Legami di famiglia: Risotto alla zucca e Pumpkin Ale
Tra ottobre e novembre poche altre specialità gastronomiche possono dirsi stagionali tanto quanto la zucca. Dunque non poteva mancare, tra i nostri appuntamenti mensili con gli abbinamenti, una puntata dedicata proprio a lei, la più colorata e paciosa delle preparazioni invernali. In particolare, complice il termometro in abbassamento di quota, la proponiamo come star di una ricetta nella quale trovano posto tanti altri attori ma in un canovaccio dove, proprio il nostro ortaggio, rimane protagonista assoluto. Parliamo del risotto alla zucca con le mandorle, un classico del nostro Settentrione, assunto però tra i titoli dei menù nazionali nel loro complesso.
Il copione prevede l’entrata in scena – oltre agli ingredienti esplicitamente citati in locandina – della seguente compagnia di teatranti: scalogno e burro (da rosolare insieme alla stessa polpa di zucca); dopo 5 minuti aceto balsamico e brodo di gallina (da versare a fiamma accesa); dopo 2 minuti mandorle tostate sminuzzate (da aggiungere a loro volta, congiuntamente al riso); dopo altri 2 minuti un bicchiere di birra (quella che si sarà scelta per il duetto in tavola); evaporata quest’ultima, ancora brodo, per condurre la cottura a compimento; infine Parmigiano Reggiano e noce moscata, con cui mantecare bene il tutto.
Al tirar delle somme, un trionfo d’italianità, per un boccone di grande gratificazione per il palato, dotato di fondamentali organolettici ad alta frequenza. I cui parametri – proiettandoci già verso l’accompagnamento al banchetto – imporranno al bicchiere la necessità, anzitutto, di esprimere una densità gustolfattiva (intensità, persistenza, complessità) pari a quella del piatto. Poi la materia grassa e quella amidacea della preparazione richiederanno funzioni equilibranti, e dunque buona effervescenza, un minimo di acidità, magari anche una discreta gradazione. Ulteriore passaggio, l’inclinazione sapida della pietanza prescriverà la rinuncia a livelli amaricanti significativi, a favore di un sostanziale abboccato. Infine, sul piano olfattivo, perché non andare ad assecondare gli apporti odorosi dell’ortaggio protagonista (a cui si alleano quelli di mandorla e noce moscata) con temi analoghi da rintracciare nel sorseggio?
Alla luce di questa domanda e di tutte le altre premesse, la scelta che proponiamo è quella delle Pumpkin Ales, nelle quali la zucca è impiegata per il brassaggio, secondo modalità varie, ma sempre caratterizzanti. Tra le referenze suggeribili, eccone quattro: due dagli Usa (culla dello stile in questione) ovvero la Pumpkin Ale di Smuttynose (Hampton, New Hampshire, 6.5 gradi) e la Punkin Ale (non è un errore di battitura) di Dogfish Head (Milton, Delaware, 7 gradi); e due italiane, la Zucca di Baladin (Piozzo, Cuneo, 7%) e la Salinzucca dell’Eremo (Assisi, Perugia, 6.5%), quest’ultima dotata di curiosa sapidità in virtù dell’utilizzo di cloruro di sodio e semi (di zucca, chiaro) salati.