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Il fascino discreto della birra fuori casa

Continua a crescere il consumo di birra nella ristorazione, tanto che, dati alla mano (Makno 2008-Assobirra), si profila ormai un testa a testa con il vino sia nei pasti fuori casa dei giorni feriali (entrambi sono al 14,2%), sia, ed è qui la novità, nei pranzi dei giorni festivi. Se infatti nel 2006 la differenza dei consumi registrava una differenza di 8 punti percentuali a favore del vino, nel 2007 quest’ultimo si ferma al 43,6% mentre la birra cresce al 40,1%. Gli italiani preferiscono le “bionde” si sa, e in effetti in testa ai consumi troviamo le chiare Pils (51,5%) seguite dalle Lager (17%) poi le Ale (5,1%) e le Weizen (3,7%) in coda invece birra Analcolica (1,9%), d’Abbazia (1,4%), Bock 1%) e Blanche (0,8%).

Ma quali le motivazioni di una crescita dei consumi di birra fuori casa? Sempre secondo tale ricerca le ragioni sarebbero da ritrovare nella piacevolezza del gusto, nel fatto che si può bere ovunque e che viene prodotta con ingredienti naturali. C’è chi ne apprezza il potere dissetante e rinfrescante e chi invece ne ricerca sempre più la qualità. Nel consumo fuori pasto rimane importante il fattore socializzante della birra, una bevanda per molti sinonimo di compagnia. Sembra inoltre aumentare la conoscenza birraria da parte del consumatore, che dichiara di avere una certa dimestichezza con gli stili birrari e di ricercare i bicchieri più adatti a valorizzare il prodotto. Le ragioni del rifiuto invece sono da ricercare soprattutto nel brutto rapporto che ancora molti hanno con l’amaro (e questo spiega come mai molte realtà industriali spingano purtroppo su prodotti sempre più morbidi). I salutisti inoltre rimproverano alla birra di far ingrassare e di gonfiare, non sapendo che una lager di 5 gradi alcolici, per intenderci la birra più venduta e bevuta, ha le stesse calorie di una spremuta d’arancia (vedi).