Collaboration brew: le birre a più mani italiane
In Italia il primo caso di collaborazione fu la Utopia di Giuseppe “Beppe” Vento (Bi-Du) e Daniele “Dano” Meineri (Troll) che fu presentata a Pianeta Birra, a Rimini, nel febbraio del 2007. In questo caso il marketing e quant’altro vennero dopo: fu esclusivamente un incontro tra amici appassionati di birra, smaniosi di fare qualcosa insieme. Sono passati solo 5 anni, ma sembra un secolo. Allora il movimento italiano era ancora nella fase pioneristica, i birrifici erano circa un terzo degli attuali e bene o male i birrai si conoscevano tutti e si aiutavano molto l’un l’altro. Le fiere però erano poche e gli eventi in cui incontrarsi ancora meno, e forse per questo Dano e Beppe decisero di organizzare una cotta di birra per passare una giornata insieme. Fatto sta che da allora entrambi i birrifici hanno cambiato sede, si sono ingranditi, Bi-Du oggi non ha più il pub, ma l’Utopia esiste ancora: ogni anno, a birrifici “alternati”, i due si trovano e replicano la ricetta originaria, una belgian strong ale con aggiunta di miele di rododendro.
A dicembre 2010 Leonardo di Vincenzo, deus ex machina di Birra del Borgo, organizzò una cotta di gruppo, alla quale ebbi il piacere di assistere. La Dozzinale nacque sotto il segno del divertimento e del numero dodici. A Borgorose, nella sede di Birra del Borgo Leonardo Di Vincenzo, Brooks Carretta, allora in forza al Borgo oggi a Eataly New York, Riccardo Franzosi di Birra Montegioco, Valter Loverier del birrificio torinese Loverbeer, Pietro Fontana del Fermentum Carrobiolo di Monza e Moreno Ercolani de L’Olmaia di Montepulciano producinono una birra a dodici mani. In dodici minuti “buttano” giù la ricetta, che comprende oltre a malto d’orzo e luppoli anche verdura e frutta, uno per birraio: puntarelle romane, il tarassaco, broccoli selvatici, origano fresco, finocchio selvatico e un pomelo. E se non era già abbastanza strana, oltre all’inoculazione del lievito, vengono versate nel fermentatore anche una bottiglia di Mummia di Montegioco e una Beerbera di Loverbeer. Debbo dire che le puntarelle bollite furono buone da subito, sulla birra non avrei scommesso nulla e invece, alcuni mesi più tardi, assaggiandola rimasi sorpreso dalla piacevolezza della Dozzinale. Acora conservo gelosamente una bottiglia che stapperò il 12-12-2012.
Oggi le collaborazioni tra birrifici italiani e stranieri è continua e proficua: Bruno Carilli, del Birrificio Toccalmatto, è tra i più attivi, e negli ultimi mesi ha collaborato con birrai inglesi (Angelo Scarnera, di chiare origini italiane, lavora a Brew Wharf, a Londra, con cui è nata la B-space Invaders, una black IPA in Italia, una pale ale in Inghilterra), belgi (Eddy e Raphael di Saint Helene, con cui è nata la Mad Helene, per ora solo per il mercato belga) e ovviamente italiani, come il caso delle recente Tainted love (amore insano), brassata con Extraomnes, due cotte, una per birrificio. Ad aprile avrà il privilegio di brassare la Nomad 2012, con Jean Jean Le Chocolatiere e Chris di Mi Orge Mi Houblon di Arlon, una old ale e a giugno farà una cotta con Ryan di Grassroots (emanazione danese di Hill Farmstead Brewery, del Vermont). Sempre recentemente Claudio Cerullo, del Birrificio Amiata, si è divertito a realizzare una ricetta con Mike Murphy, mastro birraio del norvegese Lervig Aktiebryggeri. Una birra ispirata alle Rye IPA, quindi una India Pale Ale con segale, il cui nome “Rye’eccommi” celebra il ritorno in Italia di Mike Murphy, già noto ai primi appassionati italiani per le sue ottime birre prodotte al romano Starbess. Non possiamo dimenticare però Birra del Borgo e Baladin, anche loro con collaborazioni di grande prestigio: basti pensare alla My Antonia che Leonardo Di Vincenzo ha creato con Sam Calagione di Dogfish Head (a Milton, Delaware, USA) o alla Super Arrogant di Stone Brewery e Le Baladin.
Così come va citato il birrificio che Leonardo, Teo e Sam Calagione hanno aperto a New York in società. Il primo esempio di collaborazione italiana con l’estero è però quello tra Agostino Arioli, del Birrificio Italiano, e Stefano Cossi, allora mastro birraio di Thornbridge (UK) che, nell’ottobre del 2008, scrivono la ricetta della SuJu (contrazione di super juniper, ginepro), un’alta fermentazione caratterizzata da bacche di ginepro e malti affumicati. Scrive Stefano Cossi che propose ad Agostino “di fare una cotta insieme per approfondire la nostra conoscenza divertendoci e confrontare le nostre esperienze sul campo”. E’ Thornbridge ad ospitare l’evento, mentre il Birrificio Italiano, ad aprile 2009, ospiterà la cotta di Sparrow Pit, un barley wine maturato in botti di Ramandolo, per la versione italiana, e di Nyetimber, un vino inglese, per la parte di Thornbridge. Altra collaborazione di grande prestigio quella tra Agostino e Vinnie Cilurzo nell’aprile del 2008 in Russian River, dove venne prodotta una versione di Fleurette per il mercato americano.