Fare birra alla ceca: scopriamo i tratti distintivi dei birrifici di Praga
È sempre molto entusiasmante, quasi folkloristico e affascinante, osservare come all’estero sono organizzate le birrerie con produzione (quelli che comunemente chiamiamo brewpub), spesso molto frequenti fuori dall’Italia, anche per via di normative più agili rispetto al nostro. Paese oltre che a consumi maggiori e abitudini differenti che le vedono spesso frequentate a qualsiasi ora del giorno più che nelle ore notturne. Mi è capitato diverse volte di scorgere da lontano gli impianti produttivi in giro anche per Praga e di chiedere sfacciatamente se fosse possibile dare uno sguardo, magari dopo aver consumato qualche boccale ed essermi mostrato interessato agli addetti della spillatura. Investigando con domande e cercando di cogliere i dettagli, ogni volta ho scoperto piccoli grandi particolari, sia produttivi che impiantistici, che distinguono un birrificio dall’altro e altri tratti salienti che invece sono comuni a tutti. Soprattutto in questi ultimi anni ci sono piccole grandi differenze che stanno spingendo alcuni birrifici cechi a uscire dall’anonimato e farsi conoscere da vecchi e nuovi bevitori, agendo sia su leve produttive che comunicative.

Un bellissimo birrificio da visitare è Únětický, raggiungibile con bus urbano da Praga ma tecnicamente situato in un villaggio non appartenente alla municipalità. Qui con un appuntamento si può visitare l’intera struttura, nata all’interno di un convento nell’ultimo decennio, con un impianto di produzione moderno fino all’interessantissima sala fermentazione, costituita da vasche aperte a perdita d’occhio e di enormi tank di maturazione. Sono molti i birrifici a fare uso di questo approccio produttivo, che affonda le radici in una tradizionale ed efficace gestione dei tempi e delle dinamiche di fermentazione di un lievito lager, ma sono pochi a mostrarle in maniera così facile, anche per l’eventualità di contaminazioni che i visitatori possono portare inconsapevolmente. Le loro birre sono poche ma solidissime e veraci. Interessante è anche la loro apertura a mercati locali con il confezionamento di bottiglie in PET da 1,5L come molti birrifici cechi fanno, ma anche alcune collaborazioni in Svezia che includono perfino one-shot in esclusiva per quel mercato. Seppur con una cortissima shelf life garantita, Únětický si sta facendo conoscere molto per queste sue peculiarità.

Sempre nella capitale ma nella zona periferica di Prokop si trova il birrificio Prokopák. Rinato all’interno di locali che un tempo erano di una sala da ballo, si distingue innanzitutto per la location quasi rurale, tanto da avere un ampio spazio esterno con panche e boschetto che ricordano le keller della Franconia. L’impianto è uno di quelli moderni in acciaio portato avanti da uno staff giovane e dinamico. La sala principale del locale attiguo è molto austera ma da una finestrella si vede quello che accade in birrificio, dove le birre sono prodotte in modo tradizionale, con doppia decozione e materie prime ceche, ma con qualche audace variazione specialmente sui luppoli. Oltre a una manciata di moderniste IPA, si distingue l’uso di luppoli cechi innovativi come Harmonie e Bohemie sperimentali su classiche výčepní e svetlý ležák. Sono luppoli sì intensi e ricchi di sfaccettature, ma sempre caratterizzati da quella vena nobile, erbacea e floreale, che esalta la birra di base. Al di là delle sfumature luppolate, la pulizia estrema forse è dovuta anche ai lieviti, che confessano di utilizzare a volte perfino in blend tra loro, pratica riscontrata anche in altri birrifici. Tra l’altro, quasi mai esistono ceppi proprietari che i birrifici utilizzano di cotta in cotta, al contrario di quello che si possa pensare, ma spesso i lieviti vengono presi freschi direttamente da alcuni hub di produzione e spaccio o più semplicemente vengono preferiti quelli secchi commerciali.
