Qual è la birra più… scopriamo i record della birra!
Come ogni settore che si rispetti anche la birra ha il suo libro dei record, di tutti i tipi. Del resto non poteva essere diversamente dato che proprio il famoso Guinness dei Primati è legato a doppio filo alla nostra amata bevanda. Il volume è infatti edito dalla Guinness Publishing, fondata nel 1954 come branca della Arthur Guinness Sons & Co, produttrice della famosa birra, su iniziativa dell’allora direttore Sir Hugh Beaver. La leggenda vuole che Beaver, al ritorno da una battuta di caccia, si trovasse a discutere con degli amici su quale fosse il più veloce tra gli uccelli cacciabili. Non riuscendo a trovare la risposta in nessun libro e immaginando che ogni notte nei pub d’Irlanda si ponessero tante domande curiose come quella che lo tormentava, decise di incaricare due ragazzi, Norris and Ross McWhirter, di compilare un libro che contenesse le risposte a tali quesiti. Da lì nacque il Guinness Book of Record, usa sorta di risolutore di dispute da bar! Di seguito riportiamo alcuni record, più o meno curiosi, ma che pur essendo estremi possono dare un’idea circa alcune direzioni prese dal settore brassicolo.
Cominciamo con il birrificio più produttivo: nel settore artigianale questo record appartiene a Yuengling and Son, con sede a Pottsville (Pennsylvania), che da due anni ha superato i tre milioni di barili annui (circa 3.500.000 ettolitri). Per quanto riguarda il settore industriale il premio per la produzione non va a uno dei marchi più conosciuti, bensì alla Snow, una birra cinese pressoché sconosciuta al di fuori dei confini nazionali. Il produttore è primo in classifica dal 2008, anno in cui ha soppiantato la più conosciuta Bud Light. Se il mercato cinese, formato da più un miliardo di potenziali clienti, giustifica questo primato, i numeri della Snow sono comunque impressionanti: nel 2010 il colosso ha raggiunto un volume di vendite pari a 90 milioni di ettolitri!
Se gli Stati Uniti, pur ospitando il principale produttore multimarchio a livello mondiale, non sono la sede della più grande birreria del pianeta, detengono comunque il record per la birreria più piccola del mondo. Stiamo parlando della Coney Island Brewing Company, nata nel 2011 a New York come spin-off sperimentale della più famosa Shmaltz Brewing (He’Brews, Coney Island Craft Lagers). Questo singolare nano-birrificio è ispirato dalla cultura dell’intrattenimento popolare americano simboleggiato proprio da Coney Island, sede del luna park di New York. Ha una capacità produttiva di appena 1 gallone per cotta (circa 3,8 litri) e propone tre birre diverse a settimana, presentate con un packaging curatissimo. Sempre nella categoria nano-birrifici segnaliamo anche il precedente campione, il gallese Bragdy Gwynant che, pur raggiungendo i 9 galloni inglesi per cotta (quasi 40 litri, un’enormità se paragonato a Coney Island Brewing) detiene sicuramente il record di minore superficie: appena 5 piedi quadrati, equivalenti a circa 60 centimetri quadrati. Bragdy Gwynant è infatti ospitato in quella che prima era una casetta per gli attrezzi all’esterno del Tynllidiart Arms Pub, il suo unico cliente.
Dopo i produttori passiamo ai record relativi alle singole birre, partendo dalla birra più alcolica: dal 2013 lo scettro di birra più forte al mondo è detenuto dal birrificio scozzese Brewmeister con la Snake Venom, prodotta con malto torbato e un mix di lieviti ale e da champagne, con una gradazione etilica che si attesta sulla pazzesca cifra di 67,5%. La Snake Venom ha scalzato la Armageddon (“appena” 65° alc.), sempre prodotta dallo stesso birrificio. Questa birra si può trovare online in bottiglie da 27cl a circa 80 dollari. Il packaging proposto da Brewmeister però non è estremo come quello di una delle precedenti campionesse (sempre made in Scotland). Stiamo parlando della End of History di BrewDog, le cui bottiglie erano contenute all’interno di animali impagliati vittime di incidenti stradali (7 ermellini e 4 scoiattoli per la precisione).
Detiene il record di birra più amara del mondo la Alpha Fornication, la imperial/double IPA canadese del Flying Monkeys Craft Brewery, una birra dall’abv di 13,3% e dall’inverosimile IBU di 2500. Il dato suscita qualche perplessità in quanto gli stessi IBU (International Bitterness Unit, l’unità di misura dell’amaro) sono al centro di numerose discussioni. Oltre al fatto che vari studi dimostrano come gli esseri umani non riescano a percepire un valore di amaro superiore a 100 IBU (una double ipa ben luppolata si attesta in genere sui 70 IBU).
Dall’intensità dell’amaro dato dai luppoli alla loro varietà: la birra prodotta con il maggior numero di luppoli è la Top of the Hops della britannica Yorkshire Brewing, che ne utilizza ben 2012! Questa cifra strabiliante è stata raggiunta raccogliendo le diverse varietà di luppoli sperimentali della Wye Hops, azienda specializzata nella ricerca sui luppoli stessi. Il raccolto è durato solo un giorno ed ha reso 750 kg di luppoli secchi.
Concludiamo la parte dei record con la birra più collaboration tra le collaboration brew, la Mash up 44, nata da una idea di Luke Nicholas e Kelly Ryan della Epic Brewing di Auckland in nuova Zelanda. I due birrai erano partiti per un viaggio di 17 giorni attraverso la terra dei Kiwi con l’obiettivo di girare un documentario sul movimento brassicolo del Paese, visitando il maggior numero di birrifici possibile. Oltre al documentario, poi effettivamente realizzato, ha preso corpo l’idea di realizzare una birra che potesse rispecchiare l’essenza del progetto, che desse cioè l’idea di quello che è il movimento craft in Nuova Zelanda. Alla proposta dei ragazzi della Epic Brewing hanno aderito ben 44 birrifici, dando origine alla Mash Up 44. Ovviamente non tutti i produttori hanno potuto partecipare alla cotta finale, anche se a detta degli stessi ognuno ci ha messo del suo per realizzare quella che definiscono “una New Zeland Pale Ale di 6 gradi alcolici, una vera e propria ode ai deliziosi e rinfrescanti luppoli neozelandesi”.