La Camera approva la definizione di birra artigianale
Non vogliamo alimentare ingiustificati entusiasmi, quindi partiamo da una precisazione: ancora non esiste una nuova definizione di birra artigianale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La notizia, comunque non irrilevante, è l’approvazione di una serie di articoli circa la definizione di birra artigianale e la produzione di luppolo, presenti in quello che in politica si chiama un “collegato agricolo”, fermo da due anni al Senato e riferito ad una legge del 2013 del governo Letta.
Anche se ancora l’iter prevede il passaggio in Senato, la buona notizia è che il nostro Parlamento pare aver recepito la necessità di legiferare, manifestando la volontà politica di rivedere e, in alcuni casi, colmare un vuoto normativo di un settore in espansione come quello della birra artigianale. Recentemente erano state effettuate alcune audizioni interpellando birrifici e associazioni: il risultato sono stati delle proposte che sono state sintetizzate in una modifica alla legge che si è tradotta nella nascita di un articolo che va a definire la birra artigianale.
Denominazione di birra artigianale
All’articolo 2 della legge 16 agosto 1962, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
4-bis. Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza e la cui produzione annua non superi i 200mila ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di prodotto per conto terzi.
Ciò che salta subito all’occhio, in merito alla definizione, è il limite produttivo, fissato in 200.000hl, recependo così la direttiva europea in materia. Probabilmente a qualcuno possono sembrare molti, troppi litri di birra (la media italiana dei microbirrifici sta sui 600hl annui) ma che in realtà non devono spaventare considerando che tale ampio limite convive con gli altri requisiti come quello indiscutibile dell’indipendenza e quello più delicato relativo alla produzione (assenza di pastorizzazione e microfiltrazione).
Chiara Gagnarli, deputata del M5S, molto sensibile e attiva sul tema (è stata anche nostra ospite in un incontro durante l’evento fiorentino Birraio dell’Anno), ci ricorda come il testo per diventare legge deve essere approvato anche al Senato dove è ritornato a seguito della votazione di due giorni fa. Le speranze che comunque la definizione venga approvata senza interventi sono lecite, anche perché un ulteriore modifica molto probabilmente ne decreterebbe la morte, impaludando il testo generale nelle sabbie mobili parlamentari. Un altro aspetto che merita precisare riguarda le beerfirm. Questo fenomeno, in forte espansione in Italia (il conto terzi pesa circa il 30% del totale dei marchi), parrebbe penalizzato a prima vista, ma la Gagnarli ci conferma che l’interpretazione della norma vieterà l’utilizzo della dicitura Birra Artigianale solo a quelle beerfirm che faranno produrre birra a produttori che non rientrano in questa definizione.
Molto interessante anche l’intervento normativo teso a incentivare la produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo. Riportiamo anche in questo caso l’articolo approvato:
Filiera del luppolo
Il ministero delle Politiche agricole favorisce il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati. Per questo scopo lo stesso Mipaaf destina quota parte delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione dando priorità al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del luppolo, per la ricostituzione del patrimonio genetico del luppolo e per la individuazione di corretti processi di meccanizzazione.