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Quelli che… il cacio: scopriamo i formaggi alla birra italiani

birra e formaggioAssodata e ormai stranota la solidità del rapporto fra birre e formaggi sul fronte abbinamento, sono sempre di più i casi in cui questi intrecciano stili e peculiarità dando vita a prodotti unici, raggruppabili nella categoria “formaggi alla birra”. Gli esempi autorevoli anche extra confine non mancano, basti pensare all’ormai storica linea griffata Chimay, ma ciò che qui interessa è scattare un’istantanea dell’esperienza nostrana, che specie nel mondo artigianale ha trovato terreno decisamente fertile. Sono fondamentalmente due i modi in cui il binomio birra e formaggio prende sostanza: in fase di produzione, quando mosto o birra scendono in campo nel ruolo di ingrediente vero e proprio, oppure durante l’affinamento, con le forme tenute a contatto con le trebbie o la birra stessa.

Cominciamo dal Piemonte, in ordine geografico ma a ben vedere anche d’importanza visto l’alto numero di birrifici che si sono cimentanti in materia, forti della lunga tradizione casearia di quest’angolo della penisola. Primissimi in ordine cronologico i ragazzi del Troll, con un progetto cominciato per gioco nel 2003 con l’azienda Isola di Palanfrè, anch’essa in provincia di Cuneo. Scommessa vinta dato che la Brussa Ciuca si è classificata miglior ricotta dell’edizione 2005 di Cheese. La birra utilizzata, con la “tecnica del pugno”, è la Panada, stile blanche belga: sulle forme di latte vaccino appena cagliate (a cui è aggiunto coriandolo a richiamare la birra) è praticata con un pugno – da cui il nome – una cavità che, per una quarantina di giorni, viene ricolmata di birra via via che la stessa è assorbita. Un formaggio fresco, dal color giallognolo e dalla consistenza burrosa, con note sapide e agrumate date dalla speziatura. Ma non è tutto. Alberto Canavese e soci hanno infatti “marchiato” un altro formaggio del territorio, il nostrale, dando vita al Nostrale alla birra: la scelta è ricaduta sull’ambrata Shangrila, birra speziata di grande personalità usata per “lavare” durante il periodo di stagionatura i caci, sempre di latte crudo vaccino, nel cui impasto è aggiunta la stessa miscela di spezie presente nella birra. Miscela che, in maniera delicata, caratterizza il formaggio a livello organolettico.

formaggio baladinDi matrice cuneese è anche la collaborazione che cinque anni or sono ha unito il Baladin di Teo Musso e le Fattorie Fiandino di Villafalletto. Frutto dell’unione il Frumage Baladin, formaggio di latte vaccino con una piccola percentuale di Super Baladin, ale ispirata alle belghe d’abbazia, aggiunta in partenza a latte, caglio vegetale e malti della ricetta della stessa Super. Le forme sono ricoperte con le trebbie per una stagionatura abbastanza breve, sui 40 giorni circa.

Sempre in terra sabauda, dove la voglia di sperimentare certo non manca, Riccardo Franzosi del Birrificio Montegioco ha intrapreso la “via del formaggio” assieme a due caseifici locali. Con la Formaggi Sopraffini di Luca Montaldo a Carezzano, le prime sperimentazioni sono partite nel 2010 portando alla nascita di due linee di prodotto: una con affinamento in birra, l’altra sotto malto. Base di partenza sono in entrambi casi robiole a pasta cruda con stagionatura di circa 70/80 giorni: per un periodo di almeno cinque mesi le forme sono lasciate riposare immerse nella birra, con una piccola aggiunta di alcol per evitare fermentazioni secondarie e muffe. Le etichette utilizzate, che danno anche nome ai formaggi, sono la Bran, scura d’autore di Montegioco, e la Draco, altra scura con aggiunta di sciroppo di mirtilli bio, assimilabili a tipologie “meditative” quali barley wine e imperial stout. Birre di tenore alcolico importante utile alla causa, che regalano sfumature gustative caratterizzanti, complesse con la Bran, con ricordi di tostato e caffè, più dolci e maltate nel caso della Draco. La reperibilità, non facilissima dato il numero esiguo di forme prodotte, è circoscritta al solo periodo invernale.

birre montegioco barrique

Presente tutto l’anno è invece la linea con affinamento in malti carafa e cristal, che sminuzzati in maniera grossolana diventano una sorta di “impanatura” con cui le robiole inumidite con extra vergine della riviera ligure, sono rivestite, fasciate e messe a riposo per alcuni mesi. Le note gustative richiamano caffè e cioccolato nel caso del carafa, virando più sul dolce, e sul caramello in particolare, nell’utilizzo del cristal. Altra collaborazione è quella con Marco Bernini della Fattoria della Cavarchella, sempre nell’alessandrino, sperimentatore che con le birre di Riccardo ha messo a punto due ricette. Partiamo dalla più articolata, quella per la vacca di Feta, realizzata con latte vaccino anziché ovino e birra Runa, la chiara basic di Montegioco. Del pane, ottenuto con lievito da birra, è dapprima immerso nella Runa e poi inoculato con fermenti da feta, che lo rendono una sorta di terreno di coltura. Chiuso in sacchetti da luppolo, quelli utilizzabili in dry hopping per intendersi, il pane è unito a latte e caglio. Un passaggio nel cacao anticipa a processo finito la stagionatura, sui tre mesi, che porta in tavola un formaggio a crosta edibile (a differenza della feta classica, che ne è sprovvista) estremamente complesso, che equilibra le note amare del cacao a quelle dolci e maltate cedute dalla birra. Nel santo Nettare del Groppo, presente anche nella versione caprina, la birra utilizzata è invece l’ambrata Rurale: a pochi giorni dalla cagliatura sulle forme ancora morbide è realizzata con un peso una cavità, che viene – un lato alla volta – colmata di birra e poi man mano rabboccata. Il procedimento dura una ventina di giorni, prima di passare a stagionatura per un paio di mesi. Le note del formaggio richiamano quelle della Rurale, caramellate ma anche speziate. Entrambe le tipologie, per ora a utilizzo interno per serate e degustazioni, saranno commercializzate dopo l’estate.

