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Pub Revolution: in Italia crescono le birrerie indipendenti

pubCom’è cambiato il mio modo di vivere un pub. Me ne accorgo ogni volta che varco la soglia di un locale. Ai tempi delle prime uscite, con gli amici, mi sceglievo un posto qualsiasi, magari che mi permettesse di osservare la sala, ma senza preoccuparmi di cosa avrei bevuto né del servizio. Altre volte mi capitava di entrare da solo e cercare gli amici che erano già lì, aggirandomi tra i tavoli ed osservando le varie persone, quasi ignorando gli arredi del locale. Oggi, appena entro in un pub, la prima cosa su cui il mio sguardo si sofferma sono le spine, i medaglioni delle birre mi possono dire molte cose: se la linea è industriale oppure artigianale, se la scelta è dipendente da un distributore (e in molti casi anche quale) oppure se dipende dalla proprietà del locale. Quindi inizio a guardare meglio il bancone, la presenza di sgabelli per me è molto importante: stare seduto al bancone mi fa sentire a mio agio anche se entro al pub da solo, si possono scambiare due chiacchiere con chi lavora al bar nei suoi momenti morti, o con gli altri avventori da banco. Stare al bancone permette anche di vedere come il pub lavora, con i vari metodi di spillatura, la scelta dei bicchieri, i tempi, ma anche, e soprattutto, come vengono proposte le varie birre.

indipendent pubsDal mio sgabello inizio poi a guardarmi attorno, la stragrande maggioranza dei pub sono dei piccoli musei di cimeli birrari di ogni genere: bicchieri, bottiglie, targhe, sottobicchieri, insegne di birrifici, poster, vassoi e altre chincaglierie che, oltre a raccontare molto delle esperienze e della passione del publican, appagano l’occhio e, a volte, toccano il cuore, evocando ricordi e momenti del passato. Anche questo fa parte dell’atmosfera di un locale, lo rende caldo e affascinante, invoglia a passarci più tempo e a bersi una birra in più. Pure la disposizione dei tavoli, lo spazio a disposizione di chi si siede, la comodità delle sedute, la possibilità di spostare i tavoli per accogliere compagnie più grandi sono aspetti da considerare.

La parte più importante però resta quella della cultura birraria. Il pub è il fulcro della formazione e il publican è il primo “maestro” di tutti noi. Se lui è preparato e appassionato e sa trasmettere questa passione, al cliente, pur se minimamente interessato, verrà voglia di provare, sperimentare e, magari, anche di approfondire l’argomento. In altri casi il publican arriva addirittura a creare dei veri e propri mostri, che cercheranno corsi da seguire, serate di degustazione e anche nuovi pub da scoprire, per bere altro, fino a diventare, beh, come me! Insomma, il punto fondamentale sta nella preparazione del gestore, nella sua capacità di formare il personale e di conseguenza i clienti; quindi, ovviamente, non intendo solo la capacità di scegliere, conservare e servire al meglio una birra, ma anche e soprattutto quella di aiutare i clienti nelle loro scelte, di guidarli in un percorso che li faccia crescere e che alimenti la loro curiosità, portandoli quanto meno ad essere dei consumatori consapevoli. Posso accettare che un cameriere mi risponda che non sa la risposta alla mia domanda e che chiederà al publican, meno che questa risposta non arrivi del tutto, ma assolutamente non posso sopportare che mi si risponda con un concetto sbagliato, fuorviante e supponente: che una birra è rossa lo posso vedere da me, e se mi si parla di birra cruda divento una iena.

