Nuovi birrifici e beerfirm: Lure, Brisa, Brusio, Inesistente
In costante espansione, il panorama dei marchi birrari nazionali ci offre come sempre l’opportunità di aprire nuove finestre su giovani realtà, tra beerfirm (molte, in linea con la tendenza di tutto il 2015) ed effettive microbrewery.
Tra gli impianti proprietari, lo scacchiere del Friuli Venezia Giulia vede al lavoro le sale cottura del marchio The Lure (la tentazione), dalle quali, a Fogliano Redipuglia (provincia di Gorizia), sotto la regia del capomastro Lorenzo Serroni, escono attualmente tre etichette nelle quali si evidenzia l’ispirazione musicale che corre in filigrana attraverso l’intero metodo di lavoro adottato: abbiamo infatti la Ludwig (Pilsner da 4.8% dedicata idealmente a Beethoven), la Bird (Smoked Porter da 6 gradi, che porta il nickname di Charlie Parker) e la Seattle (American Ipa da 5,6 gradi, omaggio a Kurt Kobain e alla città che dette i natali ai Nirvana). Tra le peculiarità dell’impresa, quella di essere un birrificio agricolo: che autocoltiva parte dell’orzo e del luppolo impiegati in produzione (nell’ottica della valorizzazione dell’intero territorio) e che ha abbracciato scelte orientate alla sostenibilità, ad esempio alimentandosi integralmente mediante installazioni fotovoltaiche.
Passando ai marchi non produttori in proprio, l’idea di collocarsi all’interno di quell’alveo concettuale che è contrassegnato dall’accezione della birra come pane liquido palpita evidentemente nel progetto Brisa. La base operativa è a Bologna ed è un forno; che cuoce panificati (pizze incluse) a lievitazione naturale e che utilizza gli stessi cereali impiegati in quelle produzioni (tra i quali frumenti locali italiani e antichi) per brassare al momento – l’impianto d’appoggio è quello di Corte Pilone, a Castellucchio (Mantova) – due etichette: la Soccia (Session Apa da 3,8 gradi, con orzo Ceccarelli) e la Sorbole (Saison da 5,5 gradi, con farro e segale, aromatizzata al pepe). Protagonisti dell’operazione quattro studenti usciti dall’Università di scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), dove hanno frequentato i corsi, appunto, per birraio e panettiere: Giovanni Boari (da Bari), Esmeralda Spitaleri (da Catania), Davide Sarti e Pasquale Polito (bolognesi, il secondo adottivo). Insieme hanno costituito una società il cui nome è tutto un programma: Breaders ovvero la fusione tra bread e brothers, come dire i Fratelli di pane! Quanto al loro brand aziendale, Brisa è il dialettale emiliano per briciola: tutto in tema, insomma.
Restiamo a settentrione: altra beerfirm a Milano, è Brusio, la cui filosofia (anche in questo caso) trae linfa da una passione parallela per la musica: in particolare per quella di Bruce Springsteen. Così, Stefano Tulli (titolare dell’impresa e ideatore delle ricette, alle spalle 5 anni da homebrewer) firma – affidandosi, per la birrificazione e il confezionamento, alla struttura di Licor Dei (Gessate, Milano) – due etichette: la Follia (quella, positiva, di tutti i sognatori, che anima la parabola esistenziale del Boss); e la Thunder Road (che ricalca il titolo di un famoso brano del grande rocker). Quanto alle caratteristiche, si tratta, rispettivamente di una Dunkelweizen (da 5.6 gradi) e di una American Ipa (da 4.5 e 52 Ibu); da sottolineare la raffinata eleganza di entrambe le etichette, in stile liberty. In cantiere altre tipologie; in prospettiva, l’obiettivo dell’autonomia produttiva: state sintonizzati.
Infine, ancora a nord e ancora tra i client brewers, ecco a Castel Goffredo (Mantova) una firma che spicca per autoironica originalità, quella del Birrificio Inesistente, dietro alle cui insegne sta l’iniziativa di Carlo Pinzi e Paolo Marini, entrambi ex homebrewer di lungo corso. Le ricette della loro gamma (collaudate in un laboratorio con impianto pilota e realizzate poi avvalendosi della collaborazione di un’altra realtà locale, l’agribirrificio Luppolajo) sono per adesso due: la Sveltina (Kölsch da 5 gradi) e la Sbagliata (American Ipa da 6,5 gradi).