La birra artigianale vola: UnionBirrai presenta i numeri dell’ultima ricerca
Accisa, non ti temo. Non temo te, né le complicazioni burocratiche che da sempre affliggono il Paese; e neppure la concorrenza (spesso non proprio fulgida in termini di correttezza) dei grandi marchi. A dirlo, con orgoglio, è – idealmente in coro – il “movimento” della birra artigianale italiana, il quale – in barba a tutte le difficoltà del contesto e del periodo – esprime prestazioni in costante ascesa, anche alla lente dell’ultimo rilevamento di settore, il Rapporto di ricerca biennale commissionato da Unionbirrai (associazione nazionale dei piccoli operatori brassicoli) allo staff di Altis (Alta scuola, impresa e società) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
In pratica un Osservatorio permanente il cui dossier 2015 (realizzato mediante indagini a campione tra maggio e giugno scorsi) evidenzia – come sottolineato nella presentazione avvenuta a Milano, nell’ambito dell’Expo – le cifre di un comparto che, nonostante tutto, si conferma propositivo e vitale. Le realtà del segmento micro (microbreweries, brew pub e beer firm) crescono in particolare sia nelle dimensioni (oltre il 51% si avvale di personale a tempo indeterminato: inversione di tendenza storica, rispetto alle stime precedenti, sempre sotto il 50%); sia nei volumi brassati annualmente (445 mila ettolitri in media, pari al 3.3% del totale nel Paese: + 2.2% rispetto al 2011).
La tendenza espansiva è attestata pure da altri indici: numerose le realtà che aprono le porte al praticantato (altra testimonianza di positiva ricaduta occupazionale); quasi una su due (il 46,9%) le imprese che dichiarano di aver saturato la capacità produttiva (e di essere dunque vincolate a nuovi investimenti); e in incremento è anche il giro di affari, che va dai 100mila agli 800Euro per il 62,8% degli impianti proprietari (+23,4% sul 2011).
Quali i fattori di tale dinamica? Da un lato l’affinamento delle scelte in ordine ai canali di commercializzazione: notevole rilievo risulta da ascriversi alle vendite on line e a quelle in occasione di fiere o saloni ad hoc; ma aumenta anche l’inserimento in grande distribuzione, praticato ormai dl 18% dei marchi italiani (un fenomeno sempre accompagnato da animate discussioni attorno a questioni tra cui comunicazione e conservazione del prodotto).
Per chi fosse interessato all’argomento rimandiamo al numero in uscita di Fermento Birra Magazine.