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Brewskival 2017: la top ten delle birre

Il Brewskival, organizzato dal birrificio svedese Brewski di Helsingborg, è un evento divenuto molto popolare negli ultimi due anni anche nei confini italici. Appena alla sua seconda edizione, dopo un battesimo pienamente riuscito nel 2016, il festival prometteva già benissimo sulla carta con i suoi 73 birrifici annunciati, ma devo dire che, oltre ogni previsione, ho vissuto una delle più belle manifestazioni degli ultimi tempi. Non solo una selezione di birre monstre con il meglio del meglio dell’Europa, grande cura della scena svedese tra birrifici consolidati e nuove promesse, un nutrito gruppo dei migliori nomi da Florida, Illinois, Denver, (la lista qui), ma anche un’organizzazione perfetta, una location non dispersiva, una formula semplice (un token per una birra), i giusti food truck strategicamente al centro, musica live quanto basta, panche per sedersi.

A conferma di quanto detto, basti pensare ad un particolare: alle ore 19.25 di sabato 26 luglio, secondo e ultimo giorno di festival, a mezz’ora circa dalla fine, soltanto 2 dei 73 banchi non sfoggiavano ancora sulla loro lavagnetta la scritta sold out – mentre molti altri l’avevano già esposta dalle 16, e i cancelli erano stati aperti solo a mezzogiorno. La quantità di gente che è accorsa ad Helsingborg per il Brewskival da ogni parte d’Europa faceva impressione, e nonostante tutto mai si è avvertita la sensazione di venir soffocati dalla folla o di stare troppo in fila per chiedere una birra. Complice sarà stato anche quel tocco di magia rappresentato da un’atmosfera in tutto e per tutto chill and relaxed, che, come detto da molti, rispecchia il carattere dell’organizzatore e birraio di Brewski Marcus Hjalmarsson. Nel rinnovargli i complimenti per aver messo in piedi uno dei festival più cool del momento, ho buttato giù una breve lista, in ordine sparso, delle migliori dieci birre bevute.

Imperial German Chocolate Cupcake Stout
Angry Chair (Tampa, FL – USA)
10.5% Imperial Stout

Un nome così potrebbe far storcere il naso a molti e proiettarli subito in un film senza ritorno di pregiudizi. Invece qui abbiamo un’imperial stout rigorosa, nella quale una robustissima architettura di malti permette a tutti i componenti di un ottimo cupcake di essere presenti senza sfociare in quel gusto pastry prepotente che fa un po’ artificiale. Astenersi puristi del no a qualsiasi aggiunta in una IRS, ma: la IGCCS è dolce senza stuccare, intensa, aromatica, piacevole, deliziosa e con un corpo di notevole spessore. Ambitissima dai geek, la versione Barrel Aged è una delle birre più ricercate in assoluto del 2017. Al Brewskival era presente anche la variante Coffee, ottima anch’essa, ma la base l’ho gradita di più.

SUPER CONSTELLATION: Peach
Black Project Spontaneous & Wild Ales (Denver, CO – USA)
7.5% Sour Ale

Appena tre anni di vita per questi ragazzi di Denver focalizzati sul sour e le fermentazioni spontanee, ma già tanti riconoscimenti e affermazioni. La SC: Peach nasce da una costruzione complessa di blend, con il 40% di una spontanea lambic-style e un 60% ricavato da un ulteriore blend di altre due spontanee realizzate con metodo solera. Il risultato è una birra di pulizia impressionante, lattica senza strafare, e una pesca in grandissima evidenza, roba da far schioccare la lingua sotto il palato, alla fine del sorso, dal piacere. Da bere e ribere. Probabilmente la migliore sour presente al Brewskival.

 

NW DIPA Citra BBC Simcoe
Cloudwater Brew Co (Manchester, England)
8.2% DIPA


Alcuni ritengono che Cloudwater sia, al momento, il re incontrastato delle IPA/DIPA in Europa. Andando a guardare la qualità media delle loro produzioni, specie per quel che riguarda le tendenze più recenti nel mondo luppolato, non mi sento di dar proprio torto a un’affermazione così forte. Questa in particolare ne è un grande esempio: bevibilità a palate, lievito che lavora splendidamente e una profusione di luppolo (in formato BBC) per una birra tanto imperiosa quanto equilibrata.

 

Rare DOS Double Barrel Aged Cinnamon and Coffee
Cycle (St. Petersburg, FL – USA)
11% Imperial Stout

La capacità di Cycle nelle IRS è ormai ben nota in tutto il mondo, nonostante forse stiano un po’ perdendo il senso della misura con valanghe di release programmate di diverse versioni della stessa birra. La DOS è una delle loro IRS più riuscite di sempre: in questa variante della Bourbon Barrel Aged la cannella è persistente, quasi sovrastando il caffè – di cui si sente solo un filo di acidità del verde -, ma l’eleganza di quel carattere decadent che contraddistingue tanto i prodotti di Cycle resta immutata e scorre che è una meraviglia.

