Come fare il pane con la birra
Ero lì che pensavo a quanto fosse figo lavorare con cereali (da noi birrai reputati più nobili) come orzo e avena. Addirittura maltati! Ma sì, diciamo pure che per i nostri scopi la maltazione è fondamentale e, generalmente, tutto quello con cui lavoriamo in birrificio, ci fa sentire un po’ più privilegiati di altri. È pur vero che ultimamente la lontananza dalle sale cottura ha risvegliato in noi la voglia di “smanettare” con i grani e la cosa più semplice è fare un impasto a casa. A noi brassatori spesso piace complicarci la vita o “sporcare” i 4 ingredienti base con qualunque altra cosa: ho sentito persino di birrai che hanno usato il pane in ammostamento! D’un tratto il torpore da divano si è bruscamente interrotto quando ho pensato di fare il contrario: mettere la birra nel pane. O meglio, la birra in un impasto che diventerà pane. In fondo i due mondi son sempre stati molto vicini, le famiglie dei lieviti sono praticamente le stesse, se non fratelli almeno cugini. I lieviti per la birra un po’ più schizzinosi, quelli per il pane un po’ più alla mano. Ero convinto, però, che la birra al pane potesse dare molto: ad esempio contribuendo all’acidità (tipica anche se non molto spinta) che genera un ambiente di fermentazione più favorevole. Ah, sì, non ho scritto lievitazione ma il senso è sempre quello. Allora perché no? Una bella pagnotta da far lievitare in cui al posto dell’acqua uso la birra.
Sì ma quale? Ho pensato subito ad una quadrupel, una Belgian Dark Strong Ale, una di quelle birre che lascia il segno un po’ ovunque. Sì, perché con la cottura a 200° C, gli aromi volatili si perdono e invece io vorrei che la birra lasciasse una traccia netta. Quindi penso ad una quadrupel, ma tu che stai leggendo puoi pensare ad una Red Flemish, ad una Dubbel, ad una Imperial Stout e a tutte quelle birre che, per grist di malti o per prodotti di fermentazione o per caratteristiche di equilibrio fra dolce e amaro, riescano a tener testa alla ricetta e alla sua riuscita. Ho volutamente escluso il sale. Sì, non l’ho usato. Ho voluto fare questo esperimento per dare il massimo risalto ai cereali sia quelli delle farine sia quelli della birra anche se già trasformati da un primo processo di fermentazione.
Fai così: usa farine saporite, birre di carattere, un buon lievito madre (in assenza ti consento un 10 g per kg di lievito di birra fresco, ma non dirlo a nessuno) e tanta voglia di metterti in gioco. Prendi 550 g di farina integrale, 150 g di lievito madre ben rinfrescato e una bottiglietta da 330 ml di birra. Mescola tutti gli ingredienti in una bella ciotola di planetaria (se non ce l’hai, confida bene nei tuoi bicipiti, spalle e tricipiti), aggiungi metà della birra e inizia ad impastare. Quando vedi che non ce la fai più e fra le mani capisci che l’impasto ha bisogno di essere idratato, allora è il momento di aggiungere altra birra, ma fallo un po’ alla volta perchè è giusto che anche la farina si goda pian piano il nettare di Ninkasi. Continua ad impastare fino a che la fiducia tornerà fra le tue dita e un po’ alla volta avrai finito la birra. Spero tu abbia capito che dovevi metterla nell’impasto. E così, impastando impastando, avrai una bella pagnottella compatta e pronta per esser messa in una ciotola che avrai preventivamente oliato.
La notte porta consiglio e porta fermento, perciò lascia la pagnottella nella ciotola coperta (con un canovaccio o della pellicola) per tutta la notte a temperatura ambiente e dormici su. Il giorno dopo, di buon mattino, prendi la pagnottona bella lievitata e la metti su un piano leggermente spolverato di farina la dividi in due, gli dai una breve impastatina, ricomponi per bene dandogli una forma allungata e riponi i due pezzi in due contenitori rettangolari con bordo alto, con carta da forno o ben infarinati. Lascia riposare ancora per 5-6 ore nei due contenitori coperti da un panno e poi cuoci a 200 °C per 45-50 minuti. Infine, tira fuori dal forno e gustati un po’ il risultato di quest’esperimento. Aspettati una dolcezza e una varietà di sapori mai incontrata fin d’ora. Sai bene che è impossibile descrivere i profumi della cottura, quello che esattamente si sente quando si sforna il pane. Non si descrive ma si sa com’è. È nei nostri ricordi più reconditi. Con la birra al posto dell’acqua abbiamo dato la componente liquida utile per la formazione del glutine e quindi la componente essenziale affinché la massa sia compatta, elastica e tenace allo stesso tempo, ma abbiamo anche dato composti organici ed elementi che nella sola acqua non ci sono. Abbiamo unito due mondi che fanno parte della nostra cultura. Spesso, parlando di birra, si dice “pane liquido”. Per questa volta ci concediamo di dire pane liquido nel pane.
di Nicola Grande