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Intervista a Manuele Colonna del Ma che siete venuti a fà

Recentemente il più famoso sito di rating al mondo di birra RateBeer, dove è possibile votare birre e locali, ha pubblicato la classifica dei pub più amati al mondo. Vista la paternità statunitense del sito ci si aspetterebbe al primo posto un rinomato locale americano, un famosa birreria belga o quantomeno un traditional pub inglese, ma non certo un locale italiano. Invece sì, con grande soddisfazione, davanti a tutti, troviamo il romano “Ma che siete venuti a fa”. Situato nella centralissima e movimentata trastevere il “Macche” è ormai un punto di riferimento per chi è in cerca di un vero pub, una seconda casa, dove chiacchierare con gli amici o con gli avventori di turno davanti ad  una delle tante eccellenti birre presenti.

Sì, perché è fin troppo facile entrare in birrerie anonime prive di atmosfera dove magari troviamo un arredamento molto curato, l’impianto stereo di ultima generazione, un menu gastronomico biblico, ma inevitabilmente avvertiamo un vuoto. In alcuni casi addirittura i due veri protagonisti, la birra e il cliente, finiscono per essere entrambi maltrattati. Ma chi è che da anima al locale, che ha il compito di creare quell’atmosfera giusta che ci fa stare a nostro agio se non il publican? Soltanto chi gestisce ha il compito di dare un’impronta al locale, di curare e organizzare l’accoglienza e il servizio. Per questo motivo invece di favi un’accurata presentazione del locale (che comunque potete trovare qui), abbiamo deciso di intervistare il vero fautore del successo, ovvero Manuele Colonna, proprietario e gestore assieme a Fabio Zaniol, con la speranza di capire, sapendo un po’ più di lui, come ha fatto un pub così piccolo, mal arredato, che non serve neanche una patatina, ad essere giudicato il miglior pub al mondo.

Ciao Manuele, parlaci un po’ di te, cosa facevi prima di aprire il locale?
Ho fatto veramente di tutto. Ho lavorato per l’Ikea, per le Pagine Gialle,  ho cantato in un gruppo Death Metal di matrice svedese e dato il mio aspetto sembrava tutto molto originale.. Ma forse il lavoro che mi ha dato più soddisfazione è quello del Dj. Sono sempre stato collezionista di dischi metal molto rari e questo mi ha portato a mettere dischi in locali romani, anche storici come il Velvet. Ah, ho fatto anche il portiere per il Tor di Quinto, al tempo militava nella serie C di calcio a cinque, poi nel 2001 ho avuto un infortunio ed è cominciata un’altra avventura..

Romano de Roma?
Sono nato a Roma da madre tedesca e padre romano da generazioni, Colonna è un cognome storico della capitale. Fisicamente però di romano non ho niente, anzi direi che assomiglio più ad un lavavetri polacco..

Veniamo al tuo amore per la birra, quando nasce?
Ho sempre avuto una passione per la birra che mi ha portato a scoprire e frequentare quei locali che servivano birre più particolari come Le Bon Bock sulla gianicolense e il Mama Tequila a Torrevecchia. Ricordo fra le tante birre una Andechs Doppelbock alla fine degli anni novanta, servita in “tre tempi”, era la prima volta che vedevo quell’efficacissimo metodo di spillatura, ne sono rimasto letteralmente fulminato e ho intuito che esistevano birre differenti, molto più emozionanti, a parte le varie belghe che giravano all’epoca nella capitale, ma era il servizio qui a fare la differenza.

Quando inizia l’avventura del “Ma che siete venuti a fa”?
Tutto inizia nel 2001 quando rilevammo un pub in via Benedetta proprio davanti alla storica birreria Trilussa. Ricordo che tutti ci presero per pazzi dato che il locale aveva cambiato quattro gestioni in pochi anni. Non nego che avemmo difficoltà il primo anno anche perché il contratto della precedente gestione con la Tennent’s ci legava le mani. Dal gennaio 2002 però chiudemmo ogni rapporto con loro e questo ci permise di  scegliere le birre con maggiore libertà. Comparvero così birre diverse come la Allgauer Zwickel e la Hannen Alt. Nel 2003 a Pianeta Birra allaccia rapporti con Interbrau sempre con l’obiettivo di portare nel mio pub birre diverse dalla solita standardizzata proposta. Sicuramente una persona chiave del nostro successo è stato Kuaska (Lorenzo Dabove). Grazie a lui sono entrato in contatto con  birrerie eccellenti, come quando nell’estate del 2003 a bamberga dove mi ha dato un grande aiuto nella prima birra da noi importata, la famosa Ungespundetes della Mahr’s Brau, grazie a un’abile telefonata a Daniel Shelton che era al tavolo delle “trattative” con noi. Qui abbiamo conosciuto una delle persone fondamentali nel nostro cammino birrario, il grande Andreas Gaenstaller, mastro birraio attualmente della Beck Brau, un amico fraterno e un grandissimo appassionato del suo lavoro.