 

Spontanpentadrupelberry
Mikkeller (Copenhagen, Danimarca)
7% Lambic Style Fruit

Non amo particolarmente la serie Spontan-, delle diecimila varianti ne avrò gradite davvero sì e no un paio negli anni, per il resto non mi hanno mai detto molto. Ho invece un gran debole per il mirtillo, facile chiave per spalancare le porte del mio palato. E sarà stato anche per il colore ipnotico, una viola di altissima densità, sta di fatto che questa birra (dove si può intuire facilmente che sia stata usata una quantità di frutta cinque volte superiore alla versione normale) era tanto, tanto buona. Geometrica, precisa, magari anche troppo, d’altra parte sempre di un prodotto proveniente da DeProef parliamo, ma tant’è.

 

As you wish…
Pipeworks (Chicago, IL – USA)
11% Imperial Porter

Dopo tanta cannella, caffè, cupcake e chi più ne ha più ne metta, nella mia personale top ten inserisco una “semplice” Imperial Porter BBA. Non è la prima volta che resto colpito da come Pipeworks riesca a massimizzare l’impatto di un passaggio in botte di bourbon (nella fattispecie: Elijah Craig 12 years per 8 mesi). Nella As you wish… c’è tutta l’eleganza del legno, della vaniglia, di un lieve balsamico, della secchezza pronunciata e piacevolissima, insomma di tutti i tratti distintivi di un ottimo bourbon, coniugate perfettamente con i tostati e la robustezza di una Imperial Porter fatta come si deve. Senza fronzoli, diretta, intensa.

 

Ninfa Apricot Sour
Vento Forte (Bracciano, Italia)
7.0% Sour Ale

La verità? Accanto a Trillium, che pure se per me era all’80% della forma migliore è stato – a ragione – polverizzato entro la prima metà del tempo in entrambi i giorni e aveva le file più lunghe, c’era il nostro Andrea nazionale e non sfigurava per niente. Anzi. Non solo le sue luppolate erano in grandissimo spolvero, ma la sorpresa vera è stata questa sour prodotta con aggiunta di albicocche locali (faceva sorridere di cuore come Andrea ci tenesse a specificare quanto si fosse sbattuto per procurarsele, a km zero, da un’azienda ortofrutticola di prima scelta): grande impatto del frutto sia al naso che in bocca, e un lattico che riesce a tenere imbrigliata quella nota acetica spesso troppo invadente in birre del genere.

 

6ix Days in Dade
J. Wakefield Brewing (Miami, FL – USA)
6% (Imperial) Gose

Se si parla di Gose e Berliner Weisse con frutta, specialmente in territorio statunitense, non si può prescindere da JWB. La pulizia e l’intensità organolettica delle loro birre nei due succitati stili, oltre a una bevibilità da secchio, è un esempio da seguire. Ne hanno portate diverse al Brewskival ed io ho scelto la 6ix Days in Dade, fatta con pesche e guava in collaborazione con Bellwoods Brewery: ciò che ho gradito di più è stato l’aver provato a rispettare il più possibile il carattere dello stile nonostante l’esplosività maestosa della frutta. Evitando l’effetto succo. La piacevole sensazione salina di fondo che ti lascia sulla lingua richiama il sorso successivo. E poi il successivo al successivo, e così via…

 

Barrel Aged Mongo
J. Wakefield Brewing (Miami, FL – USA)
13% English Barley Wine

Non è un caso che abbia inserito in una top ten ben due bevute dello stesso birrificio. JWB ha dalla sua un successo mondiale, forse l’espressione più forte e affermativa di quanto la Florida sia divenuta uno degli stati principe della scena americana degli ultimi anni. La BA Mongo è un lavoro che lascia stupefatti: un anno di botte di brandy per un Barley Wine dalla dichiarata impronta inglese, semplice e complesso allo stesso tempo. Caramello, toffee, nocciola, malto sono le note più in evidenza e riconoscibili a un primo impatto. E la dolcezza del brandy, schivando il rischio di fare della birra un inno al diabete, si sposa con ammirevole facilità a questa struttura dando il giusto calore alcolico e un finale lievemente secco ma lunghissimo. Come solo ai grandi invecchiamenti riesce.

 

Muscles
O/O Brewing (Goteborg, Svezia)
8.2% DIPA

Ancora un paio di mesi e il progetto O/O di Olle Andersson, ormai ex dipendente di Stigbergets e artefice di quelle splendide creazioni che rispondono al nome di Amazing Haze e West Coast, diverrà un birrificio a sé stante in tutto e per tutto. Nel frattempo, le ultime cotte prodotte da Stigbergets erano del solito alto livello cui ci ha abituato finora. A dire la verità, in bottiglia ho sempre trovato la Muscles troppo… muscolare, appunto, con una nota alcolica che non rendeva la bevuta così piacevole e perfetta fino alla fine. E a questo giro, tuttavia, ha meritato la top ten per essersi mostrata molto più smussata, permettendo al suo corpo rotondo e juicy di essere apprezzato come si deve.