In Birra Veritas: i nuovi mostri della birra
Spesso è un po’ avanti con gli anni, ma ne esistono esemplari compulsivi giovanissimi.
Il più attempato rimpiange i grandi classici che, a suo dire, sarebbero stravolti rispetto alla sua giovinezza.
“eh… la Pilsner Urquell non è più amara!”
“la Duvel è un po’ etilica da un po’ di anni…”
“una volta la Salvator era una grandissima birra!”
Non contradditelo, a volte ha persino ragione. Ma per carità non unitevi al suo piagnucolare: dichiarereste solo la vostra età.
Il più giovane ha ovviamente bersagli più ravvicinati. Ma, se possibile, è più martellante. Beve un’unica birra per poter dire ogni volta che sta cambiando, in peggio, ovviamente. È l’incubo dei mastri birrai meno esperti, ai quali il contatto prolungato o regolare con questi personaggi provoca episodi di colite spastica.
È alla ricerca della “chicca”, della chimera, dell’arca perduta, dell’araba fenice, insomma della birra introvabile. Lo vedrete annoiato mentre sfoglia, svogliato, liste enciclopediche.
“Tutte le trappiste, anche le Westvleteren? bah…”
“Real Ales direttamente dal cask? Banale!”
“Verticale di Scires? Già visto”
Lui è a caccia del Sacro Graal. Birre sconosciute ai più, meglio se di birrerie defunte. Birre ai funghi giapponesi, o cuvée particolari prodotte per il matrimonio del birraio. Quelle cerca. Non importa l’aspetto gustativo in questi casi. Quando finalmente trova una di queste rarità; mentre beve troverete sul suo volto l’espressione di chi sta violando la camera della morte di una piramide egiziana.
Vive il suo birrificio preferito come la sua squadra del cuore. Segue quindi tutte le partite in casa (è in prima fila alle presentazione di nuove birre) ed accompagna la squadra in trasferta (presidia attento i dintorni della postazione in fiere e degustazioni).
Non portatelo a vedere squadre diverse, si annoia e diventa petulante (nessuna birra di un birraio “avversario” potrà mai soddisfarlo).
Un altro esemplare con un rapporto particolare con la birra che ha nel bicchiere. Se gli piace molto si arrovella perché non l’ha fatta lui. Se non gli piace gongola pensando alle sue produzioni.
Il suo primo obbiettivo comunque rimane quello di carpire i processi produttivi e i “segreti” del birraio. Beve pensando a luppoli, step di mashing e controflussi. Il massimo è sgattaloiare in sala cottura e perdersi tra whirpool e scambiatori di calore.
A volte tenta la violazione del segreto industriale. Esiste la leggenda metropolitana di un homebrewer che avrebbe fotografato la ricetta di una importante birra trappista.
La sua passione per la birra è cominciata in modo normale. Fino al giorno in cui ha incontrato il “guru” (come lui lo chiama). A quel punto gli è partita la “scimmia” (come lui la chiama) per le birre acide.
Lo riconoscerete dallo smalto dei denti consunto e dai sintomi di diabete mellito fulminante se gli fate assaggiare una birra di Natale. È diventato l’incubo persino del suo guru che non riesce a trovare birre abbastanza acide per lui. Non fategli condire l’insalata.
Vaga per improbabili birrifici della provincia novarese o della campagna polacca alla caccia indefessa di coasters, labels, cans, come li chiama lui (sarebbero sottobicchieri, etichette e lattine). Mantiene contatti planetari con i suoi omologhi neozelandesi e canadesi, bruciando carnet internazionali come una piccola ditta import-export.
Si è inserito nel fenomeno della birra artigianale italiana come un’ape sul miele, diventando in poco tempo l’incubo di spillatori e magazzinieri. Inutile dire che dovendo scegliere, per assurdo, se acquistare una grandissima birra o una rara stout africana, non avrebbe dubbi.
Avete presente le gang dei ragazzini che, sniffando colla, terrorizzano i sobborghi delle città sudamericane uccidendo turisti per un dollaro? Immaginate allora dei gruppetti di ventenni che, potete comprendere con quale decennale esperienza, girano per pub e birrifici alla caccia di spillature errate e birre con microdifetti. Per poi tornare a casa da mammà e con pochi colpi di tastiera, emettere sentenze tombali su siti di rating, newsgroup e forum. Tranquilli… diventano meno pericolosi in corrispondenza dell’uscita dell’ultimo videogioco o quando mammà da un’occhiata al libretto universitario.
Egregio,
nella tua acuta descrizione della fauna popolante brewpub e birrifici, hai rimosso una importante categoria:
Il Foie Gras
E’ un esemplare che si nota spesso all’apertura del locale (o anche prima, dato che riesce ad infiltrarsi ovunque millantando conoscenze altolocate) e prima di riuscire a scambiarci due parole ha giàtracannato un litro di bevanda “questa birra è così beverina….”. Vive anche una certa condizione di ansia cronica per il timore che la sua preferita (birra ovviamente…) vada ad esaurimento cogliendolo di sorpresa. Ecco che non esita a richiedere il bis dell’ottima Strong Belgian Ale anche se sono le 8.30 del mattino o esordire con una tripla Imperial Stout la sua giornata bevereccia. Anche se incorpora più alcol di un fermentatore, rimane sempre vigile e presente a se stesso con una padronanza impressionante. L’unico momento di sbandamento può capitare a fine serata, quando l’ineffabile cameriere baffuto di turno gli presenta il conto delle sue libagioni: in quei 5-6 secondi le pupille si appannano, ma solo per il veloce calcolo di quanto avrebbe potuto bere _di più_ con quella cifra se avesse acquistato direttamente dal produttore straniero o dall’importatore… Pensiero presto dimenticato! Domani è un altro giorno… di bevute…
Con affetto,
Davide
Bellissimo ritratto, alcuni esemplari riescono a fare colazione sorseggiando una Dulle Teve da oltre 10 gradi alcolici.
Ciao!
ahahahah splendido articolo che mi ha divertito non poco; doverosa anche l’aggiunta di Davide. Purtroppo però non mi ritrovo in nessuno di questi ‘tipi’, diciamo che potrei essere un po’ un misto di tutti quanti!! Ciao Schigi, ci becchiamo (forse) lunedì sera a Sarezzano… ci sei vero? Se non ti ricordi di me, sono quello che ‘somiglia’ a Franco Re (anche se non è affatto vero e sbarbato te lo mostrerò).
Grande! Però come giustamente ha detto Davide, te non ti sei descritto…! Vecchia volpe del calcio inglese….
Grandissimo!
Il collezionista spesso neanche beve…. ;-)
Ah e poi manca “Il rater”.
Sembra quasi il Mercante in fiera!
Credo di rientrare in quasi tutte le categorie, escluderei solo “il collezionista”… :-)
…mi sembra di essere dal psicoanalista: si confesso sono L’HOMEBREWER(ANZI, IL DOMOZIMURGO)!!! e ne vado fiero anzi peggio sono proprio malato: perdo il sonno progettando il protocollo della prossima cotta, godo quando vedo la schiuma che nel bicchiere rimane turgida come poliuretano espanso, mi deprimo quando all’assaggio di amici non vedo entusiasmo. Ma… mi va bene così .-)))
forse non rientro in nessuna categoria. forse in quella del “rottame”. anzi, sicuramente in quella del rottame.
Controflusso è la traduzione letterale e sbagliata di counter flow in Italiano si dice contro corrente.