Matrimoni birrari: bistecca di maiale e Saison
La bistecca: un must per i carnivori, che noi affrontiamo in tema abbinamento nella sua versione “suina”. Questo significa ritrovarsi nel piatto un poco di grasso in più, rispetto al manzo, e quindi un poco di acidità in più da richiedere alla birra in abbinamento. Sulla natura del piatto (talmente essenziale è la ricetta), poco davvero c’è da argomentare. Sulla sua elaborazione, invece, abbonda il margine di manovra per divertisti.
Perché basta cercare un poco sui ricettari e ci si accorge di come gli ingredienti di base possano essere arricchiti, sia nelle strutture materiali (ad esempio patate) sia in quelle odorose (con l’aggiunta di succo di agrumi insieme o in alternativa alle aromatizzazioni classiche, dal rosmarino all’alloro, dal finocchio al ginepro). Ecco, proprio seguendo i sentieri delle variazioni olfattive (diciamo così), abbiamo voluto spostare il tiro del food pairing da un canocicissimo (e comunque valido) matrimonio con l’area brassicola tedesca della Weizen (anche e soprattutto nel ramo Weissbock) a quello con la discendenza aristocratico-rurale delle Farmhouse e in particolare delle Saison.
Infatti, cosa di meglio, per smorzare l’acuto delle carni suine; cosa di meglio, per gestirne le componenti grasse; cosa di meglio, per dialogare con le profumazioni arbustive dei già citati ingredienti erbaceo-balsamici, rispetto al dna di un’alta fermentazione belga appartenente alla progenie di cui stiamo parlando? Qui, e qui soprattutto, troveremo ciò che andiamo cercando: la secchezza e l’acidulità in grado di detergere il palato dai residui lipidici; l’affilatezza pronta a smorzare l’acuto di certi sentori animali; la gradazione alcolica atta ad asciugare la succulenza della carne; l’ampiezza e il respiro degli esteri (ed eventualmente di erbe e spezie aggiunte) all’altezza della densa ed esuberante nasalità di alcune preparazioni tipiche della tagliata di maiale.
Peraltro è un campo, quello stilistico nel quale proponiamo di andare a pesca, nel quale non mancano le (innumerevoli) alternative. Per semplicità di orientamento, ne citiamo quattro, a titolo di portabandiera della rispettiva sottoripartizione categoriale. L’immancabile Saison Dupont (Tourpes, Hainaut, Belgio Vallone), quale esempio delle Saison che si affidano al solo lievito per sviluppare il proprio arco aromatico (6.5 la gradazione); l’altrettanto classica (ma nell’alveo moderno) Saison d’Erpe Mere (la 6.9% d’alcol della scuderia Glazen Toren, Erpe-Mere, Fiandre Orientali, Belgio Fiammingo) come esponente, all’interno del partito di riferimento, della corrente luppolata (l’amaro è infatti un tasto che il maiale non teme, sempre che non si abbondi col sale in cottura); la Saison de Cazeau (a Templeuve, di nuovo nello Hainaut), tra le ricette potenziate con elementi aromatizzanti (qui i fiori di sambuco) in linea con orientamenti tutto sommato tradizionali (taglia etilica 5%); e infine la Dogbreath (5.8%), firmata da birrificio degli Archi (Viareggio, Toscana) e Stavio (Roma), per citare un’esecuzione caratterizzata da una speziatura più fantasiosa e magari esotica (nel caso di specie il pepe selvatico del Madagascar).