Il settore birra artigianale saluta il 2020 tra crisi e speranze
Più che un tempo d’Avvento, l’inverno 2020 per la birra artigianale italiana somiglia tanto a una Via Crucis. A un cammino di Passione, insomma, con un’emorragia nel fatturato che, del tutto in linea rispetto alle previsioni tracciate nel corso dell’ultima decade di novembre, oggi, a una ventina di giorni da allora, si conferma su valori tra l’85 e il 90%. Ad attestare il dato è il segretario nazionale di Unionbirrai, Simone Monetti, alla mano gli esiti di un monitoraggio sottoposto ai marchi associati (circa 400) con cadenza settimanale: un questionario al quale sta rispondendo in media un terzo degli aderenti, “campione significativo – dichiara lo stesso Monetti – anche per l’assortimento tipologico delle imprese da parte delle quali stiamo raccogliendo i riscontri richiesti”. E sebbene l’aria che tira da qui a Natale lasci presagire qualche segnale di recupero (“le cronache – prosegue – parlano chiaro: appena si allentano le maglie dei divieti, in giro c’è una gran voglia di riprendere a consumare; quindi anche le semplici riaperture a mezzogiorno in qualche misura incideranno), si tratterà comunque di una ripresa limitatissima: destinata a non lasciare traccia non appena la morsa delle restrizioni torni a stringersi; e in ogni caso irrilevante a fronte delle perdite subite in quest’ultimo mese e mezzo.
La fase del secondo confinamento – sottolinea Unionbirrai – ha infatti pesato in modo decisamente più traumatico rispetto alla prima. E per motivi di natura diversa: anche psicologica. “In primavera si aveva l’estate davanti agli occhi, quindi il traguardo di un momento di rilancio (che in effetti c’è stato, con il calo d’aggressività del virus), nella rincorsa al quale ci si è lanciati con grande lena, mobilitando, ciascuno, le proprie energie: produttori, distributori, esercizi di somministrazione specializzati. Si è premuto con reattività sulle leve dell’asporto, della consegna diretta, della vendita telematica: soluzioni che hanno fatto da puntello, contro l’urto frontale subito. Stavolta è diverso: all’orizzonte c’è una lunga stagione fredda, una prospettiva d’incertezza che paralizza”. Quindi, da un lato la chiusura forzata dei pub ha otturato il principale sbocco sul mercato (bloccando anche i distributori); dall’altro l’insicurezza e l’effettiva diminuzione della capacità di spesa generale, colpendo anche il consumatore nella sua singolarità, hanno indebolito notevolmente i canali degli acquisti in rete e del recapito porta a porta. “Ciliegina sulla torta – riprende Monetti – il devastante equivoco generato dalla circolazione di notizie relative alla buona salute del comparto birra: equivoco perché si tratta di dati relativi al fatturato in GDO, ambito commerciale tanto significativo per i produttori industriali quanto invece marginale per quelli artigianali. I quali infatti, dalla crisi, sono stati investiti in pieno”.
E a tale proposito, ulteriore capitolo dolente è quello dei sussidi di legge: che per le aziende del segmento micro non sono previsti. Le imprese beneficiarie sono come noto individuate nei decreti Ristori e Ristori bis mediante i rispettivi codici ATECO: e tra essi quello dei piccoli birrifici non è incluso (proprio perché attualmente è il medesimo delle multinazionali, il cui andamento, però, lo si è appena ricordato, si giova della massiccia presenza nella Grande Distribuzione Organizzata. Un’incongruenza pesante, “in ordine alla quale – dice ancora Monetti – occorre investire di certo su una buona battaglia; ma per il futuro, ché al momento margini di manovra non ce ne sono”.
Il tempo diventa insomma l’elemento chiave; perché molte imprese del settore si trovano a ridosso del punto di non ritorno. “Il settore sopravvivrà”, conclude il direttore di UB “perché, ripeto, è palpabile la voglia di riappropriarsi delle abitudini di sempre e, quindi, di tornare a bere birra artigianale; la voglia di tuffarsi, quando sarà il momento, nel senso di liberazione da questo incubo e l’arrivo dei vaccini, psicologicamente, potrà essere di grande importanza”. Il punto, tuttavia, è capire quale sarà il prezzo da pagare per la sopravvivenza.