Non di rado in città ci si ritrova di fronte truck o impianti ambulanti che spillano birra. Vengono chiamati più comunemente “birrifici volanti” e sostanzialmente sono beer firm che intercettano i bevitori in facili punti di aggregazione. La presenza di birra a Praga, dunque, è una costante anche a dispetto del luogo dove viene spillata. È il caso di Lod’, bizzarro birrificio situato letteralmente all’interno di un battello, ormeggiato sulla riva sinistra del fiume Moldava. L’innovazione qui è già nell’idea di partenza. Costruire un birrificio galleggiante è buffo ma funziona: gli spazi a bordo sono ampi e moltissimi i posti a sedere distribuiti su due livelli e sui terrazzini esterni, con l’impianto di produzione munito di fermentatori a vasca aperta visibili perfino all’ingresso e tank di maturazione al piano inferiore. Non bastasse, anche le birre si distinguono per un tocco attuale, con varietà ceche di luppolo utilizzate anche in dry hopping, caso raro ma non unico, a volte perfino con luppolo fresco proveniente direttamente da Žatec, mecca produttiva che conosciamo con il nome di Saaz. Il successo dei birrifici volanti e del battello di Lod’ ha perfino contagiato Budvar: a un centinaio di metri più in là, sulla stessa riva, qualche anno fa è sorta infatti una birreria a loro nome, senza impianto produttivo ma con tank di spillatura, tantissimi posti a sedere e un ambiente meravigliosamente curato, a conferma di una geniale idea incastratasi perfettamente con il contesto urbano. Lod’ quindi punta tutto sull’unicità della sua location, ma sfoggia birre di estrema fattura per intensità e bilanciamento.

Spostandosi ancora dal centro, un altro esempio che detta legge è Vinohradský, a cavallo tra i quartieri Korunni e Vinohrad, dove già un secolo fa sorgeva il birrificio ma che ha ospitato anche aziende e una casa di produzione cinematografica. Mentre all’ingresso c’è la birreria, il cuore pulsante del birrificio è al piano inferiore, con una grande ala sotterranea adibita a produzione e fermentazione. L’impianto è moderno e in acciaio, adattato a tortuosi cunicoli e stanze concatenate, dove sono riusciti a creare anche vasche aperte di fermentazione a base rettangolare sfruttando spazi angusti inutilizzati. Giovanissimi birraio capo e assistenti, come lo staff del locale dalle idee molto semplici, che si ripercuotono su výčepní e světlý ležák dalla pulizia estrema, meno caratterizzate rispetto ad altre birre ceche dalle materie prime ma dirette e schiette nel gusto e negli aromi, con una bevibilità tendente quasi a quella delle omologhe bavaresi, a cui si affiancano qualche sour e IPA di buon livello, decisamente sopra l’asticella nazionale su questo campo. Il tratto distintivo sul fronte produttivo è l’acqua, ancor più che per altri birrifici, prelevata dalla località di Káraný, distante 30 km da Praga, dove la confluenza dei fiumi Elba e Jizera e la fonte dell’acquedotto che alimenta buona parte di Praga assicurano l’approvvigionamento di un’acqua di alta qualità. Nel corso degli ultimi anni si sono alternati alle cotte diversi birrai e le dimensioni sono cresciute, tanto che proprio nella località menzionata si è aperto da qualche mese un secondo impianto produttivo, più grande e organizzato e con la medesima acqua, eletto ingrediente bandiera dai canali di comunicazione, che a loro volta costituiscono un altro grande punto di forza. Grafiche minimal, stili vecchi e nuovi, eventi musicali e culturali e il quartiere fervente e giovane sono sicuramente un asso nella manica che da un decennio non hanno fatto altro che accrescere il marchio Vinohradský, ormai lanciato anche su palcoscenici europei tra festival birrari e collaborazioni.

