Bottled Instinct, la prima birra vaginale
La Catherine Tramell interpretata da Sharon Stone nel film Basic Instinct? Un’educanda della libido. Il Jean-Baptiste Grenouille che, nel romanzo Il Profumo (di Patrick Süskind), uccideva ragazze in serie per estrarre dai corpi le loro più intime fragranze olfattive? Un dilettante della lussuria. Anche perché l’uno e l’altro personaggio sono invenzioni di fantasia. Qui invece, la faccenda si fa reale.
Di cosa stiamo parlando? Bottled Instinct, la prima (traduciamo letteralmente la definizione data dagli stessi autori) birra vaginale. Ben oltre i confini della New Crustacean, prodotta da Rogue con i lieviti popolanti la barba del proprio brewmaster, questa pinta (che si dichiara) rivoluzionaria promette di condensare in sé tutta l’essenza odorosa di una donna (immaginate quella dei vostri sogni, recita la campagna di lancio dell’operazione) utilizzando per la fermentazione del mosto i batteri lattici raccolti proprio all’interno del suo organo copulatorio.
I batteri sono stati isolati attraverso – dicono i promotori, qualificandosi come Ordine di Yoni – una speciale tecnologia microbiologica che ne rende l’impiego sicuro per la salute umana, impedendo contaminazioni da parte di altri batteri, la cui eventuale presenza verrà comunque verificata nel prodotto finale, così, nel caso, da sanificarlo ulteriormente. Tutti i risultati, peraltro, saranno pubblicati sul sito web, spiegando come il progetto, per concretizzarsi, abbia bisogno (a fronte delle occorrenti spese) di contributi da parte di chi si lasci coinvolgere e travolgere dall’idea.
Insomma un crowdfunding. Che si prefigge il traguardo di 150mila Euro (per realizzare una cotta di 6 lotti da 16.600 birre l’uno); che affida il proprio appeal a quello (inoppugnabile) della modella Ceca Alexandra Brendlova (ragazza di abbacinante bellezza e di commovente sensibilità scientifica, avendo accettato di prestarsi come donatrice dei suoi preziosi lattobacilli); e che garantisce di ripagare quanti vorranno sostenere l’impresa con propri apporti finanziari con tutta una serie di contraccambi in natura. No, non quella natura: si tratta di birre, targhe di riconoscimento nominali, menzioni sui social network, bicchieri serigrafati e una ricca molteplicità di altri gadget del genere.
La notizia senza dubbio apre molteplici scenari: il gentil sesso potrà mai reclamare una versione maschile del prodotto? E soprattutto: in futuro potrà la tipologia rivendicare dignità stilistica nel bjcp?