produzione formaggioIn casa LoverBeer invece Valter Loverier, fedele all’impronta territoriale che da sempre ne guida l’operato, ha presentato durante l’ultima edizione di Cheese il Caprino alla Madamin, prodotto della collaborazione con l’Arbiora Formaggi di Bubbio, nell’astigiano, azienda affinatrice specializzata in caprini. Si parte appunto da forme di latte 100% caprino, la cui crosta viene lavata e tenuta a contatto nel corso dell’intera stagionatura – sui 120 giorni circa – con la Madamin, grande amber ale d’ispirazione belga fermentata e maturata in tini di rovere. Il trattamento dona al formaggio una crosta liscia e molto elastica, di un bel colore rosato, dove l’apporto della birra – essendo il caprino già dotato di una personalità piuttosto marcata – gioca un ruolo più defilato, arricchendo di eleganti sfumature il prodotto. Ancora ai box dopo la pre- sentazione, l’idea di Valter è quella di riprendere molto a breve il discorso.

Dal novarese arriva infine la partnership avviata nel 2012 tra Croce di Malto e il caseificio Palzola per il Formaggio alla triplexxx, toma vaccina con aggiunta in cagliata di Triplexxx, ale speziata ottenuta con mix di malti d’orzo, frumento ed avena e, in minor parte, di Magnus, scura strutturata d’impronta belga. Durante la stagionatura di 4/6 mesi le forme sono ricoperte con i malti scuri macinati e “vergini” usati nella ricetta della Magnus e costantemente irrorate a spruzzo con lo stesso blend birrario di inizio lavorazione. Il risultato è un formaggio che accompagna la sua dolcezza di fondo ai richiami di frutta matura caratteristici della Triplexxx.

Spostandoci sull’altro versante dello Stivale troviamo il birrificio Casa Veccia di Ivan Borsato e il suo Formaggio alla Mola realizzato con l’affinatore La Casearia, anch’esso di Camalò di Povegliano, nel trevigiano. Si tratta di un formaggio da latte vaccino di razza frisona proveniente da un allevamento locale, già sottoposto a stagionatura di alcuni mesi: le forme sono messe all’interno di barili assieme a birra Molo (una “stile porter” piuttosto particolare, data l’aggiunta pre imbottigliamento di una piccola percentuale di vino Porto), parte di trebbie esauste e di orzo scuro macinato, lo stesso usato per la birra. L’aggiunta di una piccola percentuale di zucchero favorisce l’avvio di una rifermentazione molto blanda, primo step di un affinamento che, dopo tre settimane e la messa sottovuoto delle forme con parte delle trebbie, continua per almeno altri sei mesi, seguito da una sosta ulteriore prima della messa in commercio. Il progetto, partito con una bionda nel 2010 e virato sulla Mola l’anno successivo, porta in tavola un formaggio dal profilo gustativo importante, scuro nella crosta, che affianca note burrose e maltate ad altre leggermente tostate, con un sapore deciso leggermente acidulo e piccante. Ideale, non a caso, accompagnato dalla Mola.

formaggio alla birraSempre nel trevigiano un altro birrificio, il San Gabriel, ha fatto della sua Ambra Rossa, birra al famoso radicchio rosso locale, l’elemento caratterizzante il Formai Ambra Rossa, usandola per “ammollare” in barriques per una sessantina di giorni formaggi latteria, varietà vaccina tipica della zona, con circa dieci mesi di stagionatura.

Proseguendo la nostra “caccia al cacio birrario” quanto mai doverosa una tappa in Abruzzo da Jurij Ferri, anima di Almond ‘22, altro pioniere del genere contando che le prime sperimentazioni sono partite nove anni fa con Giovanni Del Giudice del caseificio Rivisondoli, in provincia de l’Aquila. Il Kerres Feronia è un formaggio vaccino, stagionato in piccole botti di legno tagliate a metà al cui interno le forme sono lasciate per tre mesi ricoperte dalle trebbie ancora cariche di mosto provenienti dal birrificio. Un ulteriore riposo in ambiente umido consegna un prodotto di crosta solida, morbido e molto profumato. Il Kerres Fatui invece, anch’esso vaccino, è un semi-stagionato di pezzatura più piccola che viene affinato sotto malti macinati selezionati da Jurij.

Articolo tratto dal numero 10 di Fermento Birra Magazine