Quando hai servito la prima birra artigianale italiana?
Dopo l’estate 2003 aprimmo in zona Testaccio l’associazione “Bier Keller”. Era un piccolo “salotto culturale” dove organizzavamo corsi, i primi con Kuaska come docente, si promuoveva la cultura della birra e soprattutto si facevano ottime bevute. Sicuramente tra le prime birre artigianali servite ricordo quelle presentate da Leonardo di Vincenzo, che al tempo non aveva ancora aperto il birrificio Birra del Borgo (il primo nome era Nubienne), e le birre di Mike Murphy che lavorava allo Starbess. Al Macche quando nel 2004, visto il successo, acquistammo l’impianto di spillatura, cominciammo a servire molte birre artigianali diverse. Iniziammo anche a sperimentare, nel senso che cominciammo a proporre birre che effettivamente spiazzavano, diciamo che rompevano il concetto di gusto che il cliente medio aveva della birra. Ricordo su tutte la Reale Extra servita nel 2006, ebbe un successo clamoroso nonostante un naso esplosivo e un amaro importante, qualcosa stava cambiando.

Qual’è il segreto del successo del vostro locale?
Sinceramente noi lavoriamo normalmente, il problema è che a Roma soprattutto quando abbiamo iniziato era raro trovare un pub dove sapevano accoglierti e servire una birra in maniera corretta. Io ho scoperto questo mondo grazie a persone che hanno saputo comunicarmi passione e cultura e ogni volta che ho davanti un cliente cerco di esprimere tutto questo. E’ fondamentale comunicare la tua passione al cliente. Puoi avere tutte le birre del mondo ma se non hai la possibilità e la capacità di comunicare con il cliente rimani sterile, il tuo locale non vale niente. Noi ogni giorno raccontiamo le nostre birre, le facciamo assaggiare, cerchiamo anche di capire i gusti dei nostri clienti. Sicuramente oltre alla passione serve anche competenza, dalla pulizia dell’impianto di spillatura al servizio. Molto importante è il rapporto con il cliente, deve nascere qualcosa, molti nostri clienti sono nostri amici, quando vengono sono accolti con calore. Ci sono cose che non possono essere comprate e sono un valore aggiunto, senza considerare che siamo un branco di matti…

Quali sono i tuoi pub preferiti?
Sicuramente l’Akkurat, l’Oliver Twist, il PlanB di Copenhagen e il mitico Moeder lambic di Bruxelles, tutti posti dove il gestore è in prima linea a comunicare passione, aprendo il mercato anche alle nuove generazioni. Jean del Moeder è un Maestro da seguire in questo. Infatti quanto ho letto la classifica di RateBeer mi riusciva difficile pensare di stare davanti a dei mostri sacri, pub dove ogni volta che entro mi sento a casa, sto bene..per non parlare delle birre servite.. In Italia provo queste sensazioni allo Sherwood, all’Arrogant pub, al Goblin, all’abbazia di Sherwood. Molti miei clienti mi dicono che al Lambrate di Milano si stia bene come da noi.. Io starei da loro tutti i giorni…

Come nasce il nome “Ma che siete venuti a fa”?
All’olimpico quando la squadra ospite sta prendendo una sonora sconfitta dalla curva parte sempre questo coro. Io sono laziale e il mio socio Fabio è romanista, e il nostro è un pub che vive molto di calcio. Prima di aprire stavamo pensando al nome, eravamo da Mastro Titta, quando ad un certo punto uno dei nostri amici intona tra una birra e l’altra “Ma che siete venuti a fa”: avevamo il nome.

Che birre preferisci?
L’importante è l’eleganza e la piacevolezza, il successo di una birra si misura dai bicchieri bevuti. Rifiuto le così dette birre Disneyland, come le chiama Kuaska, birre che cercano di stupire e basta. A me piacciono anche le birre estreme, si possono realizzare anche birre con molti ibu o con maturazioni in botte ma devono essere fatte con coscienza e ben realizzate. Credo che la deriva delle birre strane si sia esaurita, in futuro mi aspetto un ritorno alla normalità.

2 Commenti

  1. Siamo furtunati che qui' a Roma ci sia una perla "piccola" come questa!
    Ottimo! Continuate cosi'