Caro birra, il nuovo anno conferma in dote l’ennesimo aumento accisa
Per la serie “state sereni” (lo slogan adottato da molti tra i settori che si ritengono ingiustamente colpiti dai provvedimenti assunti dal governo), con il primo gennaio 2015, a dispetto dei presunti spiragli di cui si era dato conto nelle ultime settimane di dicembre, ogni sorso di birra è diventato un (bel) po’ più caro. Per l’esattezza, su ogni euro speso nell’acquisto della nostra Lager o Ale preferita, la quota assorbita dall’erario è salita agli attuali 46 centesimi: con buona pace delle pur massicce e legittime campagne che nei mesi passati hanno riunito sostanzialmente tutti i segmenti della filiera. Gli argomenti portati al cospetto del legislatore per scongiurare l’ulteriore inasprimento (il terzo in quindici mesi) della morsa contributiva? Molti e solidi; ma alla fine niente c’è stato da fare.
Adesso, di tasse, i produttori pagano 3,04 euro per grado Plato ogni 100 litri di mosto (il doppio rispetto ai livelli del 2013, prima dell’inizio degli aggravi a catena); senza contare che, nel frattempo, l’Iva è passata dal 20 al 22%. Inutile dire come il nuovo giro di vite – successivo a un’estate che già ha visto i consumi calare del 26% – creerà difficoltà aggiuntive al settore: ora come ora uno tra i pochi (specie nel ramo artigianale) a mostrare effervescenza, nel Paese; un comparto che, con il suo valore globale pari a oltre 3.2 miliardi, dà lavoro a più di 135mila persone indotto compreso, dall’agricoltura al commercio.