Birra e bicchieri: il biconico
Decisamente una fisionomia non ambiziosa, non glamour, non bizzarra, non memorabile, e neppure – a dirla tutta – una geometria tale da apportare contributi particolari in sede di degustazione. Eppure, un bicchiere dalla semplicità che conquista, che non solo ispira simpatia, ma che pure concilia l’idea di una bevuta da godersi in semplicità e spensieratezza: che rilassa insomma. E in più, una sagoma dalla potentissima aura evocativa (accanto al boccale moderno e a quello con coperchio è uno dei simboli del costume birraio tedesco e bavarese); dalla micidiale incisività iconografica.
Signore e signori, ecco a voi la colonna biconica. Strutturalmente parlando, la sua architettura può essere descritta, come la sovrapposizione di due tronchi di cono (più alto l’inferiore, più basso il soprastante), uniti l’uno all’altro mediante la rispettiva base maggiore. Un basamento spesso e solido, garanzia di stabilità sul tavolo d’appoggio e di relativa semplicità nelle manovre di sgombero e riassetto. Quanto alla morfologia, il biconico, con la sua corporatura allungata, da un lato fornisce supporto alla stratificazione e alla durata della schiuma; dall’altro agevola la convenzione veloce verso l’alto tendono a disperdersi rapidamente.
Veniamo alla sua storia. Legato forse agli stange tipici delle Kölsch e delle Altbier, ne condivide la fumosità di visione (allo stato dell’arte) rispetto alle origini. Nella linea di ricerca che abbraccia i due modelli, probabilmente parenti, il ricorrere – in alcune fonti documentali, in ordine al biconico bavarese – della definizione di pinta biconica induce alcuni osservatori a propendere per l’interpretazione che suppone i due formati tedeschi uniti da una qualche consanguineità con il beer glass simbolo della tradizione inglese.