Non c’è solo chi si ingrandisce ma anche chi lavora serenamente nel piccolo, con la pacata platea di bevitori che vive in un elegante quartiere residenziale. Bubeneč nasce e si sviluppa in questo contesto e ne fa la propria cifra con un impianto piccolo piccolo, da un paio di ettolitri alla volta, visibile da una finestra nel retro del bancone. Il pub è austero e un po’ industrial ma dai colori caldi e con grandi finestroni che danno sulla strada, con cucina e un numero limitato di posti a sedere.Qui la birra è sempre molto fresca e alle spine fanno capolino sempre molte novità e sperimentazioni, che spesso finiscono anche in lattina e bottiglia. La filosofia non è, però, delle più eccentriche nel circuito, anzi sono sempre le lager quelle che si distinguono più di tutte e che si caratterizzano per una luppolatura tradizionale ma spesso molto generosa in amaro, soprattutto per le chiare. Con questo approccio molto aperto verso le piccole produzioni si incastra molto bene anche la stagionalità, con la possibilità di trovare spesso alle spine sperimentazioni che si alternano a birre dedicate ad alcuni periodi dell’anno: qui la dimensione è al passo con un adeguato ritmo produttivo e l’effetto finale è una meritata fidelizzazione dei bevitori abituali.
Mentre alcuni birrifici puntano su giovani e modernità (se ne potrebbero citare tanti altri, da Dva Kohouti a Hostivar, Andělský, etc…), altri scelgono una strada più conservativa, affine ad un tipo di consumo legato a un’esperienza più completa di ospitalità. Stanno diventando sempre più frequenti, infatti, birrifici con spa: vere e proprie realtà produttive dove la possibilità di soggiornare si è anche allargata a quella di approfittare del relax delle campagne ceche per ricaricarsi, sempre però a suon di birra, a volte utilizzata anche per veri e propri bagni caldi. È così anche per Purkmistr, birrificio nella prima periferia di Plzeň, che in uno delle sale di ristorazione ha in bella vista un classico impianto in rame, uno dei tanti che è possibile vedere anche nei brewpub in giro per Praga e nelle altre città ceche. Le produzioni si concentrano su birre di stampo tedesco oltre che ceco: il confine è a soli 70 km e birre come dunkelweizen, bock e rauch suggestionano sempre una parte di bevitori in cerca di gusti autentici. L’approccio è quasi teutonico, quindi, ma pur di accontentare tutti non manca qualche luppolata e qualche ale all’inglese per mettere a proprio agio un pubblico diverso da quello tradizionalista.
Prova a fare qualcosa di simile Zlatá Kráva, nella regione di Plzeň e geograficamente ancor più vicino alla Baviera, un birrificio che ha affiancato la produzione di birra con un impianto in rame al business di famiglia di allevamento bovino. Stanze d’hotel con spillatore incluso, consumo garantito di 5 litri al giorno compreso nel prezzo e una ottima svetlý ležák che assorbendo il 70% dei consumi lascia poi spazio a birre insolite a queste latitudini come chocolate stout, cream ale, fruit sour e altro, quasi tutte fermentate in enormi vasche aperte. Il risultato è un mix di produzioni senza eccessi ma originale, che fa rivivere il villaggio di Nepomuk e la centralissima piazza dove si trova, utilizzando sempre le onnipresenti materie prime locali.
È un canovaccio che si va ricreando in sempre più luoghi in Cechia, alla luce del rilancio di vecchi birrifici e della nascita di nuovi, fino a modelli produttivi sempre più spinti e di nicchia come Wild Creatures, Métaphore, Zichovec e tanti altri.
A differenza del resto dei paesi dell’Europa orientale, insieme alla new wave birraria resiste sempre e comunque la tradizione, mai smarrita attraverso i decenni passati e sicuramente oggi viva più che mai, ormai visibile anche agli occhi di chi finora non se ne era mai accorto.



