodurre la lieve gasatura delle session beer inglesi.

Irish stout

La seconda birra è una Stout irlandese, scura, tostata, ma anche questa beverina e dissetante, perfetta per il periodo estivo.

Ingredienti:

Estratto Secco Light 1,5 kg
Estratto Secco Dark 1,5 kg

Malti:
Roast 0,2kg
Black Patent 0,2kg
Chocolate 0,2kg

Luppolo: Northern Brewer 9%AA 12g 60min

Lievito: Wyeast 1084 Irish Ale

Imbottigliare utilizzando 6g/L di zucchero, lasciar maturare per almeno 2 mesi.

 

Si rimanda alla nostra guida per ulteriori informazioni sull’argomento.