rodersh monaco (421 x 600)Esistono varie categorie di locali: da quelli con solo birre industriali alla spina e in bottiglia, dove “cultura” è considerata una parola inutile, se non brutta, a quelli che non posseggono l’impianto di spillatura ma che qualche linea se la gestiscono direttamente, fino ai pub con impianto di proprietà e totale indipendenza dai distributori, che possono acquistare fusti e bottiglie direttamente dai birrifici o da chi gli pare. Questi ultimi sono detti Free Houses in Gran Bretagna o, più semplicemente, Pub Indipendenti. Chiaramente amo frequentare pub (quasi) indipendenti che trattano birre artigianali, o comunque di alta qualità, e di questi intendo parlare. I pub indipendenti sono un fenomeno in crescita, nonché il punto focale del mercato della birra artigianale in Italia. Anche i clienti di passaggio, in questi locali, bevono bene e aiutano poi ad accrescere il consumo di birre artigianali. Si tratta in genere di locali di publican che, travolti dalla passione per le birre artigianali, acquisiscono l’impianto di spillatura o, più spesso, se lo fanno costruire su misura, con cella di raffreddamento per i fusti, con un numero di spine commisurato alle caratteristiche del locale (a volte qualcuno esagera un po’, ma la passione si sa, spinge spesso a fare il passo più lungo della gamba) e al loro modo di lavorare, e che continuano il lavoro di selezione solitamente già iniziato con le bottiglie (viaggi all’estero per scovare chicche, rarità o comunque birre senza distribuzione in Italia) anche con i fusti.

I loro racconti di viaggio allietano le serate dei clienti e la loro esperienza, piano piano, viene trasferita ai vari distributori e ad altri pub migliorando, non di poco, la qualità complessiva dei locali. Soprattutto, in questi pub, ogni boccale trasmette cultura. Molto tempo viene dedicato a cancellare i pregiudizi sulla birra e la cattiva informazione di cui molti sono permeati (“la rossa è una birra alcolica”, “la birra deve essere molto gasata”, “le birre scure mi fanno schifo”, il concetto di doppio malto e birra cruda e via dicendo).

Altro tempo è invece destinato a formare al meglio il personale e quindi i clienti, che acquisiscono, quasi inconsapevolmente, gli strumenti necessari per scegliere (e poi consigliare a loro volta) le birre adatte alle persone e alle situazioni. Si tratta di locali che organizzano spesso eventi con birrai presenti, con altri gestori, serate di degustazione, presentazioni di prodotti e talvolta anche viaggi. Negli anni, quasi tutti, hanno affiancato alle birre tradizionali straniere le artigianali italiane, e ai viaggi all’estero hanno cominciato ad aggiungere visite ai birrifici italiani. Questi publican sono solitamente riconoscibili, fuori dal pub, perché girano con il furgone anziché con l’automobile. E ai principali eventi, in Italia o all’estero, sono presenti. Si conoscono tutti almeno per fama, ma nella maggior parte dei casi si conoscono direttamente e si scambiano, ogni volta che è possibile, visite di cortesia. E si stimano. Molti sono diventati veri e propri amici, tanto da organizzare viaggi insieme. La cosa interessante è che ognuno di loro ha un modo di lavorare personalissimo e ben diverso da quello degli altri. Magari hanno le stesse birre, ma vi assicuro che il sapore cambia in base al servizio: non è una questione di meglio o peggio, semplicemente cambia. Sono anche in grado di decidere se una birra non è “a posto”, se ha difetti tali da essere staccata e accantonata, il che non è da poco, così che anche il cliente si senta più sereno a contestare, eventualmente, un prodotto: ne può nascere una discussione interessante sui difetti, si può non approdare a nulla, ma non si viene guardati come un pezzente e invitati a farsi gli affari propri. Diventa difficile dare il numero dei pub indipendenti. Fino a pochi anni fa si potevano contare sulle dita delle mani, mentre oggi iniziano ad essere un discreto gruppo e spesso se ne sentono di nuovi, appena entrati nel “giro”.

spina2Ai veri e propri pub indipendenti io affianco alcuni di quei pub che, pur con un impianto di spillatura non di proprietà, hanno raggiunto accordi con il fornitore così da poter gestire alcune delle linee in modo indipendente. Solitamente devono garantire determinati consumi al distributore, tutto il resto è a loro disposizione. L’importante è la passione: sono “indi dentro”, con la stessa passione e cultura, con la stessa voglia di viaggiare e conoscere, ma che ancora non hanno raggiunto la sicurezza economica per fare il grande passo verso l’indipendenza totale o, visti gli accordi stipulati, non vedono la necessità di farlo. La questione è complessa e talvolta anche motivo di discussioni accese, ma come cliente non vedo differenze, valgono le stesse regole: formazione, passione, cultura, know-how e atmosfera sono (o meglio: devono essere) le stesse di un pub indipendente.

I pub (indipendenti o semi indipendenti) che usano birre artigianali si trovano a dover affrontare parecchie difficoltà. Anzitutto la gestione dell’impianto di spillatura cambia, le linee vanno pulite con una frequenza maggiore, gli sprechi rispetto all’uso di birre industriali sono più alti, la spillatura è complessa e lunga, i bicchieri vanno scelti in base alle caratteristiche delle birre che verranno servite e in molti casi i birrifici non hanno quelli adatti serigrafati né li regalano. Lavorare direttamente con i birrifici artigianali comporta tempo per gestire gli ordini e rispetto dei tempi di produzione, che talvolta si traduce con l’indisponibilità di prodotto e quindi la necessità di programmazione. Alcune birre danno il meglio dopo una certa maturazione in fusto, altre devono essere consumate in fretta, il che implica una cantina spaziosa e ben fornita. Chiaramente anche i costi cambiano e i guadagni si assottigliano. La passione da sola non basta a far quadrare conti, spese e tasse non aspettano. Un pub che utilizza le birre artigianali incontra difficoltà maggiori di un bar che ha solo birre industriali; da un lato la gestione del magazzino è complicata da leggi che non tengono conto delle birre che possono invecchiare: il “da consumarsi preferibilmente entro” può dar luogo a spiacevoli conseguenze, come multe salate, perché chi ha scritto le leggi non sa anzitutto che una birra scaduta potrebbe essere poco piacevole al palato (e magari anche al naso) ma che comunque non può far male alla salute, ma soprattutto ignora che alcune birre danno il meglio di sé dopo anni in bottiglia. Questo comporta forti rischi per le birre lasciate a maturare in cantina e grossi costi di gestione. Un altro punto in cui la legislazione è gravemente lacunosa riguarda gli studi di settore, entrati in vigore nel 1993. Sono, in sostanza, uno strumento che serve al Fisco per calcolare gli introiti “tipo” di un locale in base a svariati parametri (posizione, dimensioni, posti a sedere, etc..). I pub che usano le birre artigianali sono equiparati ad un qualsiasi bar che serve caffè, cocktail e birre industriali, senza tenere conto degli sprechi maggiori: i fusti scartati perché non idonei, la birra che si perde nei lavaggi o negli scarichi delle linee ogni sera, quella che resta nei fusti – il cosiddetto fondo, i lieviti che si depositano insomma – e quella che si disperde durante la spillatura. Neppure si tiene conto del prezzo che spesso viene “calmierato”: alcune birre artigianali sono particolarmente care e quindi il guadagno si assottiglia, per non metterle fuori mercato.

Come spesso accade in Italia una legge viene scritta per colpire i soliti furbi, che nella realtà dei fatti non vengono poi toccati se non in rari casi, mentre chi tenta di fare le cose in regola paga per tutti gli altri, interessi compresi. In pratica il publican è chiamato a fare una serie di calcoli con la bilancia di precisione per mettere prezzi adeguati ai prodotti, alzandone qualcuno per poterne abbassare altri. E, nella peggiore delle ipotesi, potrà comunque adeguarsi agli studi di settore, pagando però più tasse di quanto dovuto realmente. Anche la gestione delle spine è fondamentale per la qualità della birra che finisce nel bicchiere: un impianto di spillatura pulito, con una buona manutenzione, le vie spurgate ogni sera (e la capacità di scegliere un buon prodotto) sono l’unica maniera per bere bene e un ottimo modo per fare felici i clienti, inconsapevoli delle energie e dei costi che ciò comporta. Gli aspetti fiscali, fortunatamente, non entrano nel bicchiere, così come tutte le altre difficoltà che ogni publican deve affrontare, non ultimo l’orario di lavoro: per chi vive di notte, la burocrazia è aperta comunque solo di giorno. Quello che conta è che in questi pub si sta bene, che in molti di loro non è solo la birra ad essere ai massimi livelli di qualità, ma anche gli altri prodotti nel menù, dai distillati al cibo, che spesso è pensato per accompagnarsi al meglio con le birre proposte. Ogni serata passata in questi pub arricchisce e allieta la maggior parte dei clienti.

jj

Articolo tratto da Fermento Birra Magazine n. 5