Bere insieme: perché la birra è sinonimo di socialità
Sono passati molti anni da quando ricordo di aver cominciato a bere birra consapevolmente. Non è stato da un giorno all’altro che è arrivata questa illuminazione, ma a un certo punto mi sono reso conto di non potere e non volere fare a meno di un’emozione racchiusa in un bicchiere.
Non è un passaggio scontato per chi vede la birra banalmente come una bevanda, una bevanda sì alcolica e quindi in grado di donare brio ed ebbrezza ma pur sempre qualcosa di effimero, di funzionale alla sete e alle situazioni allegre, all’estate e a una serie di luoghi comuni duri che ho fatica perfino a enumerare. Insomma, appassionati non si nasce ma si diventa e a un certo punto ci si rende conto di quanto la stessa ricerca di buona birra porta con sé un altro effetto collaterale, amplificato in intensità tanto quanto lo è la qualità del craft rispetto al commerciale: la socialità.
Abbiamo imparato a nostre spese negli ultimi due anni quanto possa arrivare a mancarci un luogo dove recarsi a bere, dal pub di fiducia sotto casa a quello lontanissimo e blasonato da visitare almeno una volta nella vita. Difficile vedere questi luoghi come semplici punti di “ristoro”. Non ci andiamo per disperazione ma per incontrare semplicemente la vita: le emozioni liquide, le persone che interagiscono tra loro, i sorrisi e lo star bene. Quello che i tedeschi classificano come Gemütlichkeit, ovvero la socialità e il benessere fisico e mentale legato a una situazione molto piacevole, che fa dimenticare tutto il resto fuori e pone in uno stato di rilassatezza intima.
Detta così sembra la descrizione delle conseguenze dell’assunzione di una sostanza psicotropa, ma provate a passare qualche serata in una delle Brauerei tedesche più tradizionali in giro per Düsseldorf, Bamberga, Colonia, Monaco o nei paesini dispersi tra Franconia e Alto Palatinato. Ho nella mente ancora le storie che mi raccontava un anziano signore conosciuto tra i tavoli della zoiglstube Zum Posterer di Windischeschenbach, che narrava di farsi 100 km di bici ogni sabato per andare a bere e rilassarsi in quel suo posto del cuore.
Proveniamo da un contesto culturale e sociale italiano in cui iniziative personali del genere vengono presto etichettate come follie o esagerazioni, ma il solo rincorrere quell’idea di felicità mettendosi in bici per tutta una giornata non poteva che rappresentare per lui uno stimolo dalla carica vitale gigantesca. Le birrerie in Germania sono l’anima delle comunità, da maggio in poi segnalate anche con i Maibaum visibili su strada anche da grandi distanze, luoghi in cui bere anche con la luce del sole. Tutto questo non ha un immediato e automatico legame con l’alcolismo come una visione puritana potrebbe suggerire, ma è solo la dimostrazione della tanta voglia di dedicare il proprio tempo libero al piacere (di gruppo ma anche solitario) di ritrovarsi a riflettere, parlare, svagarsi per qualche ora, accompagnati da qualcosa di buono da bere.
È quello che pervade anche la cultura anglosassone, in cui il pub rappresenta tuttora una vera casa pubblica, erede di quello che un tempo era davvero vissuto come spazio comune di intere comunità locali: gli abitanti di piccoli centri o isolati quartieri cittadini si ritrovavano tra gli ambienti del pub, che ha costituito per secoli in uno dei pochi contenitori sociali presenti in maniera capillare su tutto il territorio, dalle città alle campagne.
Il pub è talmente un luogo per tutti che le distanze sociali possono quasi annullarsi: nei pub dalla lunga storia e ben conservati, come il The Princesse Louise o tanti altri in giro per Londra, ai vari tipi di clientela erano riservate determinate aree del locale, dalle più alle meno rifinite, evitando che si annullassero le differenze in quel contesto che potenzialmente spesso era in grado di abbattere barriere sociali e culturali. Questi luoghi hanno il potere di mettere tutti di fronte alla propria birra, uno accanto all’altro a fare le stesse identiche cose, ovvero bere e chiacchierare. Poche cose sono così potenti e in grado di creare quella magia che può portare a sviluppare connessioni, simpatie, amicizie, convivialità.
Nel tempo i cambiamenti della società hanno fatto dei pub dei veri monumenti all’uguaglianza e alla libertà, alla capacità di prendersi il proprio tempo e spazio nel mondo per farne momento di rigenerazione. Il fenomeno dei pub popolari è quanto mai palese anche in Irlanda, dove l’ulteriore elemento della musica live ha completato il quadro rendendoli ideali per lunghissime sessioni birrarie. I pub irlandesi, luoghi stretti e quasi soffocanti, possono diventare piazze immensamente accoglienti e persino la culla per la nascita di gruppi musicali o collettivi, come O’Donoghue’s a Dublino dove ha preso sempre più vita il gruppo dei mitici The Dubliners.
Sono tanti gli esempi di birrerie in grado di sopperire alle richieste della propria comunità. Nel paesino di Eizeringen, nella piena provincia belga del Pajottenland, il piccolo e antico lambic bar In de Verzekering tegen de Grote Dorst assolve al meglio al suo nome (letteralmente, assicurazione contro la sete) ma in un modo unico: è aperto solo e soltanto durante e dopo le funzioni religiose presso l’adiacente chiesa di Sint Ursula, ovvero la domenica mattina e ogni volta vengano svolti funerali.
La necessità di raggruppare dei bevitori in un villaggio piccolo, la voglia di soddisfarli e di essere presenti nei momenti topici di una piccola località rurale spingono ad aggregarsi in un modo spontaneo che oggi resiste. Questo e altri luoghi vivono oggi di grande ammirazione da parte di curiosi e geek, perché vogliono rimanere scrigni del passato anche andando oltre l’elevazione dei lambic dei tempi presenti, in pochi anni passati da bevanda popolare a rischio estinzione al nettare dell’hype da rincorrere e sminuzzare in presuntuosi assaggi velleitari. Questi presidi stanno lì a ricordarci come la dimensione popolare e tradizionale appartiene a ogni singola categoria di birra, che sia più alcolica o più acida, più amara o più fruttata, ed è così in tutta Europa.
Nella nostra recente tradizione di girar per birrerie, all’estero come in Italia, c’è probabilmente una minore comprensione di questa funzione conviviale e una minore consapevolezza di quanto questi luoghi appartengano alla gente. Li collezioniamo in bollettini di viaggio condivisi virtualmente con chiunque, a volte consci del loro valore e a volte incuranti di chi o cosa supportano. I luoghi dove si beve molte volte sono scambiati per luoghi dove mangiare e dove la birra può fare da contorno, ma le poche oasi di socialità nate in tempi non sospetti sono prosperate sempre più fino a far crescere al proprio interno appassionati bevitori desiderosi di capire sempre più. Merito anche del publican, vero elemento guida, in grado di illuminare e accompagnare lungo il percorso di avvicinamento chiunque lo desideri. Non tutti sono in grado, non tutti sono sempre pronti a consigliare e indottrinare, qualcuno lo fa anche troppo rischiando di spaventare con nomenclature esagerate, ma il valore di quel publican che viaggia, che sperimenta, che assaggia, che spiega e che confessa anche la sua visione della birra e della vita è qualcosa di prezioso che alcuni bevitori a volte non sanno di avere a disposizione.
Quell’insieme nazionale di appassionati che frequenta eventi, festival, pub e banconi, che spesso finisce sotto il nome di “movimento della birra artigianale” ama la birra ma anche tutto quello che ci gira intorno: la convivialità, la voglia di rompere schemi, la vita sociale. La birra talvolta sembra essere un pretesto, sia quando è di alto livello che quando desta critiche, utili ad approfondire tematiche, fenomeni e informazioni che a qualcuno possono sfuggire. Viene quasi da sottolineare come il popolo dei festival li frequenti non tanto per la birra in sé, per le sperimentazioni o per le nuove presenze alle spine, quanto per lo straordinario e unico clima che si respira tra un sorso e l’altro, dove tutti sono amici di tutti come mai può succedere al di fuori di quel luogo. È qualcosa che estende il concetto di pub, di bancone, di socialità a un contesto molto più grande, conservandone gli effetti e i valori e di cui in questi mesi sentiamo maledettamente ancora troppa mancanza.
Bere una birra spesso diventa non solo il fine ma anche il mezzo con cui uscire da sé stessi, conoscere meglio il mondo delle relazioni attorno a noi senza chiudersi in sterili assaggi in solitaria, che certamente sono intimi e proficui ma che mai possono sostituire il calore e il fervore sprigionati dal suono cristallino di due bicchieri che si toccano, brindano